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Da due settimane, la vita di Miranda si basava su un unico colore, il nero.
Prima di allora, non si era mai chiesta come, la sua vita, sarebbe stata senza Charles.
Senza i suoi occhi.
I suoi baci.
Le sue carezze.
La sua presenza.
Niente aveva più senso senza di lui.
Le sue giornate erano monotone, impresse dalla preoccupazione e dai sensi di colpa.
La maggior parte delle ore le passava in ospedale affianco a quel letto.
Quel letto in cui "riposava" il corpo del ragazzo che amava.
Erano passate due settimane.
Due settimane dal giorno del matrimonio della sua migliore amica.
Due settimane da quando Charles respirava appena autonomamente.
Due settimane da quando era stato indotto in coma farmacologico.
Quello non era il suo destino.
Quella pallottola era destinata a lei, Camilla voleva ammazzare lei e quella creaturina che piano piano cresceva in lei.
Miranda ogni giorno si sentiva in colpa per quello che gli era successo.
Ogni giorno.
Ogni ora.
Ogni minuto.

Le notti le passava insonni.
Delle volte si svegliava di soprassalto perché sognava quel giorno.
Sognava le urla.
Sognava il sangue.
Sognava il suo volto, il suo bellissimo volto e i suoi occhi.
Occhi verdi lucidi.
Vetri pronti a spezzarsi in mille pezzi.

Miranda non si riconosceva più, viveva nell'apprensione e legata ad un filo.
Il filo della speranza.
Sperava che un giorno si sarebbe risvegliato ma per il momento non c'erano miglioramenti.

La pallottola si era conficcata tra il polmone destro e il fegato; per fortuna non aveva riportato danni troppo gravi ma nonostante questo sarebbe servito comunque del tempo per guarire.
A questo si aggiungevano poi i commenti e l'apprensione delle persone.

"Vai a casa Miranda, ci sono io qui"

"Devi riposare, non fa bene alla gravidanza"

"Vai a casa, hai il viso stanco e il bambino ne può risentire"

Vai a casa Miranda, fai questo Miranda, non stancarti troppo Miranda.
Erano tutti ordini a cui lei non dava ascolto.
"Casa" significava Charles e senza di lui quell'appartamento era tutto tranne che una casa.
Era un edificio in cemento delimitato da quattro fredde mura.
Non si sarebbe mai mossa da quell'ospedale.
Doveva stare con lui, potergli accarezzare le mani cercando di dimenticare il ricordo di quel giorno.

*

Fu proprio quando Camilla caricò la pistola, pronta per spararle che qualcuno la chiamò.
Quella voce l'avrebbe riconosciuta anche nel mezzo di un concerto, circondata da persone che le urlavano nelle orecchie.
Con il suo corpo si mise tra la pistola e Miranda stessa.
Le fece da scudo, ma subendone il colpo.
Si accasciò a terra così come la pistola che poco prima Camilla aveva in mano, un tonfo.
Miranda delirava, Charles era disteso con la testa appoggiata sulle sue gambe, con il sangue che mano a mano che il tempo passava, creava una pozza sempre più grande.
Una pozza sempre più rossa.

"Andrà tutto bene..."
Disse roco con la voce spezzata dal dolore.
"Mi dispiace così tanto, così tanto..."
Miranda non sapeva che dire se non urlare in preda al panico e chiedere aiuto.
Camilla era scappata.
Fuggita cone una codarda.
Una vigliacca.
Lasciandoli lì, tra l'agonia e il panico.
Si tenevano le mani, Miranda gli accarezzava la fronte e nel frattempo sperava in un miracolo.
In un miracolo perché la loro storia non poteva finire così.
Loro non erano destinati a questo.

*

"Ehi tutto bene?"
Chiese Carlos porgendole un bicchiere contente dell'acqua.
"Si..."
Disse lei a voce bassa.
Carlos la squadrò e poi disse:
"Non lo so Miranda, non sei tu. Hai il viso pallido e lo sguardo perso"
"Come dovrei stare?"
Chiese aspra.
Carlos non rispose.
"Dovrei essere felice perché non so se Charles ce la farà? Non so se questo bambino conoscerà mai il padre e onestamente non so a cosa altro pensare"
Adesso delirava.
Le lacrime cominciarono ad uscire nuovamente ma ormai lei era abituata.

seventeen // charles leclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora