20. Granada

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POV:[T/N]

Era riuscito a convincermi... ed io non ci potevo credere.
Mi aveva lasciata in camera sua, dopo avermi portato uno dei vestiti di Isabela con il posticcio.
Aveva detto che mi avrebbe aspettato giù, tra la gente, che era certo di riconoscermi.
Fissai il vestito: era color lavanda, un'ampia scollatura con una balza viola ed aderente fino in vita, poi si apriva in una gonna a ruota tutta ricamata di fiori rosa e viola, con una balza finale.
Sembrava un vestito molto costoso ed era pure bellissimo.
Mi morsi il labbro... e se lo avessi rovinato?
Isabela sapeva che Camilo aveva "preso in prestito" le sue cose per me?
Sospirai, scuotendo il capo, glielo avevo promesso, non potevo più tirarmi indietro.
Afferrai la frittella dolce che sua Tia aveva preparato e che Camilo aveva acciuffato in cucina e la mandai giù, non mi sarei potuta permettere di star male, non in quella circostanza almeno!
Con tutta la delicatezza di cui ero capace, afferrai il vestito e me lo infilai, mi stava leggermente grande sul seno, ma dopo aver tirato i lacci sul bustino, lo sentii molto più aderente.
L'unica cosa che ero riuscita a recuperare dal mio armadio erano le scarpe eleganti che mamma mi aveva comprato, erano ancora nuove e mi calzolavano perfettamente.
Non avevo mai avuto l'occasione di indossarle... forse le aveva prese per un mio ipotetico funerale.
Quei pensieri mi stavano intristendo.
Mi avvicinai ad uno dei grandi specchi della stanza di Camilo e dopo aver pettinato i capelli, sistemai lo chignon finto sul capo e la frangia finta davanti.
Mi guardai allo specchio nuovamente e... rimasi stupita. Non mi ero mai vista così... così femminile e ben vestita!
Sussultai quando sentì bussare alla porta.
<Gabriel... sono Mirabel, posso?>
Mi sentii estremamente in imbarazzo, ma avvicinandomi alla porta la aprii quel tanto che bastava da avere la certezza che Mirabel fosse sola.
<Sì.>
Non se lo fece ripetere due volte e fu subito dentro, in mano reggeva una borsetta bella grossa e piena.
<Wow... sei...>
Mi squadrò da capo a piedi, aveva gli occhi luminosi da dietro gli occhiali.
<Posso usare il femminile?>
Annuii sorridendole, anche se mi sentivo ancora in imbarazzo.
<Sei stupenda, meravigliosa!>
<G-grazie...>
Puntai lo sguardo sulla borsa.
<Come mai sei qui?>
Per tutta risposta Mirabel mi sorrise e dirigendosi verso la scrivania di Camilo, svuotò su di essa il contenuto della borsa.
<Per truccarti!>
Guardai tutto quell'ambaradam sul piano di legno e strabuzzai gli occhi.
<Ehm... non so come si fa.>
Dissi confusa, Mirabel mi sorrise.
<Ma io sì, sta tranquilla, non ti appesantirò. Sono brava!>
Picchiettò la mano sulla sedia e mi accomodai.
Ci mise poco, mi spiegò tutto ciò che stava facendo: mascara, ombretto, rossetto, cipria, blush... sembravano tante cose, eppure, quando terminò, mi guardai allo specchio.
Le occhiaie erano sparite e sembravo avere un colorito molto più sano.
E gli occhi e le labbra sembravano più grandi!
<Che te ne pare?>
Chiese Mirabel soddisfatta.
Sbattei più volte le lunghe ciglia col mascara davanti allo specchio, incredula.
<Sei... sei bravissima, dico davvero. Hai fatto un miracolo. Grazie!>
<No...>
Mi posò un bacio fra i capelli.
<La base era ottima.>
Mi sentii i bordi delle orecchie diventare caldi.
Era stata dolcissima.
<Adesso ti lascio sola, sotto ormai sarà  pieno di gente. Qualsiasi cosa, in cucina troverai sempre qualcuno pronto ad aiutarti della Familia, spero ti divertirai.>
Detto ciò, raccattò tutta la sua roba e uscì dalla stanza.
Rimasi a fissare la porta e poi tornai a fissare il mio riflesso allo specchio.
Camilo mi avrebbe riconosciuta?
Abbozzai un sorriso ed infine mi diressi verso la porta, uscendo dalla stanza.

-

POV:[CAMILO]

Come sempre, ogni volta che la Familia organizzava una festa, mezza Encanto si riversava nella Casita.
Eravamo sempre felici di accogliere tutti ma stavolta era diverso, ero in ansia e in mezzo a tutte quelle persone sarebbe stato molto difficile riuscire a trovarla, per giunta era pure vestita e accorciata in maniera diversa!
La musica colombiana era così forte da sovrastare perfino le parole.
Vidi Mirabel venirmi incontro sorridente, mi prese le mani, avvicinandosi al mio orecchio.
<Io le chiederei di ballare non appena la vedi, se fossi in te.>
Sentii le guance diventare rosse.
<Ci sono tanti ragazzi qui in giro e anche le ragazze... ma quelle hanno puntato te, da quello che vedo.>
Alzai lo sguardo nella direzione che mi aveva indicato con la testa e vidi tre ragazze, tra cui Bernarda fissarmi.
Dio.
<Ho intenzione di rifiutare tutte, voglio solo stare con lei e se qualcuno si azzarda a chiederle un ballo, alla prossima festa entrerà in stampelle.>
Mi imbronciai e Mirabel scoppiò a ridere.
<Gliel'ho hai detto?>
<Cosa?>
Mirabel roteò gli occhi al cielo.
<Diamine Camilo, non le hai ancora detto che sei innamorato di lei?>
Sentii il viso andare a fuoco e distolsi lo sguardo.
<...No.>
La presa di Mirabel si fece più salda.
<E perché no?>
Quella conversazione, in mezzo a tutta quella musica, urlata, non aveva senso; eppure... mi sembrò di essere da solo, insieme a lei, in un'altra stanza.
Rimasi in silenzio.
<Non avere paura di aprirti con lei. Sono sicurissima che ti ricambi.>
Alzai lo sguardo su di lei.
<Non l'ho mai detto a nessuna...>
<È arrivato il momento allora.>
Sorrisi e vidi lo sguardo di Mirabel accendersi, non stava guardando me però, stava guardando dietro.
Mi voltai e vidi una ragazza bellissima ed elegante, vestita di lilla e viola.
Un ragazzo le aveva preso la mano e le stava sicuramente chiedendo di andare a ballare.
Mi morsi il labbro inferiore, col cavolo!
<A dopo Mirabel.>
La sentii ridacchiare e in pochi secondi raggiunsi le spalle del ragazzo, afferrai la mano della bellissima ragazza e mi rivolsi a lui.
<Credo che lei sia già impegnata... con me.>
Il ragazzo si voltò con fare infastidito, ma quando capì chi fossi, indietreggiò scusandosi e scomparve.
I miei occhi furono immediatamente sul viso di lei, le sorrisi e lei ricambiò imbarazzata.
Era meravigliosa.
<Non vi ho mai visto qui, siete nuova di Encanto?>
Le strinsi la mano, Dio quanto avrei voluto baciarla immediatamente.
<Sì.>
Mi rispose avvicinandosi un po' di più, cercando di sovrastare la musica colombiana.
Sentivo che ci stavano fissando e se n'era accorta pure lei, la vidi guardarsi intorno per un attimo e i bordi delle sue orecchie farsi rossi.
<Allora vorrei fare gli onori di casa e invitarvi a ballare. Vi va?>
La attirai a me, cingendole la vita con un braccio. Sussultò sorpresa ed io mi chinai sul suo orecchio.
<Dimmi che stai bene, perché voglio davvero ballare e stringermi a te più che posso, davanti a tutti.>
Le sfiorai l'orecchio con le labbra e la sentii fremere.
Ottimo, avrei ballato con un'erezione nei pantaloni di questo passo.
<Sto bene.>
Sussurrò.
<Allora preparati.>
Sentii la musica diventare più lenta e ritmata e la trascinai insieme a me.
<Sai come si balla questa?>
La vidi socchiudere gli occhi e annuire.
<La ballavano i miei genitori... ricordo qualcosa.>
Sorrisi.
<Segui me.>
Non appena fummo sulla pista, si prese un lembo del vestito e iniziammo a roteare, quando la lasciai andare, feci qualche piroetta intorno a lei, che mi seguii a ruota. La vedevo che era in imbarazzo, ma anche che cercava di scrollarsi gli sguardi indagatori e sorpresi degli ospiti, nessuno sapeva chi era, me ne stavo rendendo conto pure io.
E la cosa mi faceva impazzire.
Mentre danzavo, potevo vedere come i ragazzi la guardavano, desiderosi di sapere chi fosse... non lo avrebbero mai saputo perché lei era mia, mia e basta.
Ero egoista?
Sì.
Assolutamente sì.
La vidi danzare, sfiorandomi di tanto in tanto le mani e le braccia.
Basta.
Dovevo riacchiapparla.
Le passai una mano intorno alla vita e le tolsi il respiro quando la spinsi contro il mio bacino.
Vidi i suoi occhi allargarsi sorpresi sotto la frangia finta che le stava benissimo e sorrisi malizioso, continuando a danzare insieme a lei, accarezzandole il collo davanti a tutti, scendendo con le labbra sul suo orecchio.
<Hai sentito qualcosa di duro?>
Fremette, ma non mi rispose.
Continuammo a danzare così è quando la musica finì, la lasciai andare con delicatezza.
Fece un inchino e solo in quel momento mi accorsi del suo petto che si alzava e si abbassava sotto la scollatura del vestito, il suo seno era così elegante dentro quella scollatura e io... avevo solo voglia di tuffarmici dentro.
<Devo bere... ho sete.>
Tornai a fissarla e annuii.
Con la mano ancora intorno la sua vita, la accompagniai ad uno dei tavoli.
Le presi del succo di frutta e poi qualche ciambellina che mia tia aveva preparato, per sicurezza.
<Andiamo alla pagoda... sai, ho passato il tempo oggi ad allestirla, sono tutti impegnati a ballare...>
Aveva il bicchiere in mano e annuì, guardandomi dolcemente.
Una volta fuori, dopo essere stati aiutati da Casita ad uscirà da quella bolgia di gente, la condussi dove avevamo cenato la prima volta.
Isabela aveva riempito la pagoda di ortensie lilla e bluette e io avevo messo tutte le candele e i cuscini.
<È ancora più bella di quella volta, sei davvero bravo.>
La guardai fissare i fiori e i cuscini.
<L'ho fatta così perché volevo che la vedessi tu... Andiamo.>
Alzò il viso verso di me sorpresa, annuendo subito dopo.
Quando fummo lì ci accomodammo fra i cuscini e posai le ciambelline sul tavolino.
Tornai a guardarla, avevo posato le sue labbra sul bicchiere contenente succo di melograno e stava sorseggiando.
<Sei bellissima.>
Mi uscì spontaneo, stavolta non avevo bisogno di gridare per sovrastare la musica, un sussurro bastava e avanzava per arrivare forte e diritto al cuore.
Mi ritornarono alla mente le parole di Mirabel.
Smise di bere, guardandomi negli occhi subito dopo.
<Anche tu... l'arancione ti dona, sai?>
Fissai il mio poncho elegante, sorridendo divertito.
<Grazie.>
Mi avvicinai a lei un po' di più.
<Stai bene?>
Il suo petto non si alzava e riabassava velocemente come prima, ma era comunque stretto lì dentro.
<Sì, ho mangiato una frittella di tua tia prima di scendere...>
Parlava così piano, quasi come se avesse paura di essere sentita.
Si era seduta fra i cuscini in modo elegante, come se fosse abituata a portare vestiti così.
<Da quanto tempo non ti vestivi in questo modo?>
<Intendi come una bambolina?>
Annuii sorridendole, portandomi qualche ciocca di capelli dietro un orecchio.
<Tanto.>
Si mise a giocherellare col bicchiere, passando un polpastrello sul bordo.
<...Ti fa effetto vedermi così?>
Le presi gentilmente il bicchiere e lo posai sul tavolino.
<Effetto?>
Sorrisi, avvicinandomi al suo viso.
<Penso che tu abbia sentito "l'effetto" che mi fai mentre ballavamo, no?>
La vidi mordersi il labbro inferiore, imbarazzata.
<Sì.>
<Vorrei vedere la vera te sempre... non soltanto ad una festa. Ti guardavano tutti, chiedendosi chi fossi, da dove venissi, perché stessimo ballando.>
Le accarezzai una guancia.
<Hai visto come ti guardavano i ragazzi?>
Scosse il capo, distogliendo lo sguardo dal mio.
<Che bugiarda...>
Le presi il mento e glielo alzai, costringendola a guardarmi.
<Ti desideravano... volevano ballare con te, come quello che te lo ha chiesto prima che arrivassi io.>
Sentii la sua mano poggiarsi sulla mia che le teneva il viso.
<Volevo ballare solo con te.>
<Solo ballare?>
La vidi trattenere il respiro, i nostri occhi erano agganciati e io stavo affondando nei suoi languidi.
<No... non soltanto ballare... in realtà.>
Il suo fiato caldo si infranse sul mio viso subito dopo che ebbe finito di parlare.
Mi stava togliendo il respiro con un bacio al sapore di melograno.

Doppelgänger [CAMILO  X READER]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora