Capitolo Ventisei

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Questo capitolo è stato scritto da : Lùù

Alec li stava guardando come se gli fosse crollato il mondo addosso. Sulla mano, precisamente, che teneva stretta nell’altra come a cercare di non farla scappare via.
Nel preciso istante in cui Alec aveva urlato il nome di Jace, con una voce impregnata di dolore e preoccupazione, Clary si era sentita morire.
Quando aveva avuto le visioni sulla propria morte, spesso si era immaginata cosa avrebbe potuto provare Jace e spesso si era chiesta se avrebbe mai potuto superare il dolore – con l’aiuto di Alec ed Izzy e degli altri loro amici. Si era rassicurata al pensiero che non sarebbe stato solo e che, nonostante tutto, avrebbe trovato la forza di andare avanti.
Adesso invece Clary aveva la certezza che lei non sarebbe mai sopravvissuta alla morte di Jace. Sapeva nel profondo del suo animo che la sua morte avrebbe ucciso anche lei, e non lentamente, come si lasciano morire certe persone, troppo prese dal dolore per riguardarsi e farsi aiutare. No, di colpo. Di punto in bianco non avrebbe più sentito il pavimento sotto i piedi e sarebbe crollata in un tunnel di dolore, cadendo sempre più giù, come Alice nella tana del Bianconiglio. E alla fine avrebbe trovato il silenzio e l’eterno dolore della morte. Una lunga e breve caduta verso la fine, senza possibilità di risalita.
Lo sapeva perché aveva percepito l’inizio della fine dopo l’urlo di Alec.
Ma Clary sapeva anche che Jace non era morto, perché lei era ancora viva. Per ora, almeno.
Era una certezza strana e assurda, inspiegabile. Ma era una certezza.

“Che succede?” chiese Ragnor, probabilmente l’unico tra i presenti a non essere stato devastato dall’urlo.

Alec si teneva la mano e scuoteva la testa, come se non riuscisse a parlare.
Un iratze, aveva bisogno di un iratze. Prima che Clary potesse uscire dal torpore, Izzy aveva già preso lo stilo e fatto la runa sull’avambraccio del fratello.
Il volto di Alec si rilassò lievemente, il respiro si regolarizzò. La mano allentò la presa sull’altra e… sangue. Quello era sangue.
“Come… come quella volta…” bisbigliò Tessa, il volto cinereo.
No, Jace non era morto. Clary lo sapeva, ne era certa.
Ne era certa?

Il piano era andato completamente in frantumi.
Era l’unico pensiero che attraversava la mente di Jace. A parte, ovviamente, il dolore lancinante causato dal ciondolo, come non dimenticarlo – si stava affievolendo sempre di più ma lo sentiva ancora pulsare.
Ancora non gli era chiaro il perché fosse successo tutto quello che era successo, ma sapeva che l’enorme lampo di luce che era scaturito dal ciondolo aveva mandato all’aria il “non farsi vedere”. Avevano letteralmente un faretto puntato contro. E, per carità, a Jace piaceva stare al centro dell’attenzione, ma il tipo di attenzioni che cercava solitamente non erano quelle di un Principe dell’Inferno. Non erano quelle di Lucifero, soprattutto.
Jace deglutì a fatica, un groppo alla gola che gli impediva di respirare.
Sarebbe morto e l’unica cosa che riusciva a pensare era ‘spero che Clary si possa godere il resto della sua vita’. Quando aveva scoperto del sogno premonitore-che-fortunatamente-premonitore-non-era di Clary, aveva avuto la certezza incrollabile che lui sarebbe morto con lei. Anche solo il pensiero di saperla morta, di sapere di un mondo senza di lei lo uccideva già un po’ – la consapevolezza di vivere in quel mondo senza Clary l’avrebbe disintegrato.
Sperava solo che Clary potesse sopravvivere, continuare a ridere, sorridere, combattere per i suoi sogni e per i suoi amati.

Jace si voltò verso Ty, che forse aveva bisogno di un sostegno, di un aiuto. Ma Ty era sparito. Avrebbe pensato fosse tornato al sicuro nel loro mondo, dagli altri, se non fosse che il ciondolo era tra le sue mani. ‘Dove diamine…’ si domandò Jace guardandosi intorno, prima di vederlo. Stava correndo verso Kit, una spada lucente tra le mani (‘dove l’aveva presa?’), mentre Lucifero fissava Jace e il faretto di luce scaturito dal ciondolo.
Jace sarebbe morto, ovviamente, ma almeno avrebbe distolto l’attenzione del Principe abbastanza da far scappare Ty e Kit.

Tutto era andato secondo i piani.
Richard gli aveva detto per filo e per segno cosa sarebbe successo – probabilmente quel ragazzo aveva dei veggenti in famiglia, perché aveva previsto ogni singola cosa. Incredibile. Forse si sarebbe prestato a qualche studio, una volta finito tutto questo…
‘Concentrati, Ty,’ si ripeté. I primi passi erano stati fatti, adesso mancava la liberazione di Kit e poi – e poi il ritorno a casa.

Kit era legato, incatenato e sanguinante, tanto che Ty dovette impegnarsi per nascondere il suo disagio, ma gli rivolse un sorriso amichevole, cercando di veicolare tutto quello che voleva dirgli.
“Sei una visione,” biascicò l’Herondale sorridendo debolmente, “l’Angelo della Morte più bello di sempre.”
Stava delirando. Ty doveva fare in fretta.
In silenzio, abbassò la spada sulle catene, che cedettero come burro.

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