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Ciao! Oggi mi sento produttiva e, per farmi perdonare della lunga attesa precedente a ogni capitolo di ogni volta, ho deciso di fare un doppio aggiornamento avendo il capitolo già pronto e a cui ho dovuto fare solo una piccola revisione :).
Ci tengo a dire in anticipo che in questa nuova parte Nina ha un forte attacco di panico e, in caso qualcuno di voi avesse difficoltà nel leggere ciò, metterò un asterisco all'inizio e alla fine del pezzo, in modo tale che possiate stoppare e riprendere la lettura da quei momenti. Grazie per dedicare del tempo alla mia storia, baci!

Nel momento in cui io ed Eddie ci siamo tuffati, il panico aveva ormai preso il completo possesso del mio corpo e della mia mente.
Patrick è morto. Davanti ai nostri occhi.
È così che è morta anche Chrissy? Averlo sentito sotto forma di racconto da parte di Eddie era stato raccapricciante, sì, ma, di certo, vederlo con i propri occhi ha avuto tutto un altro effetto. Ben peggiore.
Abbiamo nuotato fino a riva, quella opposta a dove Jason ha abbandonato i suoi vestiti per venirci incontro, e, per un breve lasso di tempo, siamo rimasti stesi lì, completamente bagnati sotto la luna di marzo e sconvolti. E continuiamo a rimanere così, fermi e immobili.
* Sento il mio corpo tremare, e non so se sia più per lo spavento o per il freddo in sé.
È notte, ormai, e non abbiamo più nemmeno una radio per comunicare con gli altri.
Siamo soli, al momento.
Cerco di regolarizzare il respiro, immaginando un ipotetico ritmo da seguire. Senza Steve o Robin, mi sento quasi di non farcela.
Eddie, al mio fianco, è immobile, con le mani a coprirgli il volto.
Io sono in una posizione simile, solo che le mie mani, al contrario, sono ferme sul mio petto, come se volessero schiacciarlo, per poter far calmare quello che è il mio cuore.
«E-Eddie» sussurro, cercando di attirare la sua attenzione.
Sento di star per svenire, dato il susseguirsi di eventi che ci hanno resi protagonisti questa notte.
Il riccio al mio fianco si muove, girandosi verso di me con espressione interrogativa.
Io faccio lo stesso e, in un attimo, i nostri sguardi si incatenano. Come se fosse in grado leggere il terrore che sta scorrendo nei miei occhi, si precipita da me, alzandosi e, successivamente, inginocchiandosi accanto alla mia figura, ormai preda di forti tremori.
«Nina, ehi! È tutto okay, è tutto okay, cosa succede?» avvicina le sue mani alle mie, ancora ferme sul mio petto. Le stringe e le allontana.
Io non riesco a parlare, mi limito a spostare le dita sul retro dei miei pantaloni, ma una scoperta amara mi distrugge ogni briciolo di raziocinio: le mie pillole. Non ci sono. Non ci sono più. Devo averle perse dopo essermi tuffata in acqua.
Se prima riuscivo ad avere un minimo di autocontrollo, adesso ho perso anche quella minuscola parte.
«Eddie, credo di star per avere un forte attacco di panico» mormoro, aggrappandomi al suo braccio.
Lo vedo agitarsi, e mi odio profondamente per averlo messo in questa situazione. Odio tutto ciò che la mia mente mi causa, tutte le paure e le paranoie ingiustificate dovute a tutti questi anni, accumulate e sovrapposte le une alle altre e che mi hanno portato ad esplodere.
«Nina, guardami! Cristo, sono incapace» anche la sua voce, ormai, mi arriva ovattata.
«Il... Il tuo cuore, fammi sentire il tuo cuore» i respiri corti non mi permettono nemmeno di parlare decentemente, e prego che Eddie abbia compreso. Non sarei capace a parlare ancora.
Lui però, con mio grande sollievo, sembra aver capito, e mi tira verso di lui.
Mi posiziona tra le sue gambe facendomi accoccolare contro il suo petto, bagnato quanto me.
«Forza Henderson, cerca di respirare, ci sono io. Non sei sola» lo sento sussurrarmi, mentre appoggia il suo mento sul mio capo. Le sue braccia, invece, mi circondano, tentando di cullarmi in qualche modo.
Io sono solo concentrata sul breve, ma assordante, rumore proveniente dal suo petto.
Cerco di seguirne il ritmo, provando a regolare il respiro.
* La mia mente, ormai, lavora da sola, e, come se fosse il mio inconscio a dettare le regole, immagino che con me, ora, non ci sia Eddie.
Ma Steve.
Immagino che sia lui a stringermi ora, che sia lui a rassicurarmi, e che il cuore che sento, in questo momento, sia il suo.
Consciamente lo odio, con tutto il mio cuore, per ciò che mi ha detto solo poche ore fa. Mi ha dato una speranza che ha calpestato nel giro di brevi attimi.
Ma, inconsciamente, non riuscirò mai a odiarlo, e lo so bene. Perché non l'ho mai fatto veramente.
Ed è in questo momento che capisco.
Capisco che io, in realtà, ho sempre voluto lui. Lui soltanto. Siamo stati così accecati dal far finta che non fosse successo nulla tra di noi, da trovare conforto in altre persone.
Lui con le mille ragazze con cui usciva, io con l'idealizzazione di Eddie Munson.
Ed Eddie è una persona fantastica, ma non è Steve. Nessuno sarà mai Steve, per me.
Calde lacrime lasciano i miei occhi, bagnando ulteriormente i nostri corpi.
Inizio a riprendere controllo di me stessa, del mio corpo.
Il tremore diminuisce, e riesco a fare respiri più lunghi.
Eddie continua a cullarmi, dondolando leggermente sul posto, e non posso che essergliene grata.
Dopo quelle che mi sono sembrate ore, mi allontano lentamente dal ragazzo, incatenando i nostri sguardi.
Lui mi fissa, preoccupato, «Ehi, è passato, Henderson. È tutto passato» afferma, sorridendo in modo rassicurante.
Ricambio, scuotendo leggermente il capo.
«Grazie Eddie, davvero. Non so come avrei fatto, se non ci fossi stato. E... Perdonami, non volevo metterti in questa situazione» mormoro, passando una mano sul mio viso, cercando di togliere gli ultimi rimasugli di lacrime rimasti.
Stavolta è lui, a scuotere la testa, sorridendo leggermente.
«Non dirlo neanche per scherzo, Henderson. Sarò anche uno svitato a capo di una ipotetica setta satanica, ma non sono così insensibile» scoppiamo a ridere, e gliene sono grata per aver sdrammatizzato. Ne avevo estremamente bisogno.
«Dai, andiamo, troviamo un posto dove poter aspettare che si faccia l'alba» afferma, aiutandomi a tirarmi in piedi.
«Eddie» lo richiamo, e, non appena si gira, lo abbraccio istintivamente.
Lui rimane immobile, inizialmente, come se non se lo aspettasse, ma poi lo sento stringermi, ricambiando la stretta.
«Grazie» mormoro contro il suo petto. Poi, senza dire altro, ci distacchiamo, cominciando a camminare e allontanandoci dalla riva del lago.

Me, You and the Upside Down || Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora