17- Dimmelo e basta

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Dal punto di vista di Damiano

Mi sveglio con un mal di testa lancinante che non accenna a sparire.
Sono da solo nel letto, segno che Victoria è già andata a scuola.
Guardo la stanza, è illuminata da quei pochi raggi di sole che filtrano dalle imposte chiuse.
Questa luce mi dà un fastidio boia, in più sento il collo rigido come un pezzo di gesso.
Sono sudato da far paura, sento l'odore pungente raggiungere le mie narici provenire da ogni centimetro del mio corpo.
Devo avere la pressione a terra, dato che quando provo ad alzarmi ricado sul letto come un sacco di patate.
La porta è leggermente aperta, sento dei passi avvicinarsi.
Fa capolino nella camera Alessandro, con in mano una bacinella d'acqua e un asciugamano.
"Oh. Sei sveglio. Come ti senti?" Prende una sedia, accomodandosi accanto al letto.
"Una merda..." mi lamento.
Lui ride, bagnando l'asciugamano e tamponandomi la fronte.
"Tu non hai idea, Vic mi ha assillato tutta mattina perché mi prendessi cura di te. Voleva addirittura saltare scuola per occuparsene di persona, le ho detto che poteva fidarsi di me ed è andata più tranquilla. Ora ti misuro la febbre, vediamo se è il caso di prendere qualcosa"
A me viene da vomitare, mi sento veramente uno schifo.
Non so cosa possa essere successo, forse qualcuno al lavoro aveva un virus di qualche tipo.
Quando mi tolgo il termometro, la mia temperatura corporea non è scesa un granché.
"40.2? Ma che ti succede, Damià? Mi sa che dobbiamo portarti a fare una visita, comincio a preoccuparmi" Alessandro ha un espressione inquieta, qualcosa gli frulla in testa.
E ora anche io sono turbato, perché non mi era mai capitato di stare così male.
"Tu hai fatto tutte le vaccinazioni, sì?" Chiede, gli occhi sul cellulare, dove i pollici digitano veloci.
"Ma che ne so? Non faccio una vaccinazione da quando mia madre e Jacopo si erano trasferiti in Spagna" mi tiro su seduto per bere, notando l'irrigidimento al collo farsi più consistente.
"Quindi il richiamo per il Meningococco a 11 anni non l'hai fatto?" Ora il suo viso si è rabbuiato, mentre si alza in piedi e sgomento mi guarda dall'alto.
"No, non credo proprio. Roberto non m'ha mai portato a vaccinare" rifletto, tornando sdraiato.
Un'ondata di sonnolenza mi pervade, spingendomi a chiudere gli occhi.
"Damiano, alzati. Ti porto all'ospedale, ti faccio visitare" mi incita ad alzarmi, serio in volto, ma non sono d'accordo.
"No, perché? Non voglio fare esami, sono sicuro che in un paio di giorni starò benissimo" ribatto contrariato, massaggiandomi la testa all'attaccatura dei capelli.
"Dai, forza. Non te lo ripeterò di nuovo, alzati e basta." È autoritario, come un padre con il figlio. Si vede che ha cresciuto due ragazze ribelli come Victoria e Veronica.
"E se poi non fosse niente? Se spendessi soldi per niente? Non ce l'ho il denaro per fare degli esami, non posso permettermeli" confesso, anche se davo per scontato che lo sapesse già.
Sembra pensarci su un attimo, poi prende parola.
"Hai spedito un sacco di soldi a Victoria in questi mesi, se usi un po' di quelli non è un dramma. E poi non voglio neanche sapere da dove vengono, lo so che non guadagni così tanto come fattorino. Quindi ora o ti alzi, o vado a scuola da Vic a dirle che non vuoi fare uno stupido prelievo di sangue" non ammette scuse, né repliche.
Sbuffando mi tiro su a mezzo busto, mentre un dubbio infame mi assale.
"Non è che ne sai qualcosa, tu? Cosa fa sto Meningo-coso?" Chiedo, gli occhi stretti che lo scrutano come se in questo modo potessi sapere cosa mi nasconde.
"È per questo che ti porto dal medico. Voglio essere sicuro che tu non ce l'abbia, è pericoloso" mi porge la mano, aiutandomi a scendere dal letto per mettermi in piedi.
Bene, ora sì che mi hai rassicurato.
"Ma io mica ce l'ho un medico" dico, mentre mi cedono le ginocchia dalla stanchezza.
"Siamo messi bene..." alza gli occhi al cielo, sostenendomi per poi dirigersi verso il piano di sotto con me sottobraccio.
"Dai, ti porto dal dottore di Vic e vediamo cosa dice" dopo aver chiuso la porta di casa strizzo gli occhi per la luce eccessiva, poi percorriamo il vialetto ed entriamo in macchina.
Appena mette in moto comincia a sfrecciare ad una velocità impressionante, cosa non solo pericolosa di per sé, ma anche per il fatto che non puoi andare così veloce con una BMW nelle stradine di Roma.

