Capitolo 5

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Numero di parole: 879


Quella notte avevo dormito irrequieta fra le braccia del grande albero che costeggiava il piazzale. Alle prime luci dell'alba, privata completamente del sonno, mi ero dedicata alla ricerca di nidi da cui prendere delle uova.

Chrome fu il primo a svegliarsi e a scendere dal rifugio, al che mi feci avanti e lo invitai a farmi da aiutante. Morivo dalla voglia di chiedergli ogni singolo dettaglio di quella notte, ma mi trattenni. Decisi di porgli qualche domanda innocua, affinché non sospettasse di me e delle mie paure.

"Oggi dovevo allenare voi due. Senku quanto ha intenzione di dormire ancora?"

"Suppongo sia stato sveglio fino a tardi a parlare con la sua amica."

"In che senso supponi? Non c'eri anche tu?" Gli domandai mentre mi sporgevo a frugare in un nido.

"Hanno dormito al primo piano. Credo che la sua amica non volesse tra i piedi un estraneo la notte." Mi rispose. L'assenza di sprezzo o rammarico nella sua voce mi fece sentire un po' fuori posto. Solo io temevo quella ragazza tanto da non riuscire a dormire?

"Li hai lasciati soli eh? Se fossi rimasto magari ti avrebbero fatto partecipare." Lo stuzzicai mentre scendevo agilmente dalla pianta con due piccole uova nella mano sinistra.

La mia provocazione sembrò attecchire bene.

"Smettila di dire scemenze, Kohaku." Mi rimproverò, ma io non mollai la presa.

"Fai tanto il santo, ma chissà cosa accadrebbe se ti lasciassi solo con Ruri." Affermai impastando la mia voce di malizia e lui si colorò di rosso.

"Mi hai chiamato per aiutarti o per prendermi in giro?"

"Stavo solo scherzando, non ti agitare." Conclusi io e ci avviammo in silenzio alla ricerca di un altro nido.

Volevo bene a Chrome, eravamo cresciuti insieme dopotutto, ma avevamo personalità troppo differenti per andare d'accordo come due veri amici. Non mi fidavo di lui a tal punto da confidargli la mia nuova paura, così, come una codarda, decisi di allontanarlo da me nell'intento di celare le mie vere emozioni. Se mi mostravo in vena di scherzare, allora non ci sarebbe stato modo per lui di interrogarsi sul mio vero stato d'animo.

Chrome, per quanto l'apparenza ingannasse, era un ragazzo veramente acuto. Avevo la certezza che se mi fossi schiusa anche solo di poco, lui sarebbe riuscito a cogliere al volo la realtà dei fatti.

Il solo pensiero di condividere con lui queste emozioni mi mandava in agitazione. Nessuno doveva sapere cosa si stava sviluppando nel mio cuore. Nemmeno il ragazzo che conoscevo dalla nascita.

Tutto ciò che rischiava di violare la mia intimità era una minaccia e allontanare le persone che si rivelavano essere minacce non era una cosa nuova per me.

Da sempre le mie emozioni si riversavano sulla realtà che mi circondava come un fiume in piena. Era una verità che col tempo avevo accettato, ma solo molto tempo dopo compresi la causa di questo mio comportamento.

Jasper, colui che mi aveva allenato nei combattimenti insieme a mio padre fin da quando ero piccola, mi disse che ogni azione involontaria del nostro corpo è il riflesso di una sfaccettatura della nostra mente.

"Impara per prima cosa a leggere attraverso i tuoi istinti – disse – e un giorno sarai capace di comprendere quelli altrui."

Quella sua affermazione mi portò a maturare diverse riflessioni e giunsi alla conclusione che le mie incontenibili emozioni non erano altro che il mio personale metodo di nascondere i sentimenti veri.

Le persone, solitamente, per rendere privato un loro moto interiore si sforzavano di comportarsi normalmente. Io facevo l'esatto opposto. Mi sfogavo apertamente così da convincere ognuno a credere che ciò che emanavo fosse ciò che sentivo realmente.

Ostentare sicurezza, infiammarmi di colpo e comportarmi in modo arrogante era diventato il mio modus operandi di confinare tristezza, dubbio e paura dentro di me.

Era così che mentivo al mondo. Era così che mentivo a me stessa.

E tutti coloro che possedevano la lungimiranza necessaria per vedere attraverso le mie bugie andavano allontanati.

Avevo la necessità di tenere Chrome a distanza e deridendolo avevo adempiuto al mio scopo.

Senku si era svegliato ed era uscito nel piazzale. Ayano non si vedeva.

"Finalmente ti sei alzato – Esordii io – iniziamo gli allenamenti? Il torneo si terrà fra due settimane e non ho intenzione di portare nell'arena due schiappe."

Senku strabuzzò gli occhi ancora assonnati.

"Abbiamo dormito bene vedo." Commentò lui sarcastico. Forse avevo esagerato coi toni scocciati quel giorno.

Una forte rabbia prese a scorrere con veemenza nelle mie vene; ira che indirizzai verso i miei due interlocutori. Li accusai di pigrizia e negligenza, ma non credevo realmente a quelle accuse. Ero semplicemente adirata con me stessa, per quella stupida aria altezzosa e arrogante che avevo assunto per tutta la mattina. Anche se avevo accettato che quello fosse un modo per proteggermi, non potevo negare il fatto che comportasse sacrifici d'altro genere.

Il mio poco pudore era imbarazzante, il teatrino che avevo tirato in piedi era imbarazzante e quella stupida paura che provavo era fottutamente imbarazzante.

Finita la sfuriata mi girai verso il magazzino della scienza e vidi Ayano, avvolta in una coperta, che osservava la scena dalla cima dell'edificio. I suoi occhi ambrati incrociarono i miei; la vergogna che provavo per me stessa salì vertiginosamente e il mio umore crollò a pezzi.


\\ spazio autrice \\

Questo capitolo è leggermente più lungo del solito. Spero lo abbiate apprezzato. 

Riconosco che la mia scrittura manchi un po' di organicità, credo sia frutto dell'inesperienza, infondo questa è la prima fanfiction che scrivo. Se avete consigli a riguardo vi prego di scrivermeli nei commenti. 

La parte 6 uscirà fra due giorni, il 23/01/2022. 

Vi saluto e vi mando un bacio se siete arrivati fin qui :))

- Anthyllis  

𝑺𝒕𝒐𝒏𝒆 𝑯𝒆𝒂𝒓𝒕𝒔 | Dr.StoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora