Capitolo 3

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Nonostante due mesi fa siano partiti all'incirca una quarantina di ragazzi in missioni in Afghanistan, quelli rimasti al quartier generale sono decisamente in numero superiore.

I fascicoli tra l'altro aumentano di giorno in giorno venendomi consegnati dalla segretaria di Brian e sono tutti profilo di possibili candidati che per poter accedere al quartier generale, hanno bisogno di un test psicologico da me eseguito.

Per cui dire che sono oberata di lavoro è dire poco.

Mio padre questa mattina mi ha inviato una mail chiedendomi notizie di James. So che scalpita per silurarlo dritto dritto in missione insieme agli altri, e nonostante abbia cercato di preservare il giovane soldato più tempo che ho potuto, la verità è che James si può ritenere guarito al 100% e non c'è motivo alcuno che gli impedisca di riprendere la sua arma e la sua divisa.

Per questo mi trovo nel mio ufficio in attesa che proprio il diretto interessato faccia la sua apparizione all'ingresso per potergli dare di persona la notizia e successivamente rendere partecipe della cosa anche il generale Davis

Storco la bocca in una smorfia infastidita nel realizzare che dovrò presentarmi presso il suo ufficio e parlarci vis vis per comunicarglielo, ma il mio orgoglio è troppo alto per permettermi di abbassarmi al suo stesso infantile livello

Non ha il coraggio di guardarmi in faccia per fornirsi informazioni? Beh, io invece si.

Mentre proseguono le mie elucubrazioni nella mia testa, James bussa contro la porta già aperta del mio ufficio facendomi subito sollevare lo sguardo sul suo aspetto giovanile e informale con jeans e maglietta nera di cotone e sneakers bianche ai piedi

"Dottoressa" mi saluta cordiale con un sorriso mentre io gli sorrido di rimando e gli faccio un cenno con il dito di entrare e accomodarsi di fronte a me

Quando me lo trovo davanti rilassato ma attento, mi sporgo sulla scrivania congiungendo le mani tra loro

"Immagino tu non sappia perché ti ho convocato" inizio piegando le testa da un lato e regalandogli un sorriso cordiale e comprensivo

James mi osserva con insistenza e scuote solo la testa in senso di diniego

Pensare di avere la capacità con questo annuncio di spedirlo dritto verso la morte è qualcosa che mi logora e che non mi ha fatto chiudere occhio stanotte.

So che non è detto che laggiù incontri per forza la morte, in fondo Dylan e gli altri sono già andati e tornati più di una volta, ma ho una sensazione così negativa addosso che essere irrequieta mi viene automatico e mi è impossibile evitarlo. Ma il mio lavoro è prendermi cura dei miei pazienti e lasciarli liberi di scegliere una volta guariti, non posso trattenerli, né omettere loro una guarigione per un mio stupido sentimentalismo

"Hai affrontato un percorso di recupero molto lungo James, e come sai non è sempre stato facile" decido di prenderla un po' più larga non perché serva a lui ma perché serve a me per metabolizzare il tutto

James si irrigidisce sulla sedia e mi guarda con occhi timorosi e sgranati

"Ma hai saputo reagire ad ogni avversità e sei stato bravo a recepire i miei consigli e a farne tesoro mettendoli in pratica, e per questo voglio farti i miei complimenti perché oltre ad agevolare te stesso, hai agevolato anche me" gli sorrido sinceramente grata perché è vero, con lui è stato un percorso lineare e la fatica è stata più la sua mentale che la mia nel tentare di aiutarlo

Ha saputo reagire sempre e non ha mai dubitato di me. Mi ha permesso di instaurare un bel rapporto con lui e con la sua psiche e mi ha lasciato libero accesso alla sua mente. Le nostre sedute sono state di grado sempre più elevato fino ad arrivare ad un punto tale di confidenza, che parlare con lui mi dava la sensazione di camminare nella sua mente riuscendo ad aprire ogni cassetto al suo interno senza trovare mai lucchetti o chiusure complesse che mi impedissero l'accesso e quindi la comprensione.

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