«Penso che il fusto sia arrivato» mormora Eddie, provocandomi una sonora risata.
«Sì, vado a controllare» nel pronunciare queste parole, mi alzo, raggiungendo la porta che ci divide dall'ambiente esterno.
Lancio una veloce occhiata alla finestra posta accanto l'entrata, non scorgendo nessun particolare rilevante data l'intensa oscurità.
Decisa, prendo la maniglia, tirandola verso di me e aprendo la porta.
Faccio qualche passo in avanti, uscendo dal capannone.
Il freddo di marzo mi attanaglia, perforandomi le ossa. Spontaneamente, mi porto le mani sugli avambracci, cercando di scaldarmi.
Il vento, poi, non è di aiuto. I capelli mi sfiorano il viso, offuscandomi la vista. Da tempo che mi riprometto di accorciarli, data l'improponibile lunghezza che hanno raggiunto, ma ancora non ho trovato la voglia, e forse non la troverò ancora per un po'.
«Ma dove diavolo...» sussurro, non vedendo neanche un'ombra intorno alla mia figura.
Mentre sto per rientrare, abbastanza confusa, due mani si posano sui di me, di cui una sul fianco e l'altra sulle labbra, impedendomi di tirare un urlo.
Il mio cervello si blocca per quelle che mi sembrano ore, non riuscendo più a ragionare lucidamente.
«Nina, Nina sono io! Sta' calma» al sentire la voce di Steve contro il mio orecchio, quasi svengo dal sollievo.
Mi lascia lentamente andare, e come un fulmine mi giro verso di lui, colpendolo in pieno petto.
«Ma sei fuori di testa, Harrington? Cosa diavolo ti salta in mente!» quello che esce dalle mie labbra assomiglia ad un urlo strozzato, dato il nostro compito di far silenzio, ma non riesco a trattenermi.
Ho perso, letteralmente, dieci anni di vita.
«Perché diavolo tu, sei uscita? Volevi diventare tutto ad un tratto un'eroina? Ti avevo detto di rimanere dentro con Munson» i nostri sguardi sono incatenati e ci troviamo a pochi centimetri dall'altro.
«Io sono uscita qui fuori per cercare te, Steve, dato che il tuo arrivo si è sentito a chilometri di distanza. Ma va bene, sono una finta eroina del cazzo» sputo quelle parole in modo da imprimerle nella mente del moro, allontanandomi gradualmente.
Mentre sto per girarmi, però, sento la sua mano cingere il mio polso, mentre mi tira in un abbraccio.
Lo sento emettere un sospiro, per poi iniziare a parlare: «Scusami, Nina, sono nervoso e stanco, e non ho dato peso alle mie parole. Non volevo spaventarti» nel dirlo, mi posa un bacio sulla nuca, facendomi rilassate impercettibilmente.
Per quanto possa farsi odiare, questo ragazzo è una calamita per la mia persona.
Senza tornare sull'argomento, gli lascio un buffetto tenero sulla spalla e, dicendo «Torniamo dentro, Harrington», mi distacco, avviandomi verso il capannone, seguita da Steve.Varcata la soglia, notiamo la figura di Eddie nello stesso posto dove lo avevamo lasciato, soltanto che adesso ci fissa curioso, pronto a parlare.
«Stavo pensando,» inizia, muovendosi per alzarsi, «potremmo andare in casa, Rick dovrebbe essere in prigione ora, quindi si pensa che la casa sia vuota e nessuno verrà a cercare qui. Anche perché il mio fondoschiena sta chiedendo pietà» alla proposta di Eddie, annuisco freneticamente, volendo dormire su, almeno, un materasso decente.
Dopo attimi di esitazione, vedo annuire anche il moro.
«Sì, non è male come idea. Andiamo» Steve ci osserva, e una volta dietro di lui, ci avviamo insieme nella villetta a pochi passi da noi.«Ci siamo già visti noi, in realtà, sai» al sentire la voce di Eddie, mi giro di scatto verso di lui, non capendo a cosa si stesse riferendo. Steve, nel frattempo, è a pochi passi davanti a noi.
«Ci siamo già visti?» chiedo, abbastanza confusa.
«Non ti ricordi?» mi guarda, sorridendo impercettibilmente.
«No... Mi dispiace» scuoto la testa, sentendomi tremendamente in colpa. Come posso non ricordarmi di aver già visto Eddie Munson?
«Scuola media, festa di fine anno, c'era quel talent, che avevano allestito... Tu avevi presentato un esperimento di chimica, io suonavo con la mia band-» lo blocco, illuminata d'improvviso.
«Bara Acida!» quasi urlo, ripescando i ricordi delle scuole medie.
Lui sorride ampiamente, guardandomi e ridendo.
«Sì! Proprio noi»
«Come potrei dimenticare un nome così assurdo» chiudo gli occhi, ridacchiando.
«Forse sei una svitata anche tu, dopotutto» mi dà un colpetto con la spalla, finendo a sogghignare assieme.
«Eri così...» mi blocca, «Diverso? Sì, avevo la testa rasata e non avevo tutti questi magnifici tatuaggi» mi indica il petto con la mano sinistra, sporgendosi verso di me.
«Se è per questo, però, anche tu eri molto diversa» aggiunge poi.
«Ti prego, ricordo il mio aspetto in quegli anni, e non voglio tirarlo fuori» rido, guardandolo.
«Non credevo che la sorella di Dustin Henderson fosse proprio quella bambina che aveva fatto esplodere il suo recipiente di sostanze al talent della scuola media» scuote la testa, «però mi avevi colpito, sei stata tenace» con le labbra già pronte a produrre un suono, non riesco però a rispondergli, dato che Steve, con non poca delicatezza, spalanca la porta di ingresso, intimandoci di entrare velocemente.Sorpassata la soglia, mi precipito sul divano, stravaccandomi completamente.
«Dio, sembra che non dorma da giorni» mormoro, passandomi una mano sul viso.
«Io vado a cercare una stanza, riposatevi, domattina dobbiamo decidere come muoverci» detto ciò, la figura di Steve si dilegua, lasciando me e Munson in salotto.
Lo vedo avvicinarsi ai fornelli, cercando qualcosa.
«Se ti servono delle cose, come cibo o acqua, domani andiamo a procurartele» affermo, osservando i suoi movimenti.
Lui si gira, tentennando prima di rispondermi.
«Sì, qualcosa, in effetti, mi servirebbe. Ma ci pensiamo domattina» chiude le ante, raggiungendomi sul divano.
Io mi sposto leggermente, facendogli spazio.
Evito i suoi occhi, sentendomi estremamente imbarazzata, in questo momento.
«Allora... Posso farti una domanda?» alzo finalmente lo sguardo, fissandolo curiosa.
«Certo» mi sistemo, come per ascoltarlo meglio.
«Da quanto va avanti questa... Storia? Sì, intendo, dei mostri di questo mondo parallelo» si tira indietro i capelli, guardandomi interrogativo.
Il sospiro che lascia le mie labbra vale più di mille parole. I ricordi, uno dopo l'altro, iniziano a prendere possesso del mio cervello, causandomi uno stato di agitazione.
«Tutto...», un respiro, Nina, «Tutto è cominciato nell'83, quando un amico di mio fratello è scomparso. Da quel momento le nostre vite hanno assunto una piega a dir poco drammatica. Siamo stati aiutati nel ritrovarlo da una ragazzina, diventata molto importante per noi, con dei particolari poteri. Solo che queste creature si sono ripresentante, ogni anno. L'estate scorsa, durante l'incendio allo Starcourt...» mi blocco, facendo fatica a portare a galla soprattutto quei ricordi, «abbiamo perso due persone importanti... È stato un incendio generato sempre a causa di questo mondo, sconfinato nel nostro. Pensa che c'erano di mezzo anche i russi, e Steve e Robin ne sono finiti prigionieri per delle ore» scuoto la testa, cercando di scacciare quelle immagini.
Eddie non fiata, ascoltandomi in silenzio.
«Dannazione, è peggio di quello che immaginavo» mormora. Sento i suoi occhi su di me, ma non ho il coraggio di alzare i miei.
Inizio a sentire un formicolio alla base dei piedi, e percepisco di star sudando freddo.
Nel giro di pochi secondi, elaboro di star per avere uno dei tanti momenti "no" che curavo con l'erba. Ma che adesso non ho.
Di scatto, mi alzo dal divano, raggiungendo il piano cottura e avvicinandomi al lavandino.
Estraggo dalla tasca posteriore dei jeans i miei ansiolitici, che porto sempre dietro in caso di emergenza.
Nel giro di pochi secondi, dopo aver preso una manciata d'acqua dal rubinetto per aiutarmi nell'ingerirle, le ho buttate giù.
Chiudo gli occhi, appoggiandomi al ripiano e facendo respiri profondi.
Non mi rendo nemmeno conto che Eddie mi ha raggiunto, fin quando non sento la sua mano appoggiarsi sulla mia spalla.
«Nina... Ehi, stai bene?» come un fulmine, rimetto tutto a posto, riportando le mie "compagne di avventure" nella mia tasca.
«Sì... sì. Perdonami, Eddie, ma sono stanca. Credo che andrò a dormire. Buonanotte» senza guardarlo negli occhi, mi dileguo, andando dall'unica persona che riesce a calmarmi quando non c'è Robin: Steve.Silenziosamente, apro qualche porta, prima di trovare il mio obiettivo.
Scorgo la figura del moro distesa a pancia in giù, con un braccio sotto il cuscino e l'altro sopra, come se lo stesse abbracciando.
Sorrido alla scena che mi si presenta davanti, avvicinandomi lentamente e, senza fare rumore, mi accovaccio davanti il suo viso, scuotendolo leggermente da una spalla.
«Steve... Steve, sei sveglio?» in risposta, vedo il moro strofinarsi gli occhi, emettendo dei sonori mugolii.
«N-Nina? Tutto bene? È successo qualcosa?» al vedermi così turbata, scatta seduto, cercando di svegliarsi velocemente.
«Sì, è tutto apposto... Solo, posso dormire con te?» senza aggiungere altro, vedo Steve capire al volo il motivo della mia richiesta e, senza farselo ripetere due volte, si sposta, battendo una mano sul materasso.
«Vieni qui» sussurra, e io mi stendo, togliendomi velocemente le scarpe.
Senza dire altro, ci accovacciamo, con il mio viso appoggiato alla sua maglietta. Mi circonda con un braccio, e non posso che rilassarmi minuto dopo minuto, iniziando a sentire la pesantezza dei miei occhi.
Nel momento in cui ho completamente perso la lucidità, sento mormorare qualcosa, al mio orecchio, da Steve, ma ormai sono caduta nella fase profonda del mio sonno, e non faccio caso a ciò che possa aver detto, perdendomi nell'oscurità della mia mente.
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Me, You and the Upside Down || Steve Harrington
FanfictionLa vita di Nina Henderson non era mai stata così tanto complicata; viveva tranquillamente i suoi anni nella cittadina di Hawkins, badando a suo fratello e facendo ciò che qualsiasi adolescente avrebbe fatto. Tutto questo prima del 6 novembre 1983, i...