Figli degli Dei

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Durante il mio soggiorno a Murias scoprii ben presto che il Mondo delle Fate era molto più complicato di quanto mi sarei mai aspettata.

La mattina del secondo giorno, infatti, fui spedita in un'immensa biblioteca, dove mi attendeva una fata giovane e bella, dai bianchi denti – privi di canini appuntiti – che spiccavano fra la folta barba nera, che si presentò come il mio Maestro di storia.

Alle sue parole, rimasi imbambolata a fissarlo per qualche istante, incredula di ciò che le mie orecchie avevano appena udito, poi sbottai: «Dovrò imparare la storia... perché mi risulterà utile nella prova della Veggente?».

Non avevo dimenticato ciò che mi aveva detto Lúg in sogno, e l'idea di essere stata tenuta all'oscuro di questa fantomatica prova che avrei dovuto superare al fine di diventare cittadina... mi fece contorcere le budella.

Il Maestro sorrise mestamente: «Nessuno sa cosa serve per superare la Prova. Per ciascuno di noi è stato diverso, e comunque non abbiamo la possibilità di parlarne con te... la Veggente incanta i Cittadini affinché non rivelino mai a nessuno gli elementi salienti della loro prova» mi spiegò, porgendomi un tomo e continuando a camminare fra gli scaffali.

«Quindi devo... studiare per un esame di cui non so nemmeno l'argomento?» sbottai, sussultando al peso del nuovo volume che mi era appena stato scaricato fra le mani.

«Tu devi diventare una Cittadina» sentenziò il Maestro, «Devi proteggere questa città con la tua stessa vita. Per farlo, devi arrivare ad amare questa città... devi conoscerne la storia, gli abitanti, i segreti e le debolezze. La città deve diventare un'estensione del tuo corpo, e questo è ciò che io sono stato chiamato a fare».

Afferrò un altro tomo, dalla spessa copertina in cuoio scuro, e lo posò sulla torre di libri che già reggevo fra le braccia tremanti, dicendo: «Questo è uno dei più antichi, maneggialo con cura. Descrive l'era immediatamente successiva al Primo Fuoco».

«Cos'è il Primo Fuoco?» domandai, facendo una smorfia di dolore nel rendermi conto che i miei bicipiti non avrebbero retto a lungo.

Gli occhi azzurri del Maestro, di un bellissimo color zaffiro, si sgranarono sorpresi: «Non sai... cosa sia il Primo Fuoco? Il Principe ti ha forse tirato fuori da una miniera dell'Alsatsz?» domandò incredulo.

«Io...» esitai, rendendomi conto di quanto fosse dannatamente difficile rapportarmi con lui, «Io vengo dal Mondo al di là della Porta Meridionale, quello che fu invaso dalle fate di Finvarra millenni fa».

Il Maestro si bloccò come una statua di sale, fissandomi come se mi fosse spuntato un terzo occhio sulla fronte: «Per Solas» sbottò, ed io rimasi perplessa di fronte a quella a me sconosciuta espressione.

La fata si passò una mano fra i folti capelli biondo cenere: «Sarà più difficile di quanto pensassi, allora» borbottò fra se e se, poi si rivolse nuovamente a me: «Il Primo Fuoco segna la venuta degli Dei nel nostro mondo, l'inizio dell'Era Illuminata. Noi tutti siamo stati generati dal loro sangue immortale».

«E quanto... quanto tempo fa accadde?» domandai, cercando di dare un ordine cronologico a tutte le informazioni che mi stavano venendo fornite.

«Quattrocentonovantatre Fuochi Celesti fa» rispose il Maestro ed io mi volli strappare i capelli dalla testa. Non era la prima volta che udivo quell'espressione – Fuochi Celesti – ma non avevo la minima idea di che diavolo significasse.

«Cosa vuol dire?» domandai quindi, «Cos'è un Fuoco Celeste?».

L'espressione del Maestro si fece incredula, ma egli si limitò ad esalare un sospiro fiacco e rispose: «Gli Dei giunsero su questa terra con il fuoco delle stelle e, da quel momento, il tempo è scandito da questi eventi meravigliosi, che noi chiamiamo Fuochi Celesti. Anche se ormai gli dei sono tornati nelle loro dimore ancestrali, ci hanno lasciato in dono i Fuochi Celesti, che solcano le nostre notti per tre giorni e tre notti ogni volta che inizia un nuovo ciclo, illuminando il giorno e la notte con uno sciame di luci rosse che solcano veloci il mondo».

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