49 - La minestra fa bene

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Dopo quell'episodio sfiancate sulle scale del mio palazzo, mi sentivo stanca come se avessi fatto quei gradini mille volte, ma le parole di Lina mi risuonavano ancora nella testa, e questo era sufficiente per non farmi cadere totalmente.

Com'era possibile che tutto il tempo lontano da mia madre mi avesse cambiato, ma era bastata una sua apparizione per farmi regredire al punto di partenza?

E com'era possibile che lei, sangue del mio sangue, non fosse capace di capirmi da una vita intera, mentre una vecchia vicina di casa conosciuta qualche mese prima, riuscisse a farlo, persino meglio di me?

Non potevo rispondere a queste domande e nemmeno a tutte le altre che affollavano la mia testa, ma di una cosa ero certa, non avrei più trovato il coraggio di presentarmi davanti alla porta di Guido per aprirgli il mio cuore.

O almeno, forse serviva un altro tuffo nel vuoto, ma non mi sentivo pronta a compierlo.

Quindi mi limitai a fare ciò che avevo fatto bene per tutto quel tempo, ovvero evitarlo. Mi sentivo tremendamente codarda, ma non potevo fare altrimenti, il mio corpo e la mia mente non me lo permettevano.

Non avevo il controllo di nulla, nemmeno dei miei pensieri, così cercai di tenermi occupata il più possibile, lavorando anche ore extra e pulendo casa di Lina anche quando non era necessario.

Uscii diverse volte con Nicola, Lorenzo e Federica, dal momento che non era più una mia rivale, avevo scoperto che mi stava pure simpatica e parlavamo sempre molto di moda, anche se lei non aveva il mio stesso punto di vista.

Guido aveva provato a contattarmi un paio di volte tramite messaggio e, le rare volte che ci incontravamo per le scale, tentava di propormi uscite casuali, o di fare conversazione, ma io riuscivo sempre a defilarmi, non senza tremendi sensi di colpa.

Mi ripetevo sempre che dovevo porre fine a quella situazione, dargli una risposta definitiva, che fosse positiva o negativa.

Ma non potevo dirgli sì.

Eppure non volevo nemmeno dirgli no.

Quindi restavo in bilico, come su quel trampolino di lancio, pronta a spiccare il salto nel vuoto, le punte dei piedi appena oltre il bordo, ma la pianta ben saldata sul cemento. Mi serviva forse una spinta per buttarmi?

Quel pomeriggio avevo bevuto del tè con la signora Lina e lei mi aveva dato una copia delle chiavi del suo appartamento, sostenendo che se mia madre fosse tornata a spaventarmi, almeno avrei avuto un posto dove rifugiarmi.

Le accettai senza troppe esitazioni, l'odore di spezie che aveva quella casa ormai lo riconoscevo come un luogo sicuro, l'unico nel quale il mio tormento trovava un attimo di pace.

Io e Lina superammo insieme la porta d'ingresso e ci fermammo a parlare sul pianerottolo mentre lei girava la chiave nella serratura.

Doveva andare a fare una commissione quindi il nostro tempo insieme per quel giorno sarebbe stato un po' più breve del previsto, e mi sorpresi a sentirmi dispiaciuta.

Sarà anche stata una pettegola senza speranza, ma non mi importava. Mi importava avere la sua compagnia.

Lina si avviò per le scale che portavano al piano di sotto e, girandosi leggermente verso di me, disse: "E ricordati di non mangiare sempre cibo precotto, vieni a cena da me quando non hai voglia di cucinare"

"Promesso" replicai con un sorriso, stando ferma sul pianerottolo mentre lei si allontanava "basta che non ci sia la minestra"

"La minestra fa bene per la pelle, cara" sentii l'eco della voce dell'anziana lungo le scale, poi rimase solo il rumore dei suoi passi che avanzavano lentamente, finché anche questi devennero deboli e poi scomparvero del tutto.

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