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«Ehi, Dustin. Qui è Eddie, l'esiliato. Ci sei?»
Il mio cervello non riesce ancora a connettere completamente. Sento da lontano una voce, familiare, ma non riesco a capire di chi si tratti.
La mia mente è ancora legata al mondo dei sogni, e i miei occhi non ne vogliono sapere di aprirsi.
«Dustin, mi senti?» la voce continua ad arrivarmi alle orecchie, emessa dalla radiolina lasciata probabilmente sul tavolino di fronte ai divani della taverna dei Wheeler.
«Dustin?» come una cantilena il suono persiste, e mi costringo ad aprire finalmente gli occhi, alzandomi di scatto. È Eddie.
Strofinandomi velocemente gli occhi, mi guardo intorno, notando come tutti, letteralmente, stiano dormendo. Da quanto sono crollata?
«Terra chiama Dustin» Eddie continua, e decido di allungarmi verso il tavolo, recuperando la radio.
«Ehi, Eddie, sono Nina» esclamo, con la voce ancora impastata dal sonno.
«Oh, Henderson numero due, ehi! Mi servirebbe una consegna di cibo piuttosto in fretta, a meno che non vogliate che esca allo scoperto» parla così veloce che quasi non riesco a recepire tutto il discorso in maniera coerente.
«No! No, no, non farlo. Resta dove sei, arriviamo il prima possibile» rispondo, tirandomi indietro i capelli. Devo darmi una sistemata, tra le tante cose da fare.
«Sì, grazie, però... Ascolta, potreste prendermi sei birre?» mi domanda, con tono quasi supplichevole.
Questo ragazzo è una scoperta continua.
Mi metto a ridacchiare, dall'assurda richiesta appena fattami.
«Lo so che è una gran cazzata bere adesso, ma... Una birra fredda aiuterebbe a calmare i miei nervi» scommetto che nel pronunciare queste parole, ci sia già stampato sul suo viso il solito sorriso furbo che lo caratterizza.
«Sì, va bene, Eddie. Avrai anche le tue sei birre» affermo, «Però rimani nascosto, noi faremo il prima possibile» concludo, pronta a mettere giù il collegamento.
«Grazie, Henderson. Potrei dire che ti preferisco a tuo fratello, in questo momento» sorrido alle sue parole, salutandolo un'ultima volta e mettendo giù l'antenna del Walkie-talkie.
Parlare con Eddie mi ha riattivato quasi completamente i miei neuroni, permettendomi di svegliarmi e non essere più preda di Morfeo.
I miei occhi, automaticamente, cercano una cosa precisa. O meglio, un qualcuno preciso.
E lo vedo, seduto sul divano con un braccio a coprirgli gli occhi, mentre respira ritmicamente, nel sonno più profondo.
In automatico, mi tornano alla mente vari flash della nostra conversazione di ieri, conclusasi non nel migliore dei modi.
Non avevo la più pallida idea di cos'altro dirgli, se non quello che gli ho effettivamente detto.
Il bacio che mi ha dato, poi, non ha migliorato la situazione. Anzi, credo mi abbia confuso ancora di più.
Sospiro, strofinando i miei occhi con fin troppa enfasi, rischiando di farli arrossare.
Pensare a Steve mi fa estraniare completamente dal mondo, e non posso permettermelo ora.

Nel mentre che sono persa nei miei mille dubbi, vedo la figura di Nancy muoversi, aprendo infine gli occhi. Si guarda intorno, arrivando fino a me, ferma e inginocchiata davanti il tavolino.
«Nina? Sei sveglia?» chiede, con voce roca e ancora presa dal sonno.
Io annuisco, giocherellando con i miei anelli.
«Mi ha svegliata Eddie, cercava Dustin. Mi ha detto di portargli del cibo e, in particolare, sei birre per "calmare i nervi"» mimo con le mani le virgolette all'ultima frase, scoppiando a ridere insieme a Nance.
«Non posso dargli torto» ammette infine, alzandosi dalla poltrona sulla quale ha dormito.
La seguo, tirandomi in piedi e spolverandomi il corpo, esausto dagli avvenimenti degli ultimi giorni.
Nel frattempo, Nancy si guarda intorno, concentrandosi più del dovuto su un punto preciso: il divano adiacente alla scrivania.
Come colpita da un fulmine, si fionda da mio fratello, ancora nel mondo dei sogni, scuotendolo animatamente. Il tutto sotto il mio sguardo interrogativo. Cosa sta succedendo?
«Dustin!» comincia a richiamarlo, ottenendo solo dei sonori mugolii dal ragazzo.
«Dustin, svegliati!» continua, colpendolo ripetutamente.
«Nancy, cosa...» non riesco a finire la frase, che Dustin apre gli occhi, facendo illuminare la riccia.
«Non dovevi sorvegliare Max?» quasi urla, in preda all'agitazione.
Al sentire il nome della ragazza, anche gli ultimi rimasugli di sonno spariscono, iniziando a collegare i pezzi.
È Max che cercava, su quel divano vuoto.
«Max? Non hai sorvegliato Max, Dustin?» inizio ad alterarmi, spaesata.
Non avevo idea che si fossero dati dei turni, dato che sono stata la prima ad addormentarmi. Dannati ansiolitici.
«Sì, sì, l'ho tenuta d'occhio. Era qui, un secondo fa, giuro» inizia a farfugliare, guardando l'orologio al suo polso.
«Allora dov'è, Dustin?» continua ad interrogarlo Nancy, cercando risposte alla sua domanda.
Io inizio a preoccuparmi, camminando per la stanza in attesa di un qualcosa di rassicurante.
«Io... Avrò dormito al massimo per...» si blocca, strabuzzando gli occhi, «Un'ora» al sentire pronunciare quelle parole, la riccia scatta verso le scale, salendo al piano di sopra.
Senza esitazione, sia io che Dustin la seguiamo, spalancando la porta e correndo verso un punto non preciso della casa.
Passando per la cucina, davanti a noi, Nancy si blocca di colpo, e quasi le finisco addosso.
Sbirciando da sopra la sua spalla, il mio cuore fa venti capriole dal sollievo: Max è seduta al tavolo, insieme alla piccola di casa, Holly, intenta a disegnare qualcosa e con le cuffie sulle orecchie.
«Buongiorno, ragazzi» quasi non mi ero accorta della signora Wheeler, al nostro fianco, intenta a cuocere dei pancake.
«Va tutto bene?» continua, guardandoci perplessa, dato che siamo praticamente fermi in mezzo alla stanza ad osservare in modo ossessivo la rossa.
«Sì... Sì, va tutto bene» risponde Nancy, con un sospiro.
Vedo Max girarsi, rendendosi conto di non essere più sola con i Wheeler, e alza una mano, come per salutarci.
Ricambio, seguita dagli altri. È veramente un sollievo vederla seduta lì, e che, soprattutto, stia bene.
«Trovo davvero bello che voi ragazzi siate così uniti» continua Karen, sorridendoci in un modo estremamente gentile.
«Ma provate a restare uniti in un'altra casa, una volta tanto» abituata alle simpatiche uscite del Signor Wheeler, non ci faccio nemmeno più caso, concentrandomi invece su Karen, che, infatti, lo sta guardando male.
«Lo sapete che siete i benvenuti, qui» aggiunge quest'ultima.
Ho sempre avuto un bellissimo rapporto con la famiglia Wheeler, sia per mio fratello ma anche per la mia amicizia con Nancy.
«Sì. Siete una famiglia, per me» annuisco alle parole di Dustin, sorridendo affettuosamente alla donna di fronte a noi.
Osservo mio fratello avvicinarsi al bancone, con sopra la portata di pancake appena preparata dalla Signora Wheeler.
Nancy, nel frattempo, ha raggiunto Max al tavolo da pranzo.
«Posso?»
«Certamente» e, come mi aspetto sempre da Dustin, inizia a concentrarsi sul cibo, mettendo all'interno del piatto qualche pancake.
«Sì, perché no? Fa' come se fossi a casa tua» aggiunge il padre di Nancy, al quale mio fratello risponde con un sorrisetto furbo.
«Okay» dice soltanto, iniziando a riempire ancora di più il piatto.
Lo guardo male, dandogli uno schiaffetto sulla mano e raggiungendo Nancy e Max, alzando gli occhi al cielo.
«Ehi» dico, sedendomi al fianco di quest'ultima.
Lei abbassa le cuffie, guardandoci con un piccolo sorriso a incurvarle le labbra.
«Ehi» risponde, continuando a disegnare qualcosa che non riesco bene a comprendere.
