capitolo 12.

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Faccio scivolare i miei piedi fuori dalle scarpe appena mi ritrovo in camera mia, mi lancio con molta poca grazia sul materasso, mi massaggio le tempie con due dita strizzando gli occhi per il persistente dolore alla testa che continua ad insistere, da quando Thomas mi ha svegliata improvvisamente, qualche ora fa. Non é mai una buona cosa disturbarmi nel mio stato di incoscienza, come quando i bambini vengono disturbati dopo il loro sonno, o svegliati bruscamente. Si deve farlo in modo delicato così che il risveglio sia dolce, poi però bisogna concedere loro quel poco di tempo per riprendersi. E' uno stato così profondo e delicato, ma io non ho avuto alcuna tregua da quando mio fratello mi ha scossa, Lottie si é precipitata nella mia stanza, insieme a lei il ricordo di lui, poi il centro commerciale, il ritorno a piedi con i lamenti della bionda nelle orecchie, ed ora.. Louis.

Poco fa, sono scappata via dal salotto. Immaginavo che lo avrei trovato lì, buttato sul divano, con quell'espressione rilassata e divertita di chi ha la coscienza pulita, inconsapevole del mio dolore. Gli occhi chiari, trasparenti, privi di qualsiasi ombra di preoccupazione, nemmeno una traccia.. una sfumatura, niente. Ma quello che non immaginavo era che vederlo mi avrebbe fatta sentire in questo modo. Come se un intero mondo stesse scoppiando dentro di me, talmente arrabbiata da sentire nelle ossa la voglia di piangere fino allo sfinimento, la scena di questa mattina appariva davanti ai miei occhi come in continui flash nella mia testa, intermittenti. Poi appena ha iniziato a parlare, guardandomi, come se volesse farmi capire che si stava rivolgendo unicamente a me, l'unica cosa a cui ho pensato é stata andarmene, non posso più sopportare questa sensazione nella mia testa, nel mio petto, sento che potrei impazzire. Tutto queste deve finire. Stringo la testa tra le mani, rendendomi conto che devo aver finito la mia dose di lacrime giornaliera, non avrei mai dovuto accettare quel patto, non avrei-

"Piccola"

La mia testa schizza verso l'alto, così come i miei occhi, al suono di questo sussurro dolce. La sua voce agisce come una tortura per il stomaco ed immediatamente il mio cuore sprofonda, come se stesse soffocando in tutta quella confusione che sento quì dentro, incastrata tra le costole.

"Louis, vattene!" La voce é spezzata e le mie orecchie non riescono nemmeno ad indentificarla come la mia.

"Oh, no Meg, non preoccuparti, pensano che io sia in bagno" Dice, sforzandosi di tenere la voce quanto più bassa possibile, simile ad un sussurro, sicuramente per non farsi stanare dai due rimasti al piano di sotto. Non ha capito nulla.

"No, dico sul serio, vattene!"

I suoi occhi sono così chiari, uno specchio della confusione che sta provando in questo momento, ne sono certa. Un libro aperto, posso leggere chiaramente ogni ombra di preoccupazione che li attraversa quando tenta di fare qualche passo avanti ma io lo blocco con un gesto della mano, respingendolo. Diventano cupi e così tutto il resto del viso.

"Cosa dici Meg?"

"Non se ne fa più niente" Faccio segno di no con con la testa, tenendola bassa, gli occhi puntati sulle mani che sto torturando senza nemmeno rendermene conto, i denti piantati nella carne delle mie labbra. La pelle potrebbe cedere da un momeno all'altro, liberando goccioline di sangue. "Il patto non vale più, non voglio che mi insegni più niente."

"Cosa? Meg, che stai dicendo? Perché?"

Questa volta si avvicina al mio letto, ignorando completamente i miei tentativi di tenerlo lontano, e non ci provo nemmeno più, solo perché quell'attimo di coraggio e rabbia sfogato qualche secondo fa, si é appena sfumato come sabbia al vento. Non gli do alcuna risposta, sento le labbra sigillate da qualcosa di più grande e potente di me e sembra anticipare l'inizio di singhiozzi e fiumi di lacrime. Non gli impedisco di piegarsi verso il pavimento, poggiando un ginocchio a terra, fino a quando la sua mano non tenta di accarezzare il mio viso. La schiaffeggio via a pochi centimetri dalla mia guancia pallida e mi ritiro indietro sul mio letto, finendo contro il muro. Gli occhi hanno appena iniziato ad inumidirsi e il cuore a battere forte, questa volta dalla paura. Paura che il mio gesto scatenerà qualche sua reazione, invece, non si alza di scatto, non prende ad urlarmi contro come avevo programmato in un'immagine distrorta nella mia testa. Rimane a guardarmi. Occhi negli occhi. Ci sono delle piccole grinze tra le sue sopracciglia e sulla fronte, quel cipiglio che solitamente odio vedere sul suo viso, ma questa volta mi sforzo a non pensare quanto vorrei che sparisse. Sono così persa in questi piccoli dettagli di lui, che mi rendo conto tutto d'un colpo che mi ha appena presa con forza, messa in piedi di fronte a lui.

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