1. SOLE, SABBIA E GABBIANI

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Harry Potter stava osservando in silenzio il mare. Con i piedi affondati completamente nella sabbia del bagnasciuga, l'acqua che gli bagnava le caviglie, ascoltava il rumore delle onde infrangersi e alcuni gabbiani che volavano a poca distanza.

Si era trasferito da nemmeno una settimana a Paradise, una cittadina sul mare della Manica. Gli avevano detto che quando non c'era nebbia si poteva vedere la costa francese, ma Harry non ci credeva molto.

Aveva trentaquattro anni, aveva sempre vissuto in città e da poco aveva scoperto che gli piacevano anche gli uomini. Non che non lo avesse già capito durante l'adolescenza, solo non c'erano mai state vere occasioni con dei ragazzi in passato e Harry non aveva avuto tutto questo coraggio per sperimentare e si era sempre messo con delle ragazze. Perché essere etero era più facile, inutile girarci intorno.

Solo due mesi prima, per festeggiare il suo trentaquattresimo compleanno, Harry aveva messo piede nell'unico locale gay di Black Angel City, la cittadina dove aveva vissuto fino ad una settimana prima. Aveva incontrato un ragazzo, Angel, che dopo due minuti di conversazione, che consisteva nel dirsi età e nome, gli aveva infilato prima la lingua in bocca, muovendo la lingua in circolo che nemmeno la lavatrice in centrifuga si muoveva così velocemente, poi gli aveva infilato una mano nei pantaloni. Harry stava ancora cercando di riprendersi dalla centrifuga orale che il giovane gli si era inginocchiato davanti e gli aveva fatto un pompino.

Il pompino più bello della sua vita, se Harry doveva essere sincero. Ma il giovane si era inginocchiato ad un tavolo pubblico che dava sulla pista da ballo. E Harry si era trovato con più di cinquanta paia di occhi addosso, occhiate languide e soprattutto al suo uccello.

Harry era piccolo di statura, arrivava a malapena al metro e sessanta, ma i centimetri che gli mancavano in altezza li aveva tutti presi in lunghezza.

Harry aveva un dono e una disgrazia al posto del pene. Un dono perché era grosso e spesso, una disgrazia perché la maggior parte delle sue partner non voleva finirci a letto perché "faceva troppo male".

Il giovane però non sembrava spaventato o intimorito dalla sua grandezza perché lo aveva succhiato e leccato come se fosse la cosa più buona del mondo. Harry era venuto poco dopo nella bocca di Angel. Un paio di ragazzi si erano poi avvicinati al tavolo, supplicandoli di fare provare anche a loro "il suo grande pezzo di carne" quando il suo cellulare aveva vibrato nella tasca.

E quando il suo cellulare vibrava nella tasca non era mai un buon segno.

"Papa! Papà! Guarda!"

Harry distolse lo sguardo dalle onde del mare per posarlo su James, suo figlio di tre anni e mezzo. Il bambino aveva aperto le manine e gli aveva mostrato delle conchiglie.

"Ma che belle!" aveva detto Harry con un sorriso mentre sistemava sulla testa del bambino il cappellino giallo e spalmava con due dita la crema protezione totale sul naso e sulle orecchie del bambino.

"Le possiamo portare a casa?" chiese il bambino facendogli gli occhi dolci.

"Va bene, ma come si dice?"

"Per favooore!" disse James mentre Harry raggiungeva la spiaggia vuota e afferrava il secchiello colorato del bambino.

"Mettile qui dentro, allora" disse Harry mostrando il secchiello, ma il bambino lanciò uno strillo.

"Nooo!" urlò il bambino mentre fermava il padre, "È per il castello!" ma fece cadere le conchiglie sulla sabbia che si sporcarono tutte.

James pianse ancora più forte, saltellando sul posto e lanciando con i piedi la sabbia che finì in faccia ad Harry.

~Drarry~ LifeguardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora