Capitolo 35 - Insieme nel bene e nel male

2.4K 90 0
                                    

Alyssa

Gli attimi successivi erano stati confusionali.
Era come se per tutta la vita fossi stata rinchiusa in una piccola bolla di sapone che improvvisamente era scoppiata lasciandomi cadere senza protezioni. Ma al tempo stesso era un po' come entrare dentro una crisalide sotto forma di bruco e uscirne come farfalla.

Per quanto fosse stato un anno tremendo per tutti quanti, mi sentivo decisamente più leggera. Ma il peso che da tempo mi gravava sulle spalle non era sparito, così come l'enorme cratere che mi si era formato nel petto quando avevo temuto di perdere Nathan. Quel tipo di sensazioni non potevano sparire nel nulla ma potevano essere alleggerite, riempite e sanate.

Ora ero piena.

Piena d'amore.

Ero arrivata a New York come un guscio vuoto, svuotata completamente dalle mie emozioni, priva di vita. Una ragazzina di appena diciotto anni che non sapeva assolutamente cosa ne sarebbe stato di lei. Perché il mondo divorava le ragazzine deboli. Perché tutto era uno schifo e niente mi era dovuto.

Ma se mi era permesso vantarmi di qualcosa... io non ero debole.
Mi era sempre stato impossibile. E per quanto cadessi, per quanto arrivassi a toccare il fondo, per quanto sacrificassi parti di me, io ce la facevo. Sempre. Avevo una luce dentro che mi guidava in un mare di oscurità. Mi aggrappavo con tutte le mie forze a quella lucina insignificante che per me era tutto.

E io... mi rialzavo.
Per quanto venissi distrutta...
Per quanto chiudessi a chiave sentimenti come l'amore...
Per quanto il dolore mi dilaniasse dentro...
Io mi piegavo. Ma non mi spezzavo.
E ancora una volta davanti al dolore io avevo lottato, non mi ero lasciata sopraffare.
Perché io ero una combattente.

Ma questa volta sentivo che c'era qualcosa di diverso. Come se stessi chiudendo finalmente un capitolo della mia vita. Come se il destino avesse fatto il suo corso e fosse arrivato a destinazione. Come se tutto quello che si doveva realizzare, si fosse compiuto realmente.
E da un momento all'altro, grazie a Nathan, io avevo smesso di sopravvivere e avevo iniziato a vivere.

La situazione era abbastanza buffa visto che ora le parti si erano invertite: Nathan era su un lettino di ospedale, io invece accanto a lui a tenergli la mano.

Aveva perso molto sangue dopo il colpo di pistola all'addome, si era accasciato a terra e per un attimo avevo temuto fosse morto. Sarebbero bastati pochissimi minuti affinché succedesse realmente. Ci avevo creduto perché avevo visto quella luce nei suoi occhi assorbirsi e sfumare via. Mi chiedevo se anche i miei occhi avessero fatto la stessa fine quella notte di cinque mesi prima. Tuttavia, Nathan era riuscito a salvare tutti quanti, compreso se stesso. Io ero venuta a conoscenza soltanto poche ore dopo di quello che era accaduto.

Per prima cosa, Nathan aveva notato il telefono di casa sul pavimento, vicino al divano, così aveva pensato bene che quella fosse la nostra unica possibilità. E aveva avuto ragione perché Tiffany Lambert aveva un unico obiettivo quella notte: ucciderci.
In seguito, Nathan l'aveva distratta insultandola e sfidandola così che si potesse avvicinare al divano senza sospetti.
Poi, a suo rischio e pericolo, si era fatto sparare da Tiffany, si era accasciato sul pavimento facendoci credere che stesse morendo - questa parte era reale - e aveva premuto il tasto per chiamare Taylor Anderson, il nostro dottore e ormai amico, affinché sentisse le mie urla e la conversazione con Tiffany.
Infine, il dottore sentendo le grida aveva subito chiamato la polizia che si era fiondata a casa di Nathan.

Tiffany e i due scagnozzi erano stati arrestati. Mitchell Lambert aveva tentato la fuga ma un'altra pattuglia l'aveva colto in flagrante mentre saliva su un BMW nero proprio fuori dalla sua enorme villa.

Bomba a orologeria Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora