6. Blake

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Quando arrivo in terrazza, trovo Tatiana seduta vicino alle ringhiere a parlare al telefono. Sembra su di giri, anche se preferisco farmi i fatti miei, dato che neanche mi conosce.

«Che cazzo stai dicendo, Raphael! Sai benissimo che io non ho mai detto niente a nessuno», alza leggermente il tono della voce, approfittando della musica alta. «E adesso mi chiami come se niente fosse... Sei ubriaco, quindi te lo chiedo per favore. Lasciami stare! E lascia stare anche la mia famiglia!», chiude il telefono e si mette le mani ai capelli, per la disperazione. Improvvisamente si gira, notando la mia presenza.

«Mi stavi ascoltando?», chiede con un tono che mi impedisce di capire se si sia infastidita o meno. In fondo non la stavo spiando, mi sono trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato.

«No, scusami non volevo sentire. Va tutto bene?»

«Se dicessi di sì mi daresti della bugiarda, perciò no», fa una pausa. «Non va affatto bene», tira un sospiro.

Appoggio le braccia alla ringhiera e mi godo la visuale della torre di Seattle, che si vede abbastanza lontana da qui. Tatiana resta qui con me, probabilmente aspetta che le chieda qualcosa a proposito di quella scenata al telefono.

«Era il tuo ex?», domando per rompere il ghiaccio.

«Sì. Abbiamo avuto una relazione di due anni e poi mi ha lasciata quando ne avevo più bisogno», sarei invadente se le chiedessi di più?

«Non sei costretta a parlarmene, in fondo neanche mi conosci», non voglio che si confidi con me per poi pentirsene. «Ormai hai sentito tutto, almeno cercherò di farti capire che non sono una povera pazza», ci sediamo sulle sdraio davanti al terrazzo e

cominciamo a parlare. Sto avendo un deja vu pazzesco; è successa la stessa cosa un anno fa quando ho incontrato Jacob e Maggie.

«Mio padre è morto l'anno scorso. Era malato terminale, ho sofferto tanto e dirgli addio è stata una delle cose più dolorose che abbia mai dovuto fare, nonostante abbia solo quindici anni», credo di capirla. Nemmeno per me è stato facile.

Nemmeno per me è stato facile realizzare di aver perso una delle persone più importanti della mia vita. Mio padre. Perché tutti hanno bisogno di un padre. Di qualcuno che gli insegni un

sacco di cose o che lo aiuti ad affrontare qualsiasi cosa. Sto crescendo e ci sono tante cose che ho imparato a fare da solo, quando doveva esserci mio padre con me a insegnarmi a fare.

Ho imparato a farmi la barba da solo, ho imparato a riparare la Jeep da solo, ho imparato a guidare da solo. Ho imparato a diventare forte da solo, quando avrei preferito sentire i consigli

di mio padre e forse anche i suoi rimproveri un po' seccanti, ma utili. C'è mio nonno che prova a ricoprire quel ruolo, e da un lato gliene sono grato perché non vuole farmi sentire solo da

quella prospettiva, ma d'altro canto, rivoglio l'uomo che mi ha messo al mondo. Mi farei amputare una gamba a pur costo di averlo qui.

«Pure mio padre è morto. Ero un po' più piccolo di te. Credo sia stato un infarto, infatti è successo improvvisamente. Riesco a capirti.» Il telefono di Tatiana riprende a squillare.

«Mi rivuole a tutti i costi, nonostante gli abbia intimato di starmi alla larga. Vuole portarmi a letto e poi scaricarmi? Lo vuole capire che non sono un giocattolo!? Ha persino cercato di importunare mia madre nelle scale. Deve lasciarmi in pace»

«Che hai fatto oltre a dirgli di starti lontano?»

«Nient'altro. Però ho paura che possa farmela pagare, è un mio presentimento», devo provare a rassicurarla, perché potrebbe andare nel panico e non può agitarsi per un ragazzo che l'ha

trattata di merda.

«Forse dovresti pensarci domani, sei a una festa. Non ti conosco, ma non credo che meriti di stare così», ribatto sedendomi sulla sdraio.

«Andiamo di sotto? O la tua ragazza penserà che le stai facendo le corna con me?», ridacchia.

Annuisce e si alza di scatto dalla sdraio. Convincerla a concedersi una pausa dai suoi problemi sta già dando i suoi frutti. La vedo più felice.

The Closeness 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora