Il mio cavallo nitrì spaventato, si impennò e venni disarcionata.
Volai a terra e il muschio fitto del terreno attutì la mia caduta, impedendomi di scorticarmi le ginocchia. Tutt'intorno a me impazzavano sibili di frecce, urla di battaglia e grida terrorizzate ed io, confusa e incapace di comprendere cosa diavolo stesse succedendo, strisciai nel sottobosco cercando di mettermi al riparo. Persone correvano ovunque, i cavalli scalciavano e menavano fendenti con gli zoccoli e tutto quello a cui io riuscivo a pensare era raggiungere il bosco per potermi nascondere dietro un tronco.
Qualcosa mi afferrò una caviglia, ed io mi sentii trascinare all'indietro.
«Dove pensi di andare, puttana?» gracchiò una voce alle mie spalle, e il terrore mi infiammò le vene. Iniziai a dimenarmi, scalciando nel vano tentativo di liberarmi della ferrea presa del mio assalitore, ma quello non mi mollò, anzi: mi rifilò una poderosa pedata nelle costole ed io rotolai ai suoi piedi, inerme.
Il dolore esplose in tutto il mio corpo e per diversi secondi fu talmente intenso da impedirmi di respirare: boccheggiai in cerca d'aria, piegata in posizione fetale, con gli occhi sbarrati e le lacrime che colavano copiose dagli occhi.
Quando infine riuscii a prendere fiato di nuovo, sollevai lo sguardo sul mio assalitore e mi sorpresi non poco nel rendermi conto che si trattava di un umano: aveva le orecchie arrotondate e una corporatura massiccia, una lunga barba nera e crespa e le gote di un rosso quasi violaceo.
Una furia cieca mi pizzicò i palmi delle mani: «Non mi toccare» ringhiai, socchiudendo quindi gli occhi per evocare le fiamme che sapevo sarebbero state in grado di incenerirlo.
Udii però il rumore di una spada che veniva estratta dal fodero e, terrorizzata, mi resi conto che la mia magia era scomparsa e che non avevo... non avevo alcun modo per difendermi dall'uomo.
Lo vidi torreggiare su di me con la lama sguainata, vidi l'odio bruciargli lo sguardo e un ghigno di trionfo incurvargli le labbra nel vedermi inerme ai suoi piedi.
«Ti prego, ti prego!» piagnucolai, cercando di strisciare nel muschio, lontano da lui.
L'umano, però, non si lasciò intenerire dalle mie implorazioni: abbassò la lama su di me e me la puntò fra i seni, pungolandomi lo sterno fino a farmi comparire un'umida macchia rossa sulla camicia di lino che indossavo.
Un guaito animalesco mi sfuggì dalle labbra, a metà fra un'implorazione e uno squittio terrorizzato, ma, prima che potessi sentire la spada affondare nella mia carne e porre fine alla mia vita, la mia intera visuale fu interamente occupata da un ammasso di pelo lucido e nero.
Un ringhio ferino riverberò dentro le mie ossa e uno zampillio di sangue caldo mi schizzò in volto, colandomi fra i capelli e sui vestiti.
Un'enorme belva nera aveva azzannato il mio assalitore e, con un orrendo scricchiolio di coste e di tessuti che venivano maciullati, ne stava smembrando il corpo.
Desiderai poter urlare, ma il terrore mi aveva attanagliato a tal punto che la voce mi era rimasta bloccata in gola. Trattenendo il conato di vomito che minacciava di farmi rigettare la colazione, indietreggiai a carponi nell'erba senza distogliere gli occhi dalla bestia di fronte a me, intenta a sbranare i resti dell'umano.
«Ritiratevi, via! Via!» sentii strillare in tono concitato e, guardandomi intorno con gli occhi sgranati dal terrore, vidi alcuni umani retrocedere fra gli alberi.
«Torneremo per te, puttana!» minacciò qualcuno, ma la sua voce fu soffocata dal ringhio animalesco della belva dal pelo nero, che riverberò nella foresta come un macabro avvertimento.
Vidi i muscoli della creatura tendersi e l'essere spiccò un balzo in avanti, addentrandosi nel bosco per inseguire i nostri assalitori. Udii grida di terrore e colonne vertebrali spezzarsi, poi ci fu il silenzio.
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Terre Lontane
FantasyTerzo volume, seguito di "Sangue di Discendente". *ATTENZIONE, SPOILER SUL SECONDO LIBRO!* Le fate sono evase dai Tumuli. Rowan O'Brien, insieme ai tredici clan di streghe, è costretta a lasciare la sua amata Irlanda e ad affidarsi alla Fenice, la q...