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«Gira qui» la voce di Max mi ridesta dal mio breve momento di dormiveglia, a cui mi sono lasciata andare pochi attimi prima.
Dopo gli eventi del Campo Caravan, siamo ripartiti, diretti verso un'altra meta scelta dalla ragazza nei sedili posteriori.

Ancora scossa dall'improvviso risveglio, mi strofino i palmi delle mani sugli occhi, cercando di far ritornare i miei neuroni in funzione.
Dietro di me, mio fratello è nelle mie stesse condizioni, mentre Lucas ha gli occhi incollati al finestrino.
Steve, invece, è concentrato sulla strada, passandosi di tanto in tanto una mano tra i folti capelli.
Mi perdo qualche attimo a fissarlo, cercando, stavolta, di non farmi notare.
Non ho davvero idea di cosa stia bollendo nella mia testa nei suoi confronti, quello che so per certo è che non mi è completamente indifferente, come, invece, credevo.
Decido quindi, dentro di me, che, finita questa giornata, gli parlerò. Una volta per tutte.
Non possiamo più andare avanti così, a frasi lasciate a metà e comportamenti ambigui.
Non fa bene a nessuno dei due.

Voltando il capo verso il paesaggio intorno a noi, mi rendo conto di dove, realmente, siamo.
«Qui?» chiedo, girandomi verso Max e guardandola interdetta.
Lei si limita ad annuire, rimanendo fissa con gli occhi sul finestrino.
Scambio un fugace sguardo con mio fratello, al centro tra i due ragazzi, leggendo nel suo viso i miei stessi pensieri.
Lentamente, ritorno con il busto verso la strada, sbuffando silenziosamente.
Intanto, mentre Steve gira dove Max gli ha indicato, superiamo con velocità il cartello con, a caratteri cubitali, la scritta Cimitero di Roane Hill.
Forse ho un'idea su dove sia diretta la rossa.

Steve, impassibile, continua a guidare, senza distogliere nemmeno per un secondo lo sguardo.
Probabilmente si è accorto dei miei occhi fermi sul suo profilo da ormai un bel po' di tempo, ma, forse, fa finta di non capire. Ed è anche meglio così.

La macchina si ferma dopo poco, in un piccolo spiazzo contornato da erba e alberi.
Velocemente, Max scende, chiudendosi lo sportello alle spalle e camminando spedita verso quella che, secondo tutti gli indizi presenti, è la tomba di Billy Hargrove.
Nel giro di pochi attimi, noto Lucas fare lo stesso, richiamandola e correndole dietro.
«È proprio sotto mille treni per quella ragazza» mormoro, sorridendo alla scena che mi si presenta davanti agli occhi.
Dustin annuisce, tornando con gli occhi sulla radio, aspettando, con molta probabilità, un segnale da Nance e Robin.
Steve, invece, continua a "ignorarmi", come se avesse paura a girarsi nella mia direzione.
Non lo biasimo, mio fratello poteva evitare l'uscita fatta, perché se fossero stati invertiti i ruoli avrei reagito allo stesso identico modo.
Però, nonostante tutto, vorrei che mi guardasse. Anche solo per un secondo. Sentire per un attimo i suoi occhi su di me. Non mi faccio domande, non ho voglia di pensare a niente, ho deciso di seguire il cuore, per una volta.

In lontananza, vedo Max incamminarsi verso la sua meta, lasciando Lucas in piedi, immobile, nel mezzo del prato. Poco dopo, si avvia di nuovo verso di noi, continuando a rigirarsi la lettera tra le mani.
Lo ammetto, sono nata curiosa, e vorrei sapere cosa si sono detti, ma poi mi rendo conto che sono cose loro, e così devono rimanere.
Il ragazzo sale di nuovo un macchina, facendosi cullare anche lui dal silenzio che riempie l'abitacolo.
Inizio a giocherellare nervosamente con i vari anelli che porto alle dita, cercando di far scorrere il tempo. I miei pensieri vagano, da Eddie, che ancora non si fa sentire, a Mike, in California, chiedendomi se sappiano quello che sta succedendo qui, fino alla stessa Max, che ora vedo, da dove ci troviamo, seduta sul prato, davanti la tomba di Billy Hargrove.
Vorrei tanto che le cose fossero andate diversamente, per tutti. Vorrei non aver mai vissuto tutto ciò, sebbene da una parte, proprio grazie al Sottosopra, siamo diventati quelli che siamo ora.
«È quello che ti regalai al tuo compleanno, l'anno scorso?» come per un miracolo, alzo la sguardo, trovando il moro fissare le mie mani, cosa che mi porta a sorridere impercettibilmente.
«Sì, e questo è quello di Robin. Mentre questi due me li regalarono i miei genitori. Oh, e questo Nancy, per i miei sedici anni. Questo, invece, come auto regalo per aver ottenuto il lavoro al Mall» sorrido, mentre gli indico tutti gli anelli che adornano le mie dita, emozionata dal fatto che si ricordi ancora il suo regalo.
Lui ridacchia, probabilmente divertito dal mio essere un fiume in piena di parole.
Lo seguo, dimenticandomi di tutto il resto per un attimo.
«Potrei farne arrivare un secondo, allora» afferma, tornando a lanciare uno sguardo verso Max, ancora intenta a leggere qualcosa.
«E io apprezzerei, Harrington. Sai che quando si tratta di libri, vinili e anelli, potrei commettere un crimine» sorrido furba, dandogli un colpetto sulla spalla.
Lui scuote la testa, come rassegnato dal mio modo di essere nei suoi confronti.
La conversazione cade, smorzando di colpo quell'atmosfera che si era venuta a creare per qualche attimo, facendoci dimenticare di non essere soli, in quella macchina.

Me, You and the Upside Down || Steve HarringtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora