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Una stupida partita nella mia stupida e vecchia scuola in cui avrei preferito non rimettere piede.
Robin è nella banda e Steve è con una ragazza, una delle tante con cui vorrebbe instaurare un legame ma che puntualmente non rappresenta pienamente ciò che lui cerca. Un circolo vizioso insomma. E io ci sto andando da sola, solo perché mi hanno chiesto in modo non così tanto gentile di parteciparvi.
Inutile dire che, in questo momento, preferirei che un demogorgone mi staccasse la testa.

Non capisco cosa ci sia di così eclatante nel fare da spettatori a dei ragazzini che cercano di centrare una cesta appesa ad un muro con una palla. Ma forse sono io a farmi troppe domande.

Parcheggio velocemente nello spazio adiacente all'edificio, scendendo dall'auto e aumentando il passo, dato il mio già dilagante ritardo.

Quando oltrepasso le porte principali, avverto in lontananza gli schiamazzi del pubblico, alzando automaticamente gli occhi al cielo.
Dio, chi me lo ha fatto fare.
Cerco di dirigermi con passo abbastanza spedito verso la mia meta, d'altronde prima arrivo prima finisce no?
Non riesco nemmeno ad auto convincermi da quanto suona stupida come affermazione.

Spalanco le porte, entrando nella vasta stanza che ospita il campo da Basket, protagonista delle mie migliaia ore di educazione fisica passate a inventare scuse con il Professor Komsky.
Davanti a me, a pochi passi, osservo la figura di spalle di quella che riconosco come Nancy Wheeler, insieme ad un ragazzo.

«Nance!» urlo, cercando di sovrastare i rumori.
La ragazza si gira, guardandomi e spalancando le labbra in un sorriso.
Non ci vediamo da un po' di tempo, nonostante l'essere entrambe abitanti della stessa città.
Siamo sempre state amiche, non così strette da vivere in simbiosi ma nemmeno da ignorarci completamente.
In caso di necessità, sappiamo sempre di poterci chiamare.
«Non credo ai miei occhi! Nina, sei proprio tu? Cosa ci fai qui?» corre ad abbracciarmi, lasciando perdere momentaneamente i preparativi per l'inizio della partita.
Essere tra le braccia di una persona amica non è mai così male, sebbene il contatto fisico non sia tra le mie principali dimostrazioni di affetto preferite.
«In carne ed ossa, Nance, e non so nemmeno io cosa ci sto facendo qui, ma Steve mi ha praticamente costretto, quindi eccomi qui» mi allontano per poterla osservare, notando un mutamento nel suo sguardo, impercettibile, ma non ai miei occhi.
«Non siamo mai stati insieme, Nancy, e non lo siamo nemmeno ora, se è questo che stai pensando» cantileno, attirando la sua attenzione.
«Cos- No! No, non so a cosa tu ti stia riferendo, ne abbiamo già parlato anni fa, non ci sono mai stati problemi da parte mia, lo sai» risponde frettolosamente, evitando il mio sguardo, «comunque sono contenta tu sia venuta, ti fa bene un po' di aria diversa da quella di quel negozio» afferma, dandomi un buffetto tenero sulla spalla, facendomi sorridere.
«E a te farebbe bene uscire da quel posto dove fate il giornalino scolastico» al termine della mia frase i giocatori della squadra della Hawkins High School e della scuola avversaria entrano in campo, facendoci portare la nostra attenzione su di loro.

Scorgo la figura di Lucas Sinclair, che incrocia il mio sguardo e mi manda un invisibile saluto, a cui ricambio con un sorriso.
Lo vedo scorrere con gli occhi su tutto il perimetro degli spalti, cercando persone che non ci sono: Mike Wheeler, Dustin e Max Mayfield.
Un sorriso amaro mi contorna le labbra al pensiero della ragazza, che dalla morte del fratello non è stata più la stessa. E non la biasimo, la morte di Billy avrebbe traumatizzato chiunque, soprattutto una sorella che assiste alla morte del fratello.

La partita inizia, io mi appoggio al muretto che regge gli spalti della palestra, cercando di prestare attenzione.
Scorgo le figure di Robin e Steve sugli spalti alla mia sinistra, i quali vedendomi mi lanciano un cenno col capo.
Inutile dire che la mia pazienza sta lentamente scivolando via dal mio corpo, così come i miei sbadigli, sempre più numerosi.

Poco prima della fine della partita, ormai stanca e senza nemmeno più Nancy, decido di uscire dalla palestra. Ho letteralmente bisogno di staccare la spina da questa stanza.
Quasi correndo, spalanco le porte della scuola, uscendo all'esterno.
Riempio di aria i miei polmoni, cercando di rilassarmi.
Estraggo, quasi con un movimento naturale per via dell'abitudine, il mio pacchetto di sigarette, portandomene una alle labbra.
Accendo e aspiro, chiudendo gli occhi.

Credo che la notte sia uno dei miei momenti preferiti. Così silenziosa, che, se potesse parlare, avrebbe da raccontare cose che nessuno crederebbe. Un momento che rappresenta quasi uno stallo tra il prima e il dopo, giorni nuovi che però portano dietro sempre la stessa solfa.
Sospiro, appoggiandomi al cofano di una macchina parcheggiata lì davanti.
Decido che attenderò l'uscita di Steve e Robin qui, senza rientrare, dato che non resisterei un minuto di più in quell'ammasso di persone.

Giro lo sguardo intorno a me, con un silenzio assordante che mi fa da contorno. Dall'interno della scuola arrivano suoni ovattati, le mura non permettono la loro fuoriuscita e le ringrazio per questo.
Mi chiedo dove sia finito Dustin, dato che non lo sento da questa mattina e l'unica cosa che so è che dovesse fare quella specie di torneo. Con Eddie Munson.
Conosco Eddie da quando andavo al liceo, o meglio, io lo conosco, lui al tempo no, e penso che ora sappia solo che sono la sorella maggiore e pesante di Dustin, ma questo poco importa. Sempre che poi Dustin gli abbia detto di avere una sorella.
Il problema è che quel ragazzo, quel benedetto "svitato", come sono soliti chiamarlo tutti quei imbecilli della scuola, è diventato un chiodo fisso nel mio cervello. Sarà per il suo atteggiamento da anticonformista o qualsiasi cosa si porti dietro, mi ha completamente ammaliato. Un po' come fece anni fa il mio caro amico Steve Harrington, che mi sta venendo incontro in questo momento, con alle spalle tutta la gente presente alla Hawkins High School che festeggia per una, presumo, vittoria.
«Nina giuro che lo sapevo di averti vista uscire! Non ci fosse mai una volta che finisci una partita» sbuffa raggiungendomi, mentre io lo guardo con un ghigno stampato sul viso.
«Com'è andata con la biondina?»
«Ha detto che Tammy Thompson ha una voce meravigliosa, tanto basta a farmi capire che non possiamo intraprendere una relazione» scoppio a ridere non appena conclude la frase, ricordando tutte le volte che abbiamo imitato la voce da Muppet che, secondo Steve, si ritrova.

Sto per rispondere quando, in lontananza, vedo mio fratello insieme a Mike, Erica Sinclair e altri ragazzi, presumo appartenenti all'Hellfire.
«Non ci posso credere, sono andati dalla sorella di Sinclair» Steve mi guarda sogghignando, prima di rispondermi a sua volta, «Me lo sentivo, erano davvero disperati».
Ci guardiamo per pochi secondi, butto la sigaretta ormai finita e ci avviamo poi a passo spedito verso i ragazzi, che stanno ridendo per qualcosa che non voglio sapere.

«Ciao Henderson, ragazzi» Steve si allunga verso mio fratello, scambiandosi una specie di saluto, e fa un cenno col capo agli altri, di cui copio le mosse.
«Nina, non serviva che facessi quello che ti ho suggerito stamattina, l'abbiamo trovata una sostituta» ride mio fratello, guardandoci con occhi furbi.
Ammetto di non aver capito subito, ma appena mi rendo conto di ciò a cui sta alludendo, strabuzzo gli occhi, prendendolo per un braccio.
«Ragazzi noi ce ne andiamo, Dustin ha deciso di tornare a casa senza arti» affermo, aggiungendo poi «Steve, salutami Robin. E tu, Mike, Nancy», prima di trascinarlo via con un sottofondo di risate.

Dopo un breve tragitto, arriviamo alla macchina e saliamo al suo interno, allacciandoci entrambi la cintura.
Prima che nostra madre possa darci per dispersi, metto in moto, prendendo la strada che ci porterà diretti verso casa.
«L'hai presa molto sul personale, sorellina» sento ghignare Dustin, al quale lascio un pugno molto leggero sulla spalla.
«Vedi di smetterla se non vuoi davvero ritrovarti abbandonato sul ciglio della strada» gli rispondo, girando per un breve attimo lo sguardo verso di lui, in modo da fargli percepire la mia espressione di fuoco.
Lui continua a sogghignare, provocandomi ancora più fastidio.
Viviamo in una bolla di odio e amore, noi due.
«Hai finito?» esclamo, tenendo gli occhi fissi sulla strada, ormai vicini a casa.
«Rido solo perché siete così ciechi da non rendervi conto di essere ancora presi l'uno dall'altro» afferma, girando lo sguardo contornato da un sorrisetto furbo verso di me.
Io, nel frattempo, parcheggio davanti il nostro vialetto, spegnendo il motore.
Prima di scendere, però, sbuffo, guardando mio fratello che sta ancora aspettando una mia risposta alla sua provocazione.
«Tu, invece, vivi nel mondo dei My Little Pony, fratellino» e, senza aggiungere altro, esco dall'auto, avviandomi alla porta d'ingresso seguita dagli incessanti borbottii di Dustin.
Vivere con i fratelli Henderson non è affatto stressante, rettifico.

Me, You and the Upside Down || Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora