Resti?

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Parlammo per ore senza interruzione alcuna. Avevamo tanto da raccontarci, da tutte le esperienze che avevamo accumulato nel corso di quell'arco temporale, a cosa avevamo mangiato il giorno prima.
Più lo ascoltavo e più non capivo come avessimo fatto tutto quel tempo. Era così naturale stare su quel divano a chiacchierare, come se non esistesse altro se non noi.

"Ma questi capelli rossi? Sono stati uno shock, non me li aspettavo."
"Hai visto, ti piacciono? Sono stati una sorpresa anche per me, a dire la verità. Mi hanno spiegato quelli del marketing, che ad ogni era musicale è consigliabile cambiare qualcosa del proprio aspetto esteriore. All' inizio la presi malissimo perche non volevo assolutamente, ma ti dirò, non mi dispiacciono. Hanno un chè"

"Hai proprio ragione, hanno un chè" mi avvicinai a lui per sfiorargli una di quelle ciocchette ramate.
"E questi occhialetti? Che fine hanno fatto i famosi occhiali bianchi di Luigi Strangis?" Con un gesto improvviso glieli sfilai dal volto e li indossai. Mi alzai dal divano soltanto per controllare allo specchio come stessi: "Davvero molto carini, mi donano?"

Reclinò la testa sullo schienale del sofà e mi guardò  con un lieve sorriso stampato sul volto.
"Ti stanno davvero bene, mi sa che te li devo regalare."
Ritornai accanto a lui e glieli appoggiai nuovamente sul naso, nella loro posizione originaria.
"Sai Gigino, stanno molto bene anche a te. Mi piacciono, non ti coprono il volto e posso guardarti negli occhi."

Non disse nulla ma non servivano parole. Sembrava quasi una conferma del fatto che, anche lui, come me, fosse cambiato.
Quegli occhiali così piccoli e fragili, furono un segnale, che forse, Luigi, stava imparando a non trattenere più le emozioni.
Mi commosse, per un attimo, pensare a quanto la sua amicizia all'interno della scuola mi avesse profondamente segnata. Lui c'era sempre. Il nostro era un amore incondizionato che prescindeva da qualsiasi forma di categoria.

Un amore simile non smette mai, saremmo per sempre stati legati da un filo di lana. Se mai avessi avuto bisogno di lui, avrei semplicemente potuto chiamarlo e lui si sarebbe precipitato.
Ma l'orgoglio ha la meglio in queste circostanze, e le convenzioni sociali anche. Quella purezza originaria che caratterizzava il nostro rapporto, si è macchiata di pressioni provenienti dall'esterno. Di persone che dicevano cosa e come rispondere. O quale fosse il modo migliore di comportarsi.

Ed entrambi siamo stati deboli e vili. Non in grado di agire e fare qualcosa per ristