Capitolo 1

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Londra, 3 febbraio 2010

«Everything we are is anchored in our childhoods.

The drama comes in how we deal with it.

Are we slaves to our past, or can we rise above it? 

This is the stuff of great stories»

Ormai sono due settimane che sono a Londra.

Non mi è mai piaciuta molto questa città. Vivo a casa di mia sorella e della sua ragazza. Siamo in zona…non ne ho idea in che zona siamo. So solamente che in una quarantina di minuti riesco ad essere in centro. Che l’abbonamento della metropolitana costa quanto un soggiorno di una settimana in Croazia e che…Qui.Piove.Sempre.


Okay, forse dovrei essere una di quelle ragazze felici per il fatto che mi sono trasferita dall’Italia a Londra. Ma non lo sono. Non perché non sia contenta di aver lasciato l’Italia. Ma per il semplice fatto che il mio sogno, il luogo in cui davvero vorrei vivere, sono gli Stati Uniti.

Non esco molto spesso, non solo per via della pioggia, ma perché non conosco assolutamente nessuno.  La mia stanza è molto piccola, ma per il poco tempo che ci passo, va più che bene. Sia mia sorella che la sua ragazza  Leila lavorano e stanno fuori tutto il giorno, per cui posso vivere la casa in tutta tranquillità. 


Le mie dita scorrono velocemente sulla tastiera del mio portatile, il mio fidato amico che mi segue in tutti i miei viaggi. Sono certa che anche lui non sia poi così felice di trovarsi in Inghilterra Ancora ricorda la prima volta che siamo venuti in questa landa di thé e continui temporali. 

Giusto ora, sento i tuoni avvicinarsi. Cominciano con lentezza, un suono che potresti tranquillamente attribuire ad un vicino troppo rumoroso. Fin quando non si fanno più forti, alle volte anche i vetri delle finestre vibrano. La luce è sempre spenta, ora come ora, nonostante siano le 11 del mattino è completamente buio fuori. E poi arrivano, quelle gocce battenti che rendono tutto noioso mal al contempo affascinante. I primi giorni mi capitava di fare lunghe passeggiate sotto l’acqua con la sola compagnia della musica. Poi mi sono stancata. Non so con precisione per quale ragione. È solamente successo.


Me ne sto con il portatile appoggiato sulle gambe incrociate, continuo a battere sui tasti, le mie dita scorrono così velocemente che sembrano ballare una specie di break dance.

In realtà, sto solamente rispondendo ad una delle tante e-mail che ormai da qualche mese scambio con il mio amico di penna -beh, in questo caso di e-mail-. Non sappiamo molto l’uno dell’altra, solo il nome e ciò che succede giornalmente nella nostra vita. Non abbiamo voluto troppi dettagli, certi che non ci incontreremo mai. Però, ci piace illuderci che possa accadere un giorno. 

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Da: thesmartestthingsheeversaid@gmail.com
A: dontletitbringyoudown@gmail.com
Oggetto: It can't rain all the time
 

Buongiorno o forse dovrei dire buon-tuono, dato che qui non accenna a spuntare un solo raggio di sole. Lo so, lo dico tutti i giorni, ma tutti i giorni ho la vana speranza che le nubi si diradino e spunti il sole. Paradossale come lo speri anche per la mia vita…


Le tue e-mail arrivano sempre puntuali e piacevoli. È la mia unica costante in questo momento, lo sai? Lo so, lo so, abbiamo detto di non fare gli smielati, di non affezionarci troppo gli uni agli altri. Allora ti dirò cosa mi è successo di bello fino ad ora!

We were torn from our life of isolation   [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora