Capitolo 19 - Nella tana del lupo

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Erano già trascorse poco più di due settimane dall'accaduto e molte cose erano cambiate. Non che volessimo cambiarle, ma le circostanze particolari come queste a volte portano a strade diverse da quelle intraprese all'inizio.

E cos'è la vita se non un viaggio con infinite destinazioni?

Stronzate! Io non stavo andando proprio da nessuna parte.

Niente era come prima, l'atmosfera si era incupita tutta in una volta, come se persino il destino sapesse che c'era stato un intoppo. Che qualcosa era andato storto, dopotutto.

Ero arrivato ad un punto della mia vita in cui non avevo consapevolezza di niente. Del trascorrere del tempo, della giustizia, del dover respirare per sopravvivere. Ma soprattutto non avevo più consapevolezza di me stesso. Ero al centro di un buco nero. E giravo, giravo, giravo e stavo immobile, arrendevole a quello che sarebbe successo. Di solito era in queste situazioni che ci si rendeva conto di quanto si fosse forti. Io, invece, mi ero reso conto di quanto fossi debole.

Ma la vita mica ti aspettava. Non si fermava per te. Non ti diceva "Ehilà, amico! Resto qui per te!"

No, no. La vita scorreva come un treno in corsa, si infrangeva come il mare in tempesta, devastava come un terremoto.

E soprattutto ti fotteva.

Oh, sì. La vita ti fotteva per bene, ti faceva rimpiangere di essere fragile, di esserti concesso con facilità, ti distruggeva, ti schiacciava, ti toglieva tutto.

Due settimane e tutto ciò che mi era rimasto ero semplicemente io.

Anastasia e Matt avevano stretto molto in quest'arco di tempo. Lui le stava accanto in questo momento difficile e lei sembrava averne bisogno. Sotto mio consiglio, erano andati momentaneamente nel vecchio appartamento di Matt, questo perché non sarebbe stato sicuro tornare in quello che fino a poco tempo fa era di Alyssa e Ana. Mi chiesero di andare con loro, ma avevo rifiutato con decisione e loro non avevano insistito. Ero rimasto solo a casa mia.

Per Alyssa non ci furono molti miglioramenti, i dottori ci informavano ogni tot di giorni del suo status e proprio questa mattina Anderson ci informò che le analisi andavano bene e che piano piano il suo corpo si stava riprendendo, ma non si poteva ancora definire quando e se si sarebbe svegliata.

Quindi sì, tutto scorreva, tutto andava avanti ma io ero fermo a quella sera lì.

Avevo deciso di tornare a lavoro per cercare di non pensarci, ma risultò difficile evitare le domande indagatrici di Vanessa, Kimberly e Samantha. In fin dei conti una loro amica era sparita nel nulla, ma non me la sentivo di raccontare tutto.

In questo momento ero proprio davanti a lei e come sempre le tenevo la mano. «Ehi, bambina. Sei dimagrita, sai? Quando ti svegli ti prometto che mangerai così tanto al McDonald's che ti stancherai. Però non fraintendermi... sei sempre bellissima. Dovresti svegliarti, così possiamo uscire da questo posto che puzza di disinfettante e fare un viaggio insieme. Voglio farti vedere il mare della Sardegna, dicono che è stupendo. Ma la cosa più bella è immaginarti con me, piena di forze, sorridente, testarda.»

La guardai sperando con tutte le cellule del mio corpo che si svegliasse, ma lei mantenne le palpebre abbassate.

Speranza.
Avevo ancora speranza.

«Porteremo anche Malto e Kora con noi. Manchi tantissimo a quelle palle di pelo, ogni volta guardano la porta per aspettare le tue coccole.»

Ancora gli occhi chiusi. Dannazione, Alyssa!
Mi sentivo così impotente, ero inutile, non servivo a niente.

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