15. Dan

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«Credo si sia fatto tardi», è evidente che non sono affatto entusiasta di stare qui. So che è strano, sono con la mia ragazza e dovrei sentirmi tutt'altro che annoiato, ma non riesco proprio a concentrarmi su di lei.

«Sono solo le nove», obietta April. Sembra confusa, forse ha capito che mi sto inventando una scusa per liquidarla.

Non sono per niente bravo a mentire, lo so. Se mentire fosse una materia scolastica, avrei un sacco di insufficienze da recuperare. Magari è per questo che alcuni mi reputano antipatico: non so mentire e non so addolcire la pillola, dico la verità in un modo così brutto che rischio di ferire gli altri o di cacciarmi nei guai. Questo sono io.

«Dan, possiamo parlare un attimo?», dice con voce tremolante. Subito dopo, si alza dal letto e si siede sulla sedia della sua scrivania.

«Vuoi rompere?», magari potevo risparmiarmi questo commento, me ne rendo conto.

«Te lo volevo dire ieri, però non sapevo come fare...», è incinta? Le abbiamo sempre usate le precauzioni, sarebbe una cosa impossibile. Non ho ancora compiuto sedici anni, non posso diventare padre. Mi sto facendo mille paranoie in meno di un secondo. «Sei incinta?», mi guarda imbarazzata.

«Dan, no... Non sono incinta. Mio padre è stato chiamato per andare lavorare in Louisiana...» fa una breve pausa e aggiunge: «lo sognava da tempo e mi ha fatto una proposta», che proposta strana e indecente potrebbe averle mai fatto suo padre?

«Ecco... andrò lì con lui, per almeno tre o quattro mesi», sono consapevole del fatto che ultimamente April ed io non eravamo più la coppia di un tempo, però allo stesso tempo speravo in un tentativo di sistemare le cose.

E adesso mi comunica che ha intenzione di partire e di tornare chissà quando?

«Dan sarò sincera con te, non me la sento di andare avanti a distanza. Una relazione a distanza sarebbe l'ultima cosa che voglio», sembra molto agitata, sicuramente neanche lei voleva arrivare a prendere una decisione simile.

«Mi stai lasciando? Su dimmelo, chi aspetti? Hai paura?», perché non lo dice chiaro e tondo al posto di fare questi giri di parole?» Perché non rende tutto più facile?

«Pensi che non sia difficile per me?», cambia espressione in volto. Quasi infastidita dalle mie parole. «Sul serio Dan, credi che a me non importi niente? Perché da come ti comporti stai solo cercando di farmi sentire in colpa», risponde delusa dalla mia reazione.

«Non lo stai dimostrando», aggiungo. «Non lo dimostro? Ah sì certo, non l'ho mai dimostrato, vero? Neanche dopo tutto quello che ho fatto per te, neanche quando ti sono sempre stata vicina quando tu avevi bisogno di affetto»

«April...», sta esagerando. Io non ho mai detto niente di tutto questo e so che in questi mesi mi è sempre stata accanto.

«No, Dan. Sai cos'è che ti manca? L'empatia. Perché... cazzo è facile parlare, tutti lo sanno fare. Ma nessuno riesce mai a fermarsi a riflettere o a mettersi nei panni dell'altro», forse ha ragione, ma non posso farci niente e lei deve essere in grado di accettarmi per quello che sono. «Sai, forse hai ragione, ma sai che significa questo? Significa che questo non è amore. Non lo è e mai lo sarà, April. Fino a quando tu non mi accetterai per quello che sono!», alzo leggermente il tono della voce, peggiorando soltanto le cose.

April scatta verso la porta e la spalanca. «Perché non te ne vai allora? Se dici che io non ti accetto per quello che sei, perché sei qui? Io ti ho amato al tuo peggio e lo sai. Quando tutti dicevano che eri un mostro, io ero lì a difenderti e a coprirti le spalle», dice tenendo lo sguardo fisso a terra per evitare il contatto visivo. «Vattene Dan», sibila.

Perfetto! Mi era rimasta un'unica possibilità di aggiustare il nostro rapporto ormai agli sgoccioli e l'ho sprecata a causa del mio ego smisurato.

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