Capitolo 12

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Numero di parole: 748


"È da anni che mi piace, e il poter vivere con lui in questo nuovo mondo è un'opportunità che non sprecherò." Disse e mi lanciò uno sguardo.

Il messaggio che i suoi occhi mi mandarono era chiaro e preciso. Era un ordine a farmi da parte, a non avvicinarmi al suo amato e ad avvisarmi che era pronta a tutto se avessi intralciato i suoi piani.

"Oh – sussurrai – buona fortuna allora."

"Vaffanculo – pensai furente mentre lo dissi – Non azzardarti nemmeno a provare ad allontanarmi."

Poi però un forte dubbio tramutò la mia ira in ripensamento.

Era così sbagliato ciò che mi aveva fatto intendere? In fondo anch'io desideravo si facesse da parte. Lei semplicemente lo aveva detto, a differenza mia che avevo mentito.

Stava sbagliando lei o stavo sbagliando io?

In queste situazioni esiste il verbo "sbagliare"?

Amare e voler essere amati, nonostante il rischio di far male a qualcuno, è un peccato?

Non mi interessava.

Non mi importava di rovinare il sogno di un'altra ragazza.

"Sei così egoista Kohaku – esclamò la mia coscienza – Se rimani così, come puoi sperare di essere amata da lui?"

Ci mettemmo seduti in cerchio al piano superiore del magazzino della scienza. Prima mangiammo il ramen, poi qualcuno trovò lo spazio anche per il pesce e quando la cola finì, fu il vino a riempire i nostri bicchieri.

Il mio sguardo non faceva altro che cadere su Senku, e ogni volta che accadeva lo distoglievo in fretta, timorosa del giudizio di Ayano al suo fianco.

Nonostante quella mattina avesse esplicitato il suo disgusto per le bevande alcoliche, in quel momento stava facendo di tutto, tranne che astenersi dal bere.

Non avevo mai festeggiato il quel modo. Al villaggio era consuetudine ingoiare ingenti quantità d'alcol fino a svenire o a vomitare. Si urlava fino a perdere la voce, ci si picchiava a vicenda per placare i propri istinti animaleschi e ci si imboscava con qualcuno per godere dei piaceri più bassi.

Da piccola odiavo i giorni di quel tipo, e i più grandi mi dicevano sempre che crescendo mi sarebbero piaciuti anche a me. Quando divenni più matura non cambiai idea.

Ogni qual volta che c'era festa mi rifugiavo da mia sorella, che essendo malata non poteva partecipare, con Jasper e Turquoise, i quali, lavorando come guardiani della sacerdotessa, non potevano permettersi di correre il rischio di lasciarla sola in nottate del genere.

I tre ragazzi del passato avevano organizzato una serata del tutto diversa da come ero solita pensare. Le risa non si tramutavano in mostruose grida, gli scherzi non sfociavano in risse e il vino non ribolliva nel sangue rischiando di spedirti all'altro mondo, ma alleggeriva la mente e rilassava i muscoli.

"Ah – sospirò Gen – Se solo avessimo della Marijuana sarebbe perfetto."

"Marijuana?" Chiese Ginro.

"E che cos'è?" Gli fece eco Kinro.

"Mh – rispose Gen malinconico – Speravo che la conosceste qui al villaggio. Il popolo di Tsukasa ne ha già trovata un po'. È l'unica pianta che s'impegnano a coltivare."

"Come funziona?" Chiese Chrome curioso. Ogni qual volta che sentiva nominare qualcosa di nuovo gli si rizzavano le orecchie di interesse.

"Beh vedi, funziona che ..."

"Smettila Gen – lo interruppe Senku – Non trasformare i componenti del mio regno in un branco di tossicodipendenti."

"Senku, smettila di proibire tutto ciò che è divertente!"

"Proibisco solo ciò che è pericoloso."

"Giocare con sostanze che usa la Yakuza* va bene, ma farsi una canna no. Spiegami cosa vuol dire "pericoloso" per te."

"Tutto ciò che non porta risultati e rischia di nuocere è pericoloso. Se vuoi farti di qualcosa, non c'è bisogno che anche gl'altri si droghino con te." Rispose Senku irritato.

Senku era una persona calma, a cui piaceva fare ironia. Era raro vederlo arrabbiato e, anche se era leggermente seccato, l'impatto che aveva su chi lo conosceva era abbastanza forte.

"Su ragazzi! – si intromise Ayano – Non discutete per queste stupidaggini.

"Senku, - lo chiamò lei – vieni con me – esclamò prendendolo per mano.

"Hai una cera orribile e qui dentro si muore di caldo. Andiamo a prendere una boccata d'aria."

"Non ne ho bisogno." Ribatté lui.

"Sì invece – insistette lei – non farti pregare."

I due si alzarono, mano nella mano, e io non reagii; ero troppo stanca anche solo per alzarmi in piedi.

Aspettai una manciata di secondi, ma nessuno rientrò nella stanza.

Pazientai ancora un minuto, poi un altro ed un altro ancora, finché l'incantesimo che la bevanda aveva lanciato sulle mie gambe non si spezzò.

"Uh, che caldo – esclamai – Io esco."

Yakuza* = mafia giapponese. 


// spazio autrice //

Ecco, come promesso, il capitolo 12. 

Questa parte è un po' noiosetta, lo riconosco, ma pazientate e arriveranno delle svolte importanti. 

Scrivetemi qui cosa vi aspettate. 

Sabato 26/02/2022 pubblicherò il continuo. 

Un bacio a chi è arrivato fino a qui.

- Anthyllis 

𝑺𝒕𝒐𝒏𝒆 𝑯𝒆𝒂𝒓𝒕𝒔 | Dr.StoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora