Il test

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L'arte spazza la nostra anima
dalla polvere della quotidianità.
Pablo Picasso


Kalea
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È novembre, piove e fa freddo. Il tipo di freddo che ti entra nelle ossa e a fatica riesci a scrivere, o muovere le mani in generale. Il ticchettio continuo delle gocce che battono sulla mia finestra non fanno che distrarmi. E io devo assolutamente finire di prepararmi per il test di storia di domani, ma ormai non riesco più a stare attenta. Un po' è anche colpa mia, mi sono ridotta all'ultimo a studiare perché, ovviamente, se non mi viene l'ansia, non studio. Una mia peculiarità che non sopporto ma continuo a ripetere ogni volta. Ma questi sono dettagli.

Sono arrivata a quel punto dove non riesco più a distinguere le lettere dei miei appunti, che ora, non sono altro che scarabocchi. Dopotutto sono nove ore che non ho toccato altro che questo stupido libro, precisamente da quando sono tornata da scuola, e i miei occhi chiedono pietà. Faccio la prima pausa e sebbene fosse mezzanotte passata, decido di scendere in cucina per prendere un po' d'acqua, qualsiasi cosa pur di sgranchire un po' le gambe. Il caffè è fuori discussione, ne avevo già bevuto troppo e non aiuta molto la miscela ansia e caffeina. Soprattutto per chi combatte con l'ansia da anni.

La mia camera si trova in una piccola mansarda, fatta apposta per me. Non ospita molto, e anche se la sua posizione è un po' scomoda, è lontana da occhi ed orecchi indiscreti. Devo sempre fare su e giù per andare in bagno? Sì, ma almeno è una scala a chiocciola. Ho sempre amato le scale che ruotano su se stesse, credo sia la parte migliore della mia camera, subito dopo la mia libreria. Scesa la scala, a destra si trova la camera di mio fratello, è chiusa da un po'. Quest'anno è partito per il college e torna solo per i weekend o per i festivi. E dire che Gregory pensava di farmi un torto lasciandomi quella camera, non capendo che era tutto quello che volevo. Che ingenuo. Io e lui abbiamo due anni di differenza eppure a volte mi chiedo chi sia il più adulto tra i due. Anche se... dopo tutto quello che abbiamo passato si atteggia ancora come il fratellone super protettivo e mi tratta come una bambola di porcellana. Quel tipo che deve essere maneggiata con cura e deve essere protetta dalle minacce. Quando, in realtà, l'unico pericolo da cui dovrebbe proteggermi vive proprio dentro di me tutti i giorni.

Arrivata in cucina trovo Rhys steso lungo il tavolo che mi accoglie con un fievole miagolio. Avevo trovato il gattino nero con gli occhi celesti abbandonato tra i rifiuti, così piccolo, lasciato al freddo. Non sarebbe sopravvissuto neanche per due giorni, senza cibo o calore. Chi è che quel mostro che lascerebbe una creatura così fragile in pieno inverno? O in qualunque stagione? Non lo potevo sopportare e per fortuna quando lo portai con me, fece pena anche a mia madre e accettò di accoglierlo nella nostra piccola casa. Non avrebbe avuto più paura di dover sopravvivere, ora era al sicuro. Lo saluto, accarezzandolo, e prendo una bottiglietta d'acqua da portarmi in camera.

Tornando indietro, a destra del salotto spazioso, mi ritrovo a percorrere un piccolo corridoio che porta ad una camera socchiusa. Mi aveva attirato l'attenzione un piccolo raggio di luce, finché sbirciando, notai mia madre che dormiva, da sola. Mi salì al petto una strana sensazione, capita ogni volta che la vedo così, stanca. Per me lei era il problema, la causa di tutti i nostri problemi quando non mi ero resa conto di ciò che si trovava più in profondità. La reprimo e rilascio un lungo sospiro.

Le spengo la luce e torno nel mio piccolo rifugio, di cui sono grata di possedere ogni giorno.

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Finii di studiare alle due e mezza e quando suona la sveglia, la rimando di dieci minuti. Poi di altri dieci, e ancora altri cinque finché...  si sono fatte le sette, e perderò il bus se non mi alzo e  preparo subito.

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