Capitolo 33

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Avviso: verranno citati alcuni eventi dei capitoli 19 e 20, perciò consiglio di riguardarli velocemente prima di leggere questo.

Buona lettura!

Ghetto Zaffiro, sud-est di Mosca, 4 dicembre 2019

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Ghetto Zaffiro, sud-est di Mosca, 4 dicembre 2019

Non appena io e Connor atterrammo a Mosca e rientrammo a Villa Zaffiro, mi assunsi la responsabilità di riferire il resoconto della missione a Egor. Senza perdite di tempo, con la volontà di sbrigare quella faccenda al più presto e di aggiungere al quadro dell'enigma i nuovi tasselli che avevamo scoperto, mi diressi nel suo studio.

Non trovai il vory da solo, ma era in compagnia di Wera, la coordinatrice della sua squadra di spie. La donna era seduta di fronte a Egor, dall'altro lato della scrivania, e i due erano intenti a discutere riguardo alcuni documenti posti sulla superficie di legno. Quando varcai la soglia, interruppero la conversazione concitata e diventai il bersaglio dei loro sguardi.

«Maybelle,» mi accolse il vory, «sei già di ritorno da Nizhny Novgorod?»

«Abbiamo ottenuto le informazioni che cercavi e ho degli sviluppi da comunicarti» dichiarai pragmatica.

Egor annuì e mosse la mano in un gesto di invito ad accomodarmi, indicando la poltrona vuota al fianco di Wera. Nonostante la mia poca tolleranza nei confronti della donna dalla carnagione olivastra e i capelli neri cortissimi, derivata dalle accuse che aveva sporto contro di me in passato, mi sedetti senza lamentele. Avevo questioni più importanti da affrontare e necessitavo di consultare il capo, perciò dovevo sforzarmi di reprimere l'astio che nutrivo verso entrambi i presenti.

«Ti ascoltiamo» mi incalzò Egor, incrociando davanti a sé le dita ornate da spessi e costosi anelli argentati.

«Abbiamo interrogato Sidorov e siamo giunti alla conclusione che non è il responsabile delle denunce, almeno non interamente. Sono convinta che lui si limiti a dare qualche indicazione alle autorità, ma che risponda ai comandi di qualcuno più in alto» cominciai a esporre le mie considerazioni. «Inoltre, abbiamo l'FBI alle calcagna. Sta indagando sul Ghetto e potrebbe essere in atto un'operazione contro la criminalità.»

«È proprio ciò che stavo dicendo prima che arrivassi» si intromise Wera. «Io e le mie spie abbiamo raccolto dei dati sugli agenti che hanno partecipato agli ultimi blitz. L'unità è composta principalmente dai poliziotti russi, affiancati dai membri dell'International Operations Division, la branca dell'FBI che si occupa degli interventi oltreoceano.» La donna afferrò dal plico il documento che confermava quanto riferito e me lo allungò, poi concluse: «La mia teoria, come la tua, è che sia in corso un'operazione per combattere la mafia del Ghetto, grazie a un accordo tra Stati Uniti e Russia. Sidorov era solo uno dei mezzi per arrivare all'obiettivo, non la testa del progetto. Il motivo alla base di esso ci è ancora sconosciuto, però».

«Chi stiamo cercando, allora? Un americano o un russo? Un nemico del Ghetto o un uomo di giustizia?» domandai a nessuno in particolare, sopraffatta dalla confusione che mi rimescolava la idee. Il mistero che stavamo studiando da ormai un paio di mesi si rivelava sempre più complicato, un intreccio di eventi che sembravano sconnessi tra loro, ma in realtà legati da un sottile filo di cui non riuscivo a individuare l'origine.

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