Che cosa mi succede, Sandro?
Non c'avrò mica qualcosa di brutto?
Perché vai di fretta, se non sono in pericolo?
Lo so che mi stai nascondendo qualcosa di troppo grande.
Sono preoccupato... e se mi succedesse qualcosa?
Chi ci penserebbe a Vic? E ai bambini?
Lo so, ci state tu e Nica... ma non è la stessa cosa.
Sto correndo troppo?
Forse sì, ma anche tu corri con l'auto, quindi perché non posso pensare al peggio?
C'ho l'ansia... c'è qualcosa, dentro di me.
Lo sento, qualcosa mi sta divorando le viscere, e non me n'ero accorto fino a stamani.
Stamani, quando m'hai parlato di sta cosa, sta malattia.
Cos'è? Perché non me lo dici?
Tu l'hai cercato. Su internet, l'hai fatto.
Hai cercato i sintomi, che corrispondono.
Ma tu questa malattia l'hai già conosciuta, lei ti ha stretto la mano e poi sputato in faccia.
Ed è successo a te? O a qualcuno che ami?
Amavi, forse...

Giunti davanti l'ospedale scendiamo dall'auto, noto che mi ha portato al pronto soccorso.
"Cosa ci facciamo qua? Non volevi farmi fare una semplice visita?" Chiedo insospettito, mentre mi regge per aiutarmi a camminare fino all'entrata.
"Rifletti, David! Sei sempre così furbo, ma se ti porto al pronto soccorso al posto che dal dottore la visita mica la paghi! Potresti essere in fin di vita, va tutto più veloce qua"
A Sandro, sei un genietto!
"Scusi, questo ragazzo sta male... ha la febbre alta, gli viene da vomitare e... Damiano, cosa ti senti?" Sembra aver assunto un'altra personalità, sa recitare molto bene. Interessante.
"C'ho un mal di testa che se non scoppio oggi non so quando lo farò, e mi sento tutto il collo rigidissimo, come un tronco d'albero"
L'infermiere mi guarda con gli occhi spalancati, riponendo all'istante la cartelletta che teneva in mano in un porta documenti.
"Ok ragazzo, seguimi... non hai paura degli aghi, vero?" Comincia a camminare velocissimo, non gli sto dietro.
"No, no... non è che può rallentare? Mi cedono le ginocchia, non ce la faccio" torna indietro di qualche passo, posandomi una mano sulla schiena per spingermi leggermente in avanti.
"Rossi... ci vuole un prelievo di sangue e una puntura lombare per il ragazzo, in urgenza. Rischio di meningite"
Cazz'è? Alessandro aveva detto un'altra cosa.
L'altra ragazza, l'infermiera chiamata dall'uomo accanto a me, mi indica una stanza lì accanto ed entra con me.
"Bene... come ti chiami?" Chiede facendomi sdraiare su una poltroncina tipo quella del dentista.
"Damiano, Damiano David" mi lega un elastico in plastica un po' sotto la spalla, tirando fuori un ago che mi ricordo che mia madre lo chiamava sempre farfallina, per tranquillizzarmi quando ero piccolo e facevo gli esami.
"Ok Damiano, io sono Rebecca. Adesso ti preleverò un po' di sangue dal braccio e poi ti farò girare così potrò farti una punturina sulla schiena. Tranquillo che non fa male, ok?" Ha un tono rassicurante, ma la sua espressione dice tutt'altro.
Tutte queste luci artificiali mi stordiscono, e ho l'impressione di vedere delle macchioline rosse sulle mie braccia.
Sento l'ago punzecchiarmi, mi volto a guardare il mio sangue scorrere tranquillo nel tubicino collegato alle fialette.
"Ma che cos'è la meningite?" Chiedo allora, turbato dalla situazione che faccio fatica a comprendere.
E lei alza lo sguardo verso di me, timorosa di spaventarmi con la sua risposta.
"Senti, ho bisogno che non ti spaventi. Non c'è nulla di certo, è solo una diagnosi affrettata senza alcun esame... stai tranquillo, andrà tutto bene. Sono sicura che è solo un po' di febbre" mi sorride tirata, ma io proprio non ho voglia di sentire cazzate.
"Dimmelo e basta, ti prego" la supplico, mentre sta estraendo l'aghetto dal mio braccio dissanguato.
"È una malattia molto pericolosa, c'è qualche probabilità che tu... be', che ci lasci" ha preso alla lettera le mie parole, e mi lascia spiazzato.
"Qualche probabilità o molte?" Mi voglio proprio male, eh.
"Basta, ora non voglio inquietarti. Togliti la maglietta e siediti, per favore... così posso finire qua"
Faccio quello che dice, mentre sotto il suo sguardo stupefatto metto in mostra le cicatrici.
E invece mi stupisco anche io a vedere delle grandi, macchie rosse in giro per tutto il mio addome e petto.
"Ma cos'è sta roba?" Chiedo, più a me che a lei.
Non dice nulla, afferra una siringa da uno scaffale e cammina fino a dietro di me.
Sento il lattice freddo dei suoi guanti premere leggermente contro la mia schiena, portandomi a piegarmi un po' in avanti.
L'ago penetra nella mia pelle, nella mia carne, e sento qualcosa essermi sottratto dal punto in cui si trova.
Stringo i denti, questa fa più male della precedente.
"Va bene. Qui abbiamo finito, non appena avremo i risultati ti chiamiamo. Tu intanto aspetta sui sedili in corridoio"
Annuisco, scendendo dalla poltrona blu rigida.
"Rebecca... grazie" dopo aver aperto la porta mi volto, quando sento la sua voce chiedermi un'ultima cosa.
"E di cosa?"
"Per avermelo detto. Nessun altro sarebbe stato più sincero"

Predestinati 2 // DamoriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora