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Carino l'armadio. Pensò Arianna quando vide Luther in giacca e cravatta. Poi si soffermò su Cinque, aveva un semplice smoking nero e pensò subito che quel colore gli appartenesse, lo possedeva. Fosse stato un colore sarebbe stato senza ombra di dubbio il nero.

Stavano percorrendo la loro strada e il silenzio non nascondeva l'agitazione. Avrebbero dovuto scassinare una porta ed entrare dove era vietato, nessuno poteva biasimarli. "Sai sto leggendo il libro che mi hai dato." Iniziò dopo essersi assicurato che nessuno poteva sentirli. "E detto fra noi..." abbassò ancor più la voce e si avvicinò al suo orecchio. "Non ci sto capendo un cazzo." Arianna non trattenne una risata. "Lo stai leggendo per davvero?" Chiese. "Certo."

"Imparerò a conoscerti, voglio capirti." Sembrò pensare a lungo. "Voglio saperti." Sospirò. "Sapermi?" Non capì. "Se fossi un serpente, Ari, vorrei anche il tuo veleno."

"Saresti una donna per Bukowski." Disse non smettendo di sorridere. "Una donna?" Chiese incredulo lasciandosi ad una risata anche lui. "Si, proprio una bellissima donna." Risero. Si sentiva bene. Si sentiva vivere. Come se avesse preso a respirare dopo troppo tempo in apnea.

"Siamo arrivati."  Annunciò fermandosi insieme agli altri davanti al ristorante. Nessuno osava fiatare ne tantomeno fare un passo in avanti.
"Perspicace Luther." Aggiunse Klaus prima di farsi coraggio ed entrare per primo.

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Stavano seduti nel lungo tavolo a fissare il menù. La sala era pazzesca, grande con decorazioni rosse e profumo di menta. Sapeva di fresco. Di fauna. Le pareti erano avvolte da muschio e piante arrampicanti. Il tema del locale era la cura della natura, da qui si spiegava la scelta del nome.

"Ma che vuol dire riso mantecato?" Si disgustò Luther. "Mantecare significa rendere lucido e cremoso il risotto, razza di idiota." Parlò Cinque.

"Informato il ragazzo." Provò a non farsi sentire.
"Sono informazioni basilari, Allison, riguardanti la cucina cosa che ci riguarda giornalmente dal momento in cui non mangiamo più le prede che abbiamo appena ucciso."

"E te lo sei andato a cercare?" Chiese Diego guardonolo come se fosse pazzo.
"Odio l'ignoranza."

"L'ignoranza è una brutta bestia."
Arianna non potè non pensare a suo padre, ma decise che quella volta non avrebbe lasciato che i ricordi si prendessero gioco di lei.

Cinque era il ritratto perfetto dell'ansia e Arianna non riuscì a non pensare che quello fosse il momento perfetto per infastidirlo un po'.
Osservò attentamente il suo menù e poi si sporse al suo fianco. "Cinque." Non ricevendo risposta continuò. "Cinque."

"Dimmi."
"Cinque."
"Dimmi!"
"Cinque."
"Che c'è?!" Alzò la voce facendo calare il silenzio in sala.  "Cosa significa ultimato?"
"Cosa?"
"Qui." Indicò un punto sulla carta che aveva davanti. "C'è scritto con aglio ultimato. In che senso?" La fissò cercando di capire se fosse seria.
"C'è scritto con aglio ultimato con crema di pesce. Nel senso che è amalgamto con esso!"

Arianna portò un dito alla bocca. "Ah." Si rimese composta per poi rifare la stessa cosa. "Si legge Pachino o pacino?" Cinque la guardò con occhi innietti di sangue. "Pacino, si pronuncia pacino."

"Oh." Alzò le sopracciglia in senso di stupore. "Grazie." Sorrise e si rimesi comoda.

Tempo due secondi che si rivolse nuovamente verso di lui. Cinque strinse la mascella più che poteva per non ucciderla a mani fredde proprio lì, proprio in quel momento. "Cinque." Sghignazzò. "Si legge ricci freschi o fresci?"

Fu allora che capì che si stava prendendo gioco di lui. "No sai, chiedo a te visto che, odiando l'ignoranza, saprai tutto." Si morse le labbra nel tentativo di nascondere un ghigno.
"Stronza." Si limitò a rispondere.

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La cena stava per finire così decisero che quello era il momento perfetto per mettere in atto il loro piano. Viktor e Diego chiesero informazioni per il bagno, in modo da non essere sospetti mentre cercavano l'ufficio. Non sarebbe stato difficile visto che l'unico piano non accessibile era l'ultimo. Cinque li avrebbe raggiunti poco dopo. Il compito dei rimanenti era quello di restarsene seduti e non dare troppo nell'occhio.

Cinque se ne era appena andato e tutto sembrava filare liscio. Fino a quando un'addetta alle pulizie non guardò stranita il loro tavolo domandandosi probabilmente che fine avessero fatto i ragazzi. Appena notò che ne mancava un terzo si avvicinò al computer dietro il bancone e iniziò a premere velocemente i tasti.

Fu lì che Arianna alzò gli occhi e notò centinaia di telecamere posizionate in ogni angolo del soffitto. "Ragazzi, abbiamo un problema."

"Salve madame..." chiese Arianna avvicinandosi al bancone dove stava la donna. "Rosalie." Rispose quasi forzatamente. "Rosalie." Assaporò quel nome prima di riprendere parola. "Mi domandavo cosa stesse facendo."

"Non ti interessa, ragazzina."

"Ha davvero dei bei capelli." Provò a persuaderla.

"Non posso dire lo stesso dei tuoi."

Sbiancò non aspettandosi tanta vigliaccheria. Non le piaceva proprio, ma non le importava.

"Non le hanno mai insegnato l'educazione Rosalie?"

"A te non hanno insegnato e coprirti?" Alluse alla sua scollatura.

Arianna ci mise tutta se stessa per non saltarle addosso. "No, vuole darmi qualche consiglio?"

"Si." Si avvicinò alla ragazza. Solo il bancone le divideva. "Mettiti un Burqa." Sorrise mostrando i denti ingialliti dal tempo.

"Sa lei cosa più fare?" La donna alzò lo sguardo quasi impaurita. "Mettersi un apparecchio acustico." Le sorrise e andò via.

Infatti Arianna era riuscita a far andare in corto circuito il computer rovinando i cavi che uscivano da una fessura del bancone.

La donna avanzò immediatamente verso l'ascensore ma fu troppo tardi perché vide i tre ragazzi di prima uscire sereni andando verso gli altri che li aspettavano all'uscio della porta d'uscita. "Buon lavoro di domenica, Rosalie." Urlò Arianna agitando la mano.

Sul viaggio di ritorno Cinque e Arianna passeggiavano in disparte dal resto della famiglia.

"Eppure le donne, le donne che volevano qualcosa, mi spaventano perché finivano col volere la mia anima e io volevo tenere per me quello che ne restava." Citò in un sussurro. "Ecco perché ti ho detto che saresti stato una donna per Bukowski."

"Sei strana, piccola Ari." Sorrise alzando gli occhi al cielo. "Sai mi aspettavo che mi chiedessi se avessi trovato ciò che cercavo." La guardò. "La soddisfazione nei tuoi occhi mi basta come risposta."

In the end It's him and IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora