17. words don't come easy

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Pioveva a dirotto.

Non sapevo se sentirmi sollevata o delusa. Da una parte ero grata di potermi nascondere nella mia stanza, nonostante chiudermi a riccio non fosse proprio la soluzione migliore. Dall'altra ero delusa perché in un'altra situazione avrei reagito, mi sarei aggrappata a quella corazza protettiva soltanto per non dovermi sentir dire di essere una 'stramba', o peggio, una 'bambina'.

Chiusi di fretta la finestra che dava al balcone, dopo essermi goduta la freschezza della pioggia, e infilai dei calzini di scorta che avevo portato per qualsiasi imprevisto meteorologico. Avevo deciso, su due piedi, di uscire a fare una passeggiata ed ero pronta a tutto, anche ad essere sprovvista d'ombrello.

Aprii la porta della camera, con la chiave stretta in mano, ma nemmeno il tempo di sgattaiolare per il corridoio, che Chan apparve alla porta adiacente. Mi lanciò uno sguardo sofferto, titubante sul rivolgermi la parola. Mi ribolliva il sangue al solo pensiero di ciò che mi aveva detto quella mattina: prima mi sarei allontanata da lui, meglio sarebbe stato per la mia sanità mentale.

''Ophelia, aspetta''

La chiave che stringevo nella mano, adesso sudata, cominciò a scivolare. Gli avrei volentieri cavato un occhio, se solo avessi potuto. ''Cosa c'è?'' replicai frettolosa, ignorando i suoi occhi che seguivano ogni movimento della mia figura. Sembrò pensarci un pò, prima di rispondere, ma sapevo che di lì a poco mi avrebbe ferita. Perché era più facile rispondere al dolore con altro dolore.

''Ti pregherei di non bussare alla mia porta stasera, ho invitato un'amica con cui passare la notte''

Skin to Bone [Bang Chan]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora