18 - Apri gli occhi

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Non potevo farcela assolutamente!

Eravamo arrivati a destinazione e io avevo smesso di sentire il mio cuore battere, tanto ci trovavamo in alto. Prima avevamo percorso con la macchina una strada in salita, poi eravamo giunti davanti a un edificio nel quale c'erano gli addetti alla sicurezza che ci avevano imbracato, fatto firmare una serie di documenti e  ci avevo spiegato alcune norme importanti.

Infine avevo pagato centoventi euro e mi ero ritrovata a percorrere un ponte per raggiungere la cabina dalla quale mi sarei dovuta buttare.

Sentivo di essere nel posto sbagliato, ma mi ero spinta troppo oltre per tornare indietro, quindi non potevo fare altro che avanzare.

Raggiunsi la metà del ponte e quindi la piattaforma di partenza, diversi tecnici stavano sistemando i cavi da agganciare alle nostre imbracature, così ne approfittai per sbirciare intorno a me e prepararmi psicologicamente.

Le parola di Guido mi tornarono alla mente: guarda avanti.

Perché ci pensavo in un momento del genere? Rivolsi la mia attenzione al panorama che avevo di fronte e rimasi stupita da quanto fosse bello.

C'era una distesa di verde racchiusa tra le montagne che spiccavano più alte, in contrasto con il cielo azzurro illuminato da sole, ma quando abbassai lo sguardo verso il basso, la sensazione di pace che stavo provando svanì completamente e impallidii... era veramente alto. Troppo alto.

"È un vero spettacolo" commentò Nicola, improvvisamente apparso al mio fianco, con gli occhi fissi all'orizzonte.

Annuii senza aggiungere altro, sembrava quasi che la mia bocca si fosse seccata e non riuscivo più a capire quale fosse il mio stato d'animo.

"Hai paura?" continuò il ragazzo, notando un leggero tremolio delle mie spalle.

Scossi la testa con poca convinzione, era il meglio che potevo fare in quel momento e detestavo non riuscire a mostrare maggiore sicurezza.

Nicola rimase qualche secondo in silenzio a osservarmi, poi si sporse leggermente in avanti per guardarmi in faccia e propose: "Ci buttiamo insieme?"

Girai di scatto la testa verso di lui e chiesi: "Si può fare?"

Non volevo rinunciare a buttarmi, ero troppo orgogliosa per farlo, ma sapevo che non sarei mai riuscita a spiccare quel salto se mi fossi trovata sola su quella piattaforma. Forse Nicola era la spinta che mi serviva.

"Se vuoi, si può fare" spiegò lui con un sorriso e non ci fu bisogno di una mia risposta, lui posò i suoi occhi nei miei e capì che era quello cui avevo bisogno.

Mi prese per mano con delicatezza e mi guidò verso i tecnici dicendo: "Andiamo noi per primi, insieme"

Ci agganciarono per le caviglie e mi ritrovai in piedi con la schiena rivolta verso l'orizzonte e i piedi sull'orlo della piattaforma, mentre Nicola mi sovrastava con la sua altezza, dritto di fronte a me. Stava finendo di sistemarsi l'imbracatura e aveva la testa chinata verso il basso per controllare che fosse tutto a posto.

Si era buttato così tante volte che ormai era un esperto, perciò mi fidai di lui e lasciai che controllasse anche le mie protezioni. Quando tutto fu pronto, i tecnici ci diedero il via libera per andare, ma noi restammo ancora un attimo fermi dove eravamo.

Nicola si avvicinò a me e mi avvolse con le sue braccia muscolose, facendo aderire i nostri corpi l'uno contro l'altro, poi spostò una mano dietro la mia testa e avvicinando la sua bocca al mio orecchio sussurrò: "Non pensare e niente, lasciati andare"

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