Prima analogia tra amore e religione: venerare

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Christian non era mai stato attento ai dettagli, doveva ammetterlo.
Era uno di quelli che se le cose non gli venivano sbattute in faccia c'era una buona possibilità che non le cogliesse, e questo lo rendeva molto spesso vittima delle prese in giro di sua madre, che gli diceva sempre che la sua intelligenza emotiva fosse pari a quella di un cucchiaino da caffè (che poi, avrebbe tanto voluto risponderle che se era fatto così era colpa di suo marito, mica quella caratteristica era nata e sarebbe morta con lui.)

Perciò, non avrebbe dovuto stupirsi quando si accorse solo dopo sette mesi di conoscenza dell'infida insicurezza di Mattia.

A sua discolpa, non è che non si fosse mai accorto di niente. Aveva notato qualche atteggiamento strano da parte del biondo, quando erano ancora in casetta, come il suo soffermarsi troppo a lungo davanti agli specchi, non per vanagloria, ma per guardarsi con un cipiglio arruffato per interi minuti, oppure come tendesse a coprirsi sempre con i capelli quando lo guardava negli occhi mentre stavano parlando, ma l'aveva sempre scambiata per timidezza.

Quindi si, aveva intuito che Mattia avesse le sue insicurezze, ma da qui a pensare che non si piacesse ne passava di acqua sotto i ponti.

Il fatto era che, per lui, quella era una convinzione così allucinante che non pensava qualcuno sano di mente potesse mai condividerla, men che meno il suo fidanzato.
Ma, a quanto pareva, Mattia sano di mente non lo era affatto.

Christian aveva fatto i conti con questa conoscenza sconcertante un lunedì mattina, qualche giorno prima del primo maggio, quando avrebbe finalmente potuto raggiungere il biondo a Bari.

Erano le sette del mattino e stavano facendo colazione assieme, in videochiamata, prima che Mattia andasse a scuola e Christian ad allenarsi, e, vuoi gli occhi ancora appannati dalla stanchezza, vuoi l'attenzione che aveva riposto nel non versarsi il latte addosso mentre si preparava la colazione, si accorse solo dopo qualche minuto che Mattia fosse quasi completamente fuori dall'inquadratura, se non per un paio di boccoli dorati ed un braccio muscoloso.

- Hey, piccolo, ti metti più al centro che ti voglio vedere? - chiese, inzuppando il primo biscotto nel latte, specificamente un pan di stelle (non ne era mai andato matto, doveva ammetterlo, ma da quando Mattia era stato a casa sua ed aveva avuto la possibilità di baciarlo dopo aver fatto colazione, rubando il sapore di cacao dalle sue labbra, non riusciva di impedirsi di mangiarli ogni mattina. Così, perché gli sembrava di averlo più vicino.)

- Noooo, - si lamentò Mattia, con una vocina così piccola che Christian si dovette appoggiare allo schienale della sedia per non liquefarsi dalla tenerezza. - Ho la faccia gonfia di sonno, sono inguardabile. -

Christian inarcò un sopracciglio, ingoiando un altro biscotto con un sorso di latte.
- Ma allora sei stueteco proprio tu. - disse, acceso. - Che poi ti ho visto 5 mesi appena sveglio, quindi non dire cagate. -

- Ma mi hai visto dal vivo, mica tutto sminchiato dalla fotocamera del telefono. - continuò, flebilmente, ancora nascosto al suo sguardo.

Christian stava iniziando ad innervosirsi: non perché Mattia si stesse rifiutando di fare ciò che gli aveva chiesto, ma perché si stava rendendo conto di quanto il biondo credesse davvero alle parole che stava pronunciando.
Poggiò la tazza sul tavolo, sporgendosi verso il cellulare che aveva appoggiato ad una bottiglia d'acqua, come se facendo così potesse avvicinarglisi davvero.

- Nemmeno la fotocamera di un Nokia potrebbe renderti meno bello di quanto sei. - lo vide muoversi sulla sedia, chiaramente imbarazzato. - E ora, per favore, ti fai vedere? Altrimenti mi va male la giornata. -

- Ma quanto sei scemo. - borbottò l'altro mentre lui ridacchiava, spostando il cellulare per lasciarsi vedere.

Teneva lo sguardo basso sul tavolo, e le guance rosse di vergogna. Se fosse stato con lui gliele avrebbe pizzicate, e poi probabilmente morse.

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