Capitolo 17

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Numero di parole: 678


La sofferenza che provavo era mutata.

Nonostante il desiderio ardesse ancora, nel mio cuore avevo finalmente ritrovato il sollievo.

Accompagnata dal dolce oscillare delle onde, munita di una nuova sicurezza e di una forte determinazione, avevo finalmente accettato di non poterti avere.

Avevo capito, guardandoti negl'occhi, che potevi darmi ancora molto, anche non amandomi; e così l'invidia, l'odio e la tristezza trovarono la loro fine bruciando nel calore del mio sorriso.


Le prime luci dell'alba erano tenui e di un morbido rosa, simile a quello dei petali di peonia. Il velo scuro che la notte aveva gettato sulla foresta si stava a poco a poco sbiadendo, permettendo ai caldi toni autunnali delle foglie di acquisire lucentezza.

Balzavo agilmente da un ramo all'altro con una potenza che m'ero scordata di avere. I miei occhi si erano abituati in fretta ai brandelli di oscurità che il sole, ancora troppo basso, non era riuscito a cancellare.

Questa volta non ero andata a cacciare per sfuggire ai miei amici, anzi, desideravo solo di poterli rivedere al mio ritorno. Volevo riprendere in mano la vita che avevo abbandonato e continuare verso il cammino che lui aveva tracciato per me: quello della conoscenza. Mi era mancato parecchio lo stupore che risiede nello scoprire un qualcosa di nuovo, ma soprattutto, mi era mancata la sua presenza.

"Appena ritorno, raccontami tutto ciò che mi sono persa" Pensai, mentre nella mia mente riprendeva forma il guizzo che i suoi occhi facevano ogni qual volta che completava un esperimento.

Il soffice rosato dell'alba cedette il suo posto ad un triste bianco. Da ovest prese a soffiare un forte vento, di un denso odore inconfondibile. 

Non avevo dubbi: stava per piovere.

"Devo fare in fretta a cacciare qualcosa" Meditai, mentre una fila di nubi scure facevano la loro comparsa in cielo.

Nel momento in cui la prima goccia di pioggia toccò il mio naso, una grossa cerva corse accanto all'albero sul quale ero appollaiata.

Silenziosa come un serpente e veloce come una lepre, mi misi ad inseguirla, mentre il delicato suono della pioggia aumentava d'intensità.

Ebbi la sensazione che il grosso animale avesse percepito la mia presenza, poiché avanzava serpeggiando veloce fra gl'imponenti abeti, come se sapesse che così avrei avuto difficoltà a colpirlo.

Il mio passo perse la sua delicatezza e divenne pesante, cosa che agitò ulteriormente la mia preda. Saltai giù dal ramo su cui ero, stufa di procedere in linea d'aria.

Spianai la lancia e mi misi a rincorrere la mia cena. Essa correva più veloce di me e, poco prima che uscisse dal mio raggio di tiro, accelerai e balzai in avanti, imprimendo nel mio lancio tutta la forza di cui disponevo.

L'asta di legno fendette l'aria fischiando, ma invece di trapassare da lato a lato il ventre dell'animale, si conficcò in un tronco. Quel bastardo di un cervo aveva deviato mezzo secondo prima che tirassi.

Imprecando e ansimando, afferrai la mia lancia con entrambe le mani per estrarla dal legno.

Forse Chorme, quando mi diceva di non insultare gli dei, aveva ragione.

Con le braccia tese lungo l'asta di legno, mentre il temporale s'abbatteva sulle mie spalle, la tirai verso di me con tutta le mie forze, quando sentii il suolo sotto i miei piedi cedere e la punta della lancia estrarsi all'improvviso.

Scivolai con violenza all'indietro ed impallidii quando sentii la mia schiena cadere oltre la coltre di arbusti che credevo mi avrebbero sorretta.

Mi mancò il respiro in gola, nel momento in cui il mio corpo rimase sospeso per intero nell'aria.

La caduta che ne segui fu veloce e confusa. Il suolo s'abbatté brutalmente contro ogni angolo del mio corpo e i miei occhi furono oltrepassati da un turbinio di immagini che non riuscivano ad inquadrare.

Quando mi fermai non sentivo nessun dolore. Sollevai piano la testa e aspettai che il mondo smettesse di girare, per poi passare da sdraiata a seduta. Nel momento in cui sentii le gambe formicolare mi misi in piedi, ma caddi immediatamente a terra.

Un fortissimo dolore mi attraversò la caviglia, facendomi urlare.

Non riuscivo più a camminare. 


//spazio autrice//

Hi guys. 

La nostra Kohaku si è infortunata. Anche il cervo, come la carpa, è la manifestazione di qualche dio? Chi lo sa, speriamo solo porti fortuna sta volta.

Sono stata fedele alle mie previsioni e ho scritto un capitolo leggero e breve, spero sia stato di vostro gradimento. 

Le prossime parti saranno all'incirca brevi come questa. Sono curiosa di sapere cosa vi aspettate.  

Ormai mancano pochissimi capitoli alla fine, e io mi auguro che coloro che sono arrivati a questo punto vogliano continuare e finire questa fanfiction. 

Quindi, ti mando un bacio se hai letto la storia fino a qui e ti invito a tornare domenica 20/03/2022, quando rilascerò il seguito :)

- Anthyllis



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