Capitolo 12 - Un incubo in carne ed ossa

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Ero riuscita ad addormentarmi soltanto dopo due ore.

Lo avevo guardato tutto il tempo pensando a quanto mi sentissi strana ad averlo tra le braccia, di notte, nel mio letto. Ma era una sensazione bella. Mi ero concessa tutto il tempo di analizzare i dettagli del suo viso: il naso dritto, le labbra carnose, le ciglia lunghe, le sopracciglia curate.

Nathan sembrava scolpito da un artista.

Tuttavia, ero crollata a causa delle intense emozioni e non c'era stato il tempo di esaminare bene la situazione, che in ogni caso, non mi sembrava poi tanto sbagliata.

Mi ero svegliata avvinghiata a lui, le nostre gambe intrecciate tra loro, un braccio sulla mia vita e il suo respiro caldo ad un centimetro dal mio orecchio.

Lanciai un'occhiata all'orologio sul comodino. Era quasi ora di pranzo e lo stomaco mi brontolava così forte da far svegliare tutto il condominio. Chiusi gli occhi per qualche altro minuto, godendomi il calore sprigionato dal corpo di Nathan e poi decisi di dare inizio a quella giornata.

Cercai di alzarmi lentamente per non rischiare di svegliarlo. Gli spostai il braccio che mi cingeva la vita, ma Nathan brontolò qualcosa. Mi bloccai temendo di averlo svegliato, poi si girò dall'altro lato ed esaminai il respiro.

Stava ancora dormendo...

Soltanto poche ore prima, Nathan mi aveva telefonato a notte fonda. La voce disperata e bisognosa d'aiuto. Quando mi aveva chiesto di vederci, di venire da me... non avevo esitato. Mi ero presa cura di lui senza pretendere spiegazioni. Sarebbe stato lui a parlarmene.

Mi liberai dalla sua presa e mi diressi in cucina dove trovai un messaggio di Anastasia con scritto: "Stamattina volevo rubarti una maglietta ma ho visto che eri in buona compagnia. A dopo, baci. :)"

Sorrisi a quella piccola faccia disegnata sul foglio e pensai a lei che si intrufolava nella mia stanza in cerca di una t-shirt per poi tornare su suoi passi vedendo un certo ragazzaccio abbracciato alla sua migliore amica.

«Alyssa...»

Un lamento.

Cazzo.

Corsi in camera, un po' preoccupata.
Lo trovai mezzo sveglio con una mano nella mia parte di letto. Le dita sfioravano le lenzuola in cerca di... me.

Mi cercava.

Notando la mia assenza aprì gli occhi di scatto, esaminò tutta la stanza repentinamente e poi, quando incrociò il mio sguardo, si tranquillizzò.

«Perché non dormi ancora un po'? Io sono in cucina a preparare il pranzo.» dissi dolcemente passandogli una mano tra i capelli scompigliati.

Crollò immediatamente sotto il mio tocco. Mi si strinse il cuore e fui costretta a rimanere a guardarlo per un po' mentre sonnecchiava nel mio letto.

Cazzo, che immagine stupenda...

Feci il possibile per cucinare qualcosa di commestibile optando per un po' di pasta alla carbonara e dell'insalata. Misi l'acqua a bollire in una pentola, tagliai la lattuga e la condii con sale e olio. Una volta fatta bollire l'acqua, accesi un po' la radio a basso volume e ascoltando Daddy Yankee buttai la pasta e iniziai a sbattere l'uovo con pepe, sale e pancetta.

Non mi piaceva cucinare, ma l'idea di preparare qualcosa per lui mi allettava parecchio. Mi sembrava assurdo che fosse capace di risvegliare in me il dovere casalingo.

La base latina risuonò nella mia piccola cucina.

«Ella hace todo por seducirme...» canticchiai ondeggiandò di qua e di là, «...haciendo lo que ella me pide...» continuai impugnando un mestolo come se fosse un microfono e improvvisando un balletto seducente davanti ai fornelli. «...y yo voy, voy, voy!»

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