Capitolo 9

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Presnenskij, centro di Mosca, 16 ottobre 2019

Quella notte dormii uno schifo. A dire il vero, non dormii proprio.

Non ebbi incubi, ma fui costretta a svegliarmi almeno tre volte, a causa delle urla di Danny. Il suo sonno era stato più tormentato del solito e avevo fatto del mio meglio per confortarlo. Eravamo crollati nel suo letto solo quando il sole aveva cominciato a sorgere.

Dopo un paio di ore scarse di dormita, che sicuramente non mi erano bastate per riprendermi dalla mia fallimentare gita a San Pietroburgo, Egor mi aveva convocata di nuovo nel suo ufficio.

Avevo sperato che avesse deciso di darmi una seconda possibilità. Invece, le sue spie avevano intercettato qualcosa riguardo la Huang Corporation, e mi aveva assegnato una missione da svolgere nella filiale dell'azienda a Mosca.

Così mi ritrovai terribilmente stanca e irritata, ai piedi di un grattacielo nel quartiere Presnenskij. Era una delle zone che meno mi piacevano della città, con tutti quei vertiginosi palazzi che sfidavano le nuvole. Secondo la mia modesta opinione, le abitazioni caratteristiche russe erano molto più affascinanti di un ammasso di vetro e cemento.

E al mio fianco, c'era Yan. Egor aveva espressamente chiesto che mi accompagnasse. Si trattava di una specie di prova di fiducia, per capire quanto fosse coinvolta nel furto della ricetta del Sapfir.

Il cognome Huang era tra i più diffusi in Cina, quindi sarebbe stato sciocco riversare ogni accusa su di lei, ma era meglio essere prudenti. Se quell'azienda era davvero gestita dalla sua famiglia, la sua farsa non avrebbe retto ancora a lungo.

«Come entriamo?» mi domandò Yan. Eravamo appostate davanti all'ingresso della struttura, in attesa del momento giusto.

«Come ogni persona normale. Nascondi le armi e seguimi.»

Mise la pistola nella tasca interna della giacca di pelle e ci dirigemmo verso la porta a vetri. Non riuscimmo neanche a fare un passo, che il riconoscimento biometrico ci fermò con uno squillo sordo. Per un istante temetti che avesse individuato le armi, invece l'allarme si disattivò e una donna in tailleur celeste si avvicinò a noi.

«Salve, ragazze, e benvenute alla Huang Corporation. Come posso aiutarvi?» Il suo sorriso era tirato quanto i capelli biondi nello chignon.

«Abbiamo un appuntamento con Lin Wu» le comunicai. Non sapevo nemmeno chi fosse, ma Egor mi aveva ordinato di nominarla.

La donna - probabilmente era la segretaria dell'azienda - controllò qualcosa sul tablet che teneva in mano e annuì. «Sì, c'è un incontro segnato per le 9.50. Adesso è con un cliente. Venite, vi faccio vedere la sala d'attesa.»

Con i tacchi che battevano ritmicamente sul pavimento lucidato a tiro, ci condusse lungo un corridoio che terminava in una piccola e accogliente sala. C'erano alcune sedie imbottite disposte lungo le pareti e un tavolino coperto di riviste che occupava il centro.

«Accomodatevi pure. La signora Wu vi raggiungerà non appena avrà finito.»

La ringraziammo e ci sedemmo. Non c'era nessun altro, a parte noi. Yan agguantò una rivista e iniziò a sfogliarla.

«Sai il russo?» le chiesi, sorpresa.

Alzò lo sguardo dalle pagine per puntarlo nel mio. Sembrava confusa. «Tu no? Non abiti in Russia da anni?»

Scrollai le spalle. «Non mi sono mai interessata allo studio della lingua e non ho intenzione di cominciare a breve. Detesto questo Paese e i suoi abitanti.»

«Comunque sì, so il russo e altre sette lingue. Non puoi mai sapere dove la Triade voglia mandarti, quindi è bene essere pronti a tutto» mi spiegò, sorvolando sulla mia giustificazione.

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