«Stai bene?» chiede Nancy, preoccupata.
«Non ho dormito. Per qualche strano motivo continuavate a mettere musica assordante- nel dire ciò, ridacchiamo tutte, per sdrammatizzare la situazione- Ma Holly mi ha prestato i suoi pastelli» conclude la rossa, sorridendo alla bambina davanti a noi.
Io poso i miei occhi sui molteplici disegni presenti sul tavolo, tutti caratterizzati da un rosso accesso e da strani oggetti sparsi all'interno.
«È... È quello che hai visto ieri sera?» chiedo, alternando lo sguardo dai disegni al suo viso.
«Insomma... Diciamo più o meno. Pensavo che sarebbe stato più facile disegnarlo invece che... Che spiegarlo» sospira, guardando un punto non preciso davanti a lei.
«Era come se i corpi di Fred e Chrissy fossero stati messi lì in bella mostra, - dice, indicando il disegno in questione - e poi c'era questa nebbia rossa ovunque. Era come un sogno. Un incubo» continua, passandosi una mano tra i capelli.
«Che Vecna stia cercando di spaventarti?» domanda Nancy, guardandoci.
«Con Billy? Sì. Ma, arrivata qui - e indica, nel dirlo, i disegni - C'è stato qualcosa di diverso. Sembrava quasi sorpreso. Come se... Come se non mi volesse lì» nel frattempo, anche mio fratello arriva a sedersi al tavolo, ascoltando la conversazione.
«Forse sei entrata nella sua mente» azzardo, ottenendo gli occhi di tutti addosso.
«Nel senso, lui ha invaso la tua, no? Può darsi che tu sia entrata, in qualche modo, nella sua» concludo.
«Come nel locale caldaia di Freddy Krueger» interviene mio fratello, portandosi alla bocca qualche pezzo di pancake.
«Freddy Krueger?» chiede la piccola Holly, verso Dustin.
«È un tipo tutto ustionato con lame al posto delle dita. Ti uccide nei sogni» mi passo, contemporaneamente alla sua risposta, una mano sul viso, sbalordita dal tatto che ha mio fratello con i bambini.
«Dustin, sul serio?» la mia voce e quella di Nancy si uniscono, entrambe con un tono di rimprovero verso il ragazzo.
«Scusa. È un film, non è reale...» guarda Holly, come per rimediare al danno fatto. «Però... pensateci. E se tu avessi aperto una porta sul retro nel mondo di Vecna? Forse la risposta che cerchiamo si trova in questo disegno incredibilmente vago...» si blocca per un attimo, osservando uno tra i tanti disegni che ha tirato su, «Oddio, ci serve Will» conclude, scuotendo la testa.
«Sì, ho provato a chiamarli stamattina e dà sempre occupato» sbuffa Max, osservando a sua volta i suoi disegni.
Io, ormai stanca dei tanti discorsi che mi stanno attanagliando la testa, da Vecna fino a Freddy Krueger, mi alzo dalla sedia, diretta a recuperare qualcosa per poi raggiungere il bagno.
«Ragazzi, vi lascio ragionare, io prendo una pausa» affermo, sorridendo ai Signori Wheeler e tornando in taverna, per prendere qualcuno dei tanti vestiti, che Nancy non utilizza più, e cambiarmi.
Ogni volta che venivamo a casa sua ed eravamo prive di un cambio, che fosse perché si fossero sporcati i nostri o per altri mille motivi, lasciavamo sempre qualcosa per le emergenze.
Se ho fortuna, trovo anche qualcosa di mio, sepolto dal tempo.
Scendo velocemente le scale, sperando di trovare gli altri ancora addormentati.
A mio malgrado, però, una volta sorpassata la porta in legno che mi divide dalla taverna dei Wheeler, scorgo le figure di Steve e Robin borbottare qualcosa tra loro, mentre, di Lucas, non ne noto traccia.
«Buongiorno» la mia voce, come se fosse una sveglia, li ridesta da ciò che si stavano dicendo, facendogli puntare i loro sguardi su di me.
Robin, in particolare, sembra totalmente a disagio, dopo il mio arrivo.
«Nina, ci stavamo chiedendo come mai vi foste svegliati tutti così presto» mi risponde quest'ultima, cercando di sembrare il meno rigida possibile, venendomi incontro e dandomi un leggero abbraccio, che ricambio volentieri.
