33

94 3 5
                                    


AMORI MIEI VI CONSIGLIO DI LEGGERE QUESTO CAPITOLO CON LA CANZONE CHE TROVATE IN ALLEGATO. METTELA AVANTI IN MODO DA ASCOLTARE LA PARTE FINALE A FINE CAPITOLO.<3

Arianna si era appena svegliata ed era scesa giù per fare colazione. La sera prima aveva saltato la cena per paura di vedere Cinque, di nuovo.

"Ari, è lui l'uomo che devi distrarre." Le indicò una foto poggiata sul tavolo. "Devi entrare in casa sua, dovrebbe essere solo. Noi cercheremo ciò che ci serve nel seminterrato." Arianna si sentì sbiancare. Aveva già visto quell'uomo. Lo conosceva, cazzo se lo conosceva.

Rivolse uno sguardo a Cinque che sorseggiava il suo caffè.

Non posso perderti. Si disse.

Non avrebbe detto niente, voleva dimostrargli e avere conferma da se stessa che avrebbe fatto di tutto per lui. Voleva dimostrargli che ci teneva. Ormai era troppo importante, tutti loro lo erano diventati. Klaus, Diego, Allison, Viktor e persino l'armadio era fondamentale adesso.

"D'accordo, ci sono."

...
"Pronta?" qualcuno bussò alla porta nonostante fosse già aperta. "Si."
"Non mi sembri convinta, Ari, se non vuoi-"
"Lo dici solo perché sai che sarò bravissima e quell'idiota non si accorgerà di niente."

Ghignò. "Vorrei che fosse così, ma ahimè sarò sempre io il migliore in queste cose."

"Credici, lanciacoltelli."

Uscirono dalla stanza per raggiungere la macchina. Il viaggio durò relativamente poco.
Arrivati davanti la porta si divisero subito, i ragazzi andarono dietro casa per raggiungere il seminterrato, invece Arianna bussò alla porta.

Si aprì non rivelando assolutamente nessuno, non si stupì, sapeva da chi Eleonora avesse ereditato i suoi poteri.

"Padre?"

Entrò, la porta si chiuse di botto e poi non ebbe neanche il tempo di capire. Qualcosa la colpì alla testa offuscandole la vista. Tante cose la colpirano. Venne sfrattonata fino a non avere più la forza di respirare. Le lacrime presero il sopravvento quando sentì qualcuno sopra di lei afferarle il braccio. Vedeva a stento il soffitto.

La sua manica venne alzato e qualcosa la trafisse.
Urlò.
Più che poteva.
Si dimenava sotto la figura mentre il sangue le scorreva fra le sua braccia.

Continuava a muovere il coltello lungo il suo braccio traccindo linee continue.

Continuò ad urlare. Pregò affinché smettesse.

Cosa ho fatto di tanto sbafliato da meritarmi questo?

Continuò e continuò incessantemente.
E lei resistette. Doveva farlo, per Cinque.
Quindi sopportò.

Credette di sentire una voce all'improvviso.

"Finché reggono le gambe."

Le urla strazianti continuarono fino a quando la figura non si alzò lasciandola inerme sul pavimento.

"Alzati." Ricordava ancora quella maledettissima voce.

Lo fece. Si tirò su dal pavimento sapendo cosa stava per accadere. Arrivarò davanti la porta di una camera e lo vide mentre si sbottonava la camicia.

Avanzò verso di lei e accadde. Di nuovo.
Si sentiva impotente, invasa, un oggetto. Non la degnò neanche di uno sguarzo, come aveva sempre fatto.

L'aveva fatto apposta.
Aveva fatto in modo che non avrebbe avuto le forze. Aveva fatto in modo che sarebbe rimasta lì, distesa su quel letto, incapace di intendere e di volere. Incapace anche solo di capire quello che stava succedendo. Ma lei lo capì eccome, sperò solo che facesse in fretta.

Aveva fatto in modo che le avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva esattamente come voleva.

Era confusa e stanca. Capì solo che l'aveva a malapena rivestita e lasciata davanti la porta, senza neanche aprirla, ancora dentro casa.

Cercò di mantenere il respiro regolare, le mancava l'aria. Pregò le sue forze di non abbandonarla proprio adesso.

Sentì un tonfo. Qualcuno l'aveva presa in braccio, forse. "Adesso sei al sicuro."

In the end It's him and IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora