Nella Nebbia

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«Che diavolo sta succedendo?» piagnucolai, sentendo il cuore rimbombarmi nelle orecchie, addirittura più forte delle sirene che rimbombavano impazzite nella fortezza.

Improvvisamente, le mura esterne della città di Murias si illuminarono a giorno: grossi fuochi si accesero in tutte le torrette, talmente alti e luminosi da rischiarare la notte e, grazie al chiarore delle fiamme, riuscii a vedere una decina di sagome abbandonare il castello e dirigersi verso la città.

«Il Principe ha lasciato il palazzo» mormorai a Labhraidh, tenendo gli occhi incollati sull'alta e longilinea figura che sapevo appartenere a Domhnall.

«Sta andando verso quella... cosa?» domandò piano il mio migliore amico, con gli occhi sgranati fissi sulla nebbia che si faceva via via sempre più fitta.

«Pare di sì» mormorai, mordicchiandomi nervosamente un labbro.

La sirena cessò improvvisamente di suonare e Murias fu avvolta da una pesante coltre di silenzio. Per alcuni minuti non vi fu altro che una gelida quiete mentre la nebbia continuava ad avanzare, ammassandosi oltre le mura delle città, poi iniziarono le grida.

Urla disumane squarciarono la notte, seguite da ringhi animaleschi e feroci latrati, che mi fecero venire la pelle d'oca.

Rimasi immobile a fissare quella marea grigia vibrare e ribollire di creature estranee, con la mente in subbuglio e un insano desiderio di scoprire cosa diavolo si celasse sotto quella coltre, finché qualcuno bussò alla porta energicamente.

Sobbalzai e, guardinga, mi avvicinai all'uscio: «Chi è?» pigolai, cercando di spiare dal buco della serratura.

«Mia Signora?» domandò una musicale voce femminile, «Siete qui dentro?».

«Chi sei? Che vuoi?» domandai in un tono che mi uscì molto più secco e aggressivo di quanto avessi voluto a causa della paura che mi stava stringendo la gola.

«Il Principe mi manda per dirvi che...» la sua voce parve rompersi in un singhiozzo, «...che il palazzo è stato compromesso, mia Signora. Dovete assolutamente venire con me».

Sbattei un paio di volte le palpebre, incredula.

Deglutii sonoramente e domandai: «Dove... dove mi volete portare? Che diavolo sta succedendo?».

«Siamo stati attaccati dall'Orda, mia Signora; e lei ora mi deve seguire... tempestivamente» pigolò la donna al di là della porta, con la voce vibrante di paura.

Misi la mano sulla chiave della porta ma Labhraidh mi afferrò una spalla, fermandomi: «È sicuro?» mi domandò, con le scure sopracciglia aggrottate.

Feci spallucce: «Ne so quanto te. Se vuoi possiamo restare qui e aspettare...» esitai, e i miei occhi corsero alla finestra, oltre la quale si vedeva distintamente la fitta coltre di nebbia ispessirsi fino a raggiungere le cime dei pini più bassi.

«In realtà non ho molta voglia di scoprire cosa ci sia là dentro» ribadì lui, rabbrividendo e lasciando andare la mia spalla.

Aprii quindi la porta e mi ritrovai davanti una donna anonima con i ricci capelli biondo grano raccolti sopra la testa, in modo tale da mostrare le arrotondate – e umane – orecchie.

«Presto, mia Signora, venite con me» mormorò la domestica, affrettandosi lungo il corridoio con passi minuscoli e silenziosi.

«Dove stiamo andando?» domandai, guardandomi intorno con gli occhi grossi quanto due biglie, in cerca del minimo segno di pericolo.

«In un posto sicuro» mormorò quella, «Questa fortezza pullula di passaggi segreti e camere blindate, quindi ci nasconderemo in una di queste finché la minaccia non sarà passata».

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