«Max non si trovava, Dustin si era addormentato durante il suo turno, ma alla fine era in cucina. Ah, dimenticavo, ha chiamato Eddie, dobbiamo portargli del cibo e, cito le sue parole, sei birre per calmare i nervi» ridacchio al ricordo del riccio, chiuso ancora nella casa di Rick Spinello.
I miei occhi, però, si posano sulla causa dei miei pensieri da ormai giorni: Steve Harrington. Non mi degna di uno sguardo, e credo che se non avessi parlato, non avrebbe nemmeno fatto caso alla mia presenza.
Arriverà il giorno in cui capirò questo ragazzo?
Alzando gli occhi al cielo, mi allontano dai due, giungendo fino all'angolo dei vestiti denominati "di emergenza" e, scavando per qualche minuto, tiro fuori quelli che sembrano dei jeans beige a vita bassa, che per quanto li odi me li farò andare bene, una camicia verde a quadri e un top nero. Spero solo mi entrino.
Giro i tacchi, pronta per raggiungere il bagno, quando una voce mi ferma.
«Non c'è acqua, al bagno del piano terra. Devi raggiungere quello vicino alle camere da letto» è Steve a parlare, e per quanto sia contenta che mi abbia rivolto la parola, di certo avrei preferito che il tema centrale della discussione fosse altro, non il bagno.
«Grazie» borbotto, senza neanche guardarlo e scappando, letteralmente, fuori da quella stanza.

Dopo aver fatto una veloce doccia, ed essermi sistemata e preparata, svuoto le tasche dei miei pantaloni, risistemando le poche cose che avevo in quello nuovo.
Successivamente li piego, pronti per finire nello zaino di Dustin.
Faccio una veloce treccia ed esco, ritornando al piano terra.
Nel momento in cui metto piede in salotto, mi passa davanti Nancy, correndo e raggiungendo la taverna.
Con sguardo confuso, noto Dustin, che mi viene incontro dalla cucina.
«Abbiamo scoperto una cosa fondamentale, preparati» mi dice, per poi sparire anche lui.
Ovviamente mi allontano sempre quando succedono le cose più importanti, quando mai il contrario.
Sbuffo sonoramente, e li raggiungo, trovandoli tutti ormai svegli e pronti per partire.
Sistemo i miei vecchi vestiti nello zaino di mio fratello e recupero le poche cose sparse che sono rimaste.
Nel giro di pochi attimi, ci ritroviamo tutti fuori, diretti verso le macchine, seguendo le divisioni di sempre.
Al mio fianco sopraggiunge Robin, che mi tira una leggera gomitata nel fianco.
«Cosa sta succedendo, tra te e Steve? Vi vedo molto tesi» mi sussurra all'orecchio, non facendosi sentire dagli altri.
«Non lo so nemmeno io, Rob. Ieri abbiamo parlato di una cosa, e non è andata come speravo. Appena avremo un attimo di tregua, ti spiegherò meglio» rispondo, giungendo di fronte alla macchina di Steve.
Robin annuisce, non convinta, e si avvia verso l'auto di Nancy.
Salgo velocemente, seguita dagli altri, pronti per partire verso una meta che non ho ancora il piacere di sapere.
Il moro prende posto accanto a me, sistemandosi e mettendo in moto.
«Dove stiamo andando, di preciso?» chiedo, rivolta, più che altro, verso Steve.
«Alla casa di Victor Creel, o preferisci andare da qualche altra parte? Non so, a portare il cibo ad Eddie, per esempio» mi provoca, immettendosi in strada.
Credo di non aver mai provato l'istinto di picchiare una persona così forte in tutta la mia vita.
«Sei davvero ridicolo, Steve. Facendo così non capisco dove tu voglia arrivare» borbotto, voltando il mio sguardo verso il finestrino.
«Sei tu che non mi hai dato una risposta concreta, ieri... Anche se ormai non ha più importanza» mormora, chiudendo la conversazione.
Spero che, dietro di noi, i ragazzi non ci abbiano sentito "discutere", ma ormai non mi importa neanche più. Non facciamo altro, ultimamente, io e lui.
Ma poi cosa vorrebbe dire che adesso non ha più importanza?

Sospirando, mi appoggio al sedile, chiudendo gli occhi. Che un'altra giornata meravigliosa abbia inizio.

Me, You and the Upside Down || Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora