Partire per tornare

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NON AU (continuo del capitolo precedente)

Erano quasi due ore, ormai, che Christian continuava imperterrito a strapparsi le pellicine con i denti, provando a placare il nervosismo che gli animava il petto, ma riuscendo solo ad aprire nuove ferite e taglietti sanguinolenti sulle cuticole, che avrebbero bruciato come le fiamme dell'inferno al primo disinfettante che si sarebbe spruzzato sulle mani.

Si muoveva irrequieto sul sedile che lo stava ospitando, come se al posto dell'imbottitura di spugna sotto la pelle blu ci fossero stati chiodi arrugginiti e pezzi di metallo.
Non trovava pace, era un continuo alternarsi di sguardi fuggevoli che sembravano rincorrere il paesaggio campestre che sfrecciava fuori dal finestrino e mani dalle dita martoriate che si immergevano con veemenza tra i capelli riccioluti e li tiravano all'indietro, sia per toglierseli da davanti agli occhi, sia per provare a risvegliarsi da quello stato di torpore in cui l'ansia l'aveva fatto piombare.

Probabilmente ci sarebbe arrivato calvo alla stazione di Bari.

Christian era uscito da Amici appena tre giorni prima, e si era lasciato giusto quel tempo minimo per ricongiungersi con la sua famiglia e quei pochi amici che si era lasciato alle spalle a Bergamo, prima di prendere un biglietto di sola andata per Bari (i genitori del biondo avrebbero dovuto cacciarlo a pedate per farlo andare via.)

Erano tre mesi e poco più che lui e Mattia non si vedevano, due che si sentivano, sporadicamente, per telefono, e Christian non stava nella pelle all'idea di poterlo riabbracciare, di poterlo di nuovo stringere a sé e bearsi del suo calore.
Allo stesso tempo, però, non riusciva ad essere tranquillo. Aveva un buco al centro dello stomaco che pulsava ad ogni battito accelerato del suo cuore.

Lui e Mattia stavano insieme da due mesi, eppure Christian sentiva come se nulla fosse cambiato dal loro precedente rapporto, e sapeva che questa sensazione fosse da imputarsi alla distanza forzata e agli orari serrati prestabiliti dal programma, ma non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che lui e Mattia fossero due amici che si dicevano "ti amo" per telefono, mancandosi come l'aria, ma che non avessero mai superato quel confine sottile che si estendeva tra amicizia e relazione.

Era mancato lo scacco che ti butta oltre il limite, la fisicità del primo periodo, impacciata ma curiosa di scoprire il corpo dell'altro.
Si sentiva in svantaggio, come se non avesse sentito lo scoppio della pistola che segnalava l'inizio della corsa, e fosse partito in ritardo.
Che poi, in svantaggio rispetto a chi o cosa proprio non lo sapeva.

Stava di fatto che il pensiero di dover finalmente rincontrare Mattia, per la prima volta dopo essersi messi assieme, gli faceva sudare le mani e attorcigliare lo stomaco su se stesso.

Come avrebbe dovuto comportarsi una volta raggiunta la stazione di Bari?

Come avrebbe dovuto salutarlo?

Una stretta di mano?

Un abbraccio?

Avrebbe dovuto baciarlo?

Al pensiero di poter finalmente baciare Mattia lo stomaco gli si ridusse ancora di più, arrivando ad assomigliare ad una nocciolina.

Voleva baciarlo.
Volevo baciarlo tantissimo, ma era anche terrorizzato.

E se baciandolo Mattia dovesse rendersi conto che non gli piacesse veramente?

Se si rendesse conto che ciò che credeva fosse amore in realtà era solo la mancanza che provava nei suoi confronti, travisata ed ingigantita?

E se avesse sentito quella sensazione di imbarazzo che si prova quando un parente fa per baciarti una guancia ma tu ti giri senza farlo apposta e finisce col baciarti sulle labbra?

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