Colpo di fulmine

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AU (mi farebbe piacere se alla fine del capitolo vi fermaste a leggere la nota che ho aggiunto.)

Quel giorno Mattia si era svegliato stanco, come d'altra parte succedeva da settimane ormai.
Il pensiero della maturità lo perseguitava, non facendolo dormire per la troppa ansia, con il solo risultato di farlo arrivare stremato in classe, dove rischiava di addormentarsi sempre più spesso con la testa sul banco.

Era deprimente dirlo, ma ormai aveva fatto l'abitudine a sentirsi la testa pulsare, a dover portare gli occhiali da vista perché altrimenti proprio non riusciva a leggere, a guardarsi allo specchio e trovarsi due profonde occhiaie violacee a sfigurargli il viso.

Così quel giovedì pomeriggio, al ritorno da scuola, sotto al sole bollette di maggio che proprio non voleva dargli tregua, non vedeva l'ora di tornare a casa e potersi abbandonare sul suo letto, senza mangiare nemmeno, per poter usufruire del weekend lungo che l'assemblea d'istituto che si sarebbe tenuto il giorno seguente gli aveva concesso.

Aveva per un fortuito caso del destino sbgliato direzione, finendo così per allungare la strada passando per il parco che separava la villetta in cui abitava dalla sua scuola, con non poche e silenziose imprecazioni.

Quindi ora stava attraversando a passo svelto il sentiero sterrato sotto le fronde verdeggianti degli alberi del parco, destreggiandosi con il filo delle cuffiette per provare a sbrogliarlo.
Si ostinava ad usare quelle perché proprio non poteva sopportare le airpods, gli sfuggivano sempre dalle orecchie, e suo fratello Daniele finiva sempre col prenderlo in giro dicendogli che ce le avesse deformate.

Borbottando sottovoce, con i nervi a fior di pelle, cominciò a strattonare il filo delle cuffiette e avrebbe continuato fino a strapparle se, dal nulla, un guaito non si fosse fatto largo nelle sue orecchie.

Mattia si bloccò sul posto, le mani rimaste sospese con le cuffiette che oscillavano a mezz'aria. Tese le orecchie e ben presto udì di nuovo lo stesso lamento. Prima ancora che avesse il tempo di anche solo formulare un pensiero le gambe gli si mossero da sole a passo svelto guidandolo verso quegli uggiolii che gli stavano spezzando il cuore.

Ebbe giusto il tempo di  riattorcigliare il filo delle cuffiette per cacciarsele in tasca che si trovò ai piedi di un albero enorme, forse una quercia, le cui radici formavano una rientranza abbastanza grande da permettere ad un cucciolo di cane di nascondersi al suo interno.

Si chinò sulle ginocchia davanti all'albero con estrema cautela per non spaventare maggiormente il cucciolo che appariva già provato di suo. Sperò che la sua fosse solo paura e che non si fosse fatto male.

- Hey piccolino. - mormorò, poggiando le mani al suolo abbassandosi per potersi far vedere in viso.

Il cane smise di mugghiare, ma dal retro della sua gola proveniva ancora un piagnucolio costante.

- Ce la fai ad uscire o ti sei incastrato? - Chiese come se potesse rispondergli.

Il cagnolino si fece ancora più indietro come se volesse nascondersi maggiormente, e almeno Mattia capì che niente lo stesse bloccando.

- Non voglio farti male, stai tranquillo. - Era possibile che il cane lo stesse guardando in modo sospetto? - Te lo prometto, guarda. - e voltò le mani verso l'alto, mostrandogli i palmi.

Rimase immobile in quella posizione per minuti interminabili cercando di emanare quanta più serenità possibile, finché il cane non sporse il musetto fuori dal suo nascondiglio, guardingo, prendendo a strofinare il naso sulle sue mani, come se lo stesse studiando.

Mattia lo lasciò fare senza muoversi, avendo avuto cani per tutta la vita ed essendo ormai abituato ai loro rituali di conoscenza. Mattia osservò intenerito quel cucciolo di pastore tedesco che non poteva avere più di un anno sporgersi sempre più dal tronco per poterlo annusare meglio, dovendosi trattenere per non cominciare ad accarezzarlo.

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