18- Terrore

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Dal punto di vista di Damiano

L'attesa è straziante.
Mi sta consumando.
Io e Alessandro siamo seduti in un corridoietto affollato del pronto soccorso, aspettando la diagnosi.
Sono passati venti minuti, ma sembrano due giorni.
Sono terrorizzato.

Vic... te lo ricordi?
Il nostro primo bacio.
Davanti a una caffetteria, dopo che hai conosciuto mio padre.
Forse un po' affrettato, ma mi è piaciuto.
E ora rimpiango quei momenti, che se potessi rivivrei all'infinito.
Ho paura, ho paura, ho paura.
Vorrei che tu fossi qui con me.
Ti amo tanto, tanto, tanto.
Mi manchi già.

Vediamo l'infermiera, Rebecca, uscire con una cartellina in mano e venirci incontro.
Mi alzo in piedi, scattando.
"Damiano? Devo parlarti... venga anche lei, sì" -accenna a Sandro- "è importante. Dobbiamo spiegarti alcune cose"

Dal punto di vista di Vic

Perché non c'è nessuno in casa?
Prendo il cellulare, se Damiano è uscito significa che stava meglio.
Spero solo non sia andato al lavoro, si stancherebbe troppo e rischierebbe di nuovo di ammalarsi.
Digito il numero di mio padre, ma non appena lo faccio lo vedo entrare dalla porta d'ingresso.
"Papà! Sai dov'è Damiano?" Chiedo.
Ha un aspetto orribile, è pallido e quando mi ha vista se possibile è sbiancato ancor di più.
Sta tremando leggermente.
Terrore. Gli è successo qualcosa?
"Papà, ma ti è successo qualcosa? Stai bene?"
Deglutisce a fatica, alzando poi lo sguardo per fissarlo nel mio.
"Damiano è in ospedale. Gli hanno diagnosticato la meningite batterica"
Crack.
L'hai sentito questo rumore, Dio?
È quello di un cuore spezzato.
Perché mi odi tanto da farmi questo?
Di nuovo, poi? Infame, sei un infame.
Apro e chiudo la bocca, senza emettere alcun suono.
Mi sento svuotata, sento solo il cuore battermi nell'orecchio sinistro.
Il tempo si è fermato, il mio respiro è corto.
L'ansia, il panico, il terrore.
Le lacrime, eccole lì che sgorgano e mi annebbiano la vista.
L'angoscia prende il possesso del mio corpo, sto sudando freddo.
"Vic, vieni con me. Ti accompagno da lui"
Mi mordo il labbro, ricaccio indietro le lacrime che ancora non mi hanno bagnato le guance.
Afferro la mano che mi viene porta, e mi lascio condurre dentro un'automobile.
Tutto il tragitto lo passo in uno stato di trance, non so cosa fare né cosa pensare.
Tengo solo le mani sul ventre gonfio, e lo stringo forte.
Come se loro potessero proteggermi da questo mondo crudele.
Stiamo camminando per i corridoi dell'ospedale, lo conosco questo.
Damiano era già stato ricoverato qui, la mamma è scomparsa in una di queste stanze.
La porta che papà sta aprendo è bianca, fredda.
Mi mette paura questo posto. Terrore.
E lui è lì, steso sul morbido materasso, riempito di antibiotici come un magazzino stipato delle cose più varie.
Papà rimane in piedi davanti alla porta, in un silenzio religioso, mentre io sfioro il vetro che mi separa da Damiano.
Delle chiazze rosse inquinano il suo corpo, per quanto posso vedere.
Con espressione serena è addormentato, il suo viso sembra così limpido, senza preoccupazioni.
Ma in lontananza nuvole scure minacciano di piovere su di lui, scatenando un putiferio.
Vorrei essere lì, accanto a lui.
Ma neanche entrare, mi fanno fare.
Mi metti paura, Damià. Terrore.
"Scusi, non c'è proprio modo di entrare?" Chiede papà ad un'infermiera.
"No, mi dispiace. È altamente contagiosa, la meningite, i primi giorni va tenuto in incubazione. Magari domani potrete vederlo da vicino. Tu sei Victoria, vero?" Ora è rivolta specificamente a me; mi giro verso di lei pronta a rispondere.
"Sì, perché?"
Damià, le hai parlato di me?
Proprio mi ami, eh?
Tanto da raccontarmi agli sconosciuti.
O forse hai paura anche tu?
Si avvicina, porgendomi un bigliettino.
"Mi ha detto di dartelo... se avete bisogno, chiedete pure. Io sono sempre qui, nel reparto"
Si congeda con un sorriso, mentre mio padre la ringrazia.

Vic, amore mio.
Ancora una volta mio padre è riuscito a metterci i bastoni fra le ruote, anche da morto.
Non mi ha mai portato a vaccinare per una serie di malattie, tra cui il Meningococco C, che mi è stato diagnosticato stamattina. Non voglio che ti preoccupi, non ce n'è bisogno. Andrà tutto bene.
La percentuale della probabilità che ho di morire si è abbassata drasticamente grazie agli antibiotici di cui mi hanno riempito, ora mi sento una grande sonnolenza, quindi credo che andrò a dormire.
Quando ti vedrò, perché ti rivedrò, stanne sicura, vorrei trovarti col sorriso.
È un piccolo favore che ti chiedo, perché se c'è una cosa che amo da impazzire è proprio il tuo sorriso.
Ti amo tantissimo, non scordarlo mai.
Tanto, tanto, tanto.
Non smetterò mai di farlo, né di dirlo.
Ti amo,
il tuo D.

E allora piango.
Piango, perché non c'è momento più adatto.
Verso tutte le mie lacrime, perché Damiano mi ha detto di non preoccuparmi e proprio non ci riesco.
Come può pretendere che non mi preoccupi scrivendomi una lettera come quella?
Ti amo anche io, Damià.
Tanto, tanto, tanto.
E anche se mi fai arrabbiare spesso, non penso che riuscirei ad odiarti veramente, come avevo detto di aver fatto giorni fa.
Hai ragione, non succederà niente.
Perché noi siamo indistruttibili, provano a separarci ma ritorniamo sempre.
Sempre più forti.
Ti amo,
la tua V.

Predestinati 2 // DamoriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora