Marchiata

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Buonaseraaa!
Finalmente il capitolo tanto atteso... Anche se non sarà ciò che vi aspettate 😏
Buon sabato sera e buona lettura!

***

Un fiotto di acqua gelida mi si rovesciò in testa e scivolò lungo la mia schiena bollente.

Un lamento rauco mi sfuggì dalle labbra e l'assordante rumore del crepitare del fuoco fu sostituito da una voce: «Rowan? Rowan, mi senti? Fai profondi respiri, forza».

Inspirai e i miei polmoni bruciarono.

Sbattei le palpebre e la prima cosa che riuscii a mettere a fuoco furono i cocci rotti di una tazza, frantumatasi sul pavimento di legno ai miei piedi.

Sollevai lentamente lo sguardo dal liquido scuro che creava una pozza tutt'attorno alla ceramica frantumata e mi ritrovai a fissare un paio di occhi neri che appartenevano al viso paffuto di una bambina dai lunghi canini aguzzi.

Ara.

Mi guardai intorno e riconobbi anche la stanza in cui mi trovavo: era la sala dove Ara e la vecchia ci avevano offerto il tè, e i miei amici erano tutti seduti sulle panche di legno disposte attorno al tavolo.

«Cos'è... cos'è successo?» balbettai con voce rauca, «Dove sono i Maledetti?».

«Non c'è nessun Maledetto, Rowan» la voce morbida di Ara mi fece voltare lo sguardo su di lei.

«Li abbiamo uccisi? Tutti e tre?» domandai con voce rauca, schiarendomi la gola e deglutendo a fatica, come se avessi ingerito carta vetrata; nel mentre, mi passai una mano fra i capelli bagnati e lanciai un'occhiataccia all'umana che mi aveva rovesciato quella che sembrava essere un'intera bacinella d'acqua gelida in testa.

Il viso paffuto di Ara si distese in un sorriso che mise in mostra i suoi canini sottili: «Non c'era nessun Maledetto» ripeté, «Era tutta un'illusione».

«Un...» aggrottai le sopracciglia, «Un'illusione?».

I visi pallidi le espressioni stremate dei miei amici mi resero difficile credere alle parole della piccola fata.

«Sì, un'illusione» ripeté però la bambina, «Una mia illusione. Il mio tè è molto speciale» aggiunse poi, ridacchiando divertita.

Il mio cervello era troppo stremato per comprendere i significati sottesi fra le sue parole, così domandai: «Che significa? Chi sei tu?».

Il suo sorriso si allargò ulteriormente, assumendo fattezze quasi inquietanti: «Io sono la Veggente... e ti ho appena sottoposta alla Prova per diventare Cittadina della Città Sacra di Murias».

Strabuzzai gli occhi e cercai di processare le sue parole, fissandola con incredulità.

Osservai i suoi lineamenti infantili, i suoi riccioli neri lunghi e setosi, il suo corpicino sottile come un giunco, e osservai i suoi occhi... neri come la pece. Occhi così neri li avevo visti solo un'altra volta, su un'altra fata: erano gli occhi di Finvarra, occhi che avevano visto migliaia di anni, profondi come l'abisso e che nascondevano conoscenza e potere, oscurità e segreti.

«Sei come lui» mormorai, «Sei una Creatrice di Incantesimi» osservai, ricordando ciò che mi era stato detto a proposito del Sovrano delle Fate.

«Non proprio, ma ci vado vicina» rispose la piccola, ed io mi sentii una perfetta idiota nel non essermi resa conto che quel minuscolo corpicino non era altro che l'involucro perfetto per qualcosa di molto, molto più potente.

«Quindi era tutto... una finzione?» pigolai, e i miei occhi corsero su Grania. Il braccio che ero convinta di averle tagliato era perfettamente sano, ma la donna se lo reggeva spasmodicamente con l'altra mano, come se fosse terrorizzata all'idea che questo potesse scomparire da un secondo all'altro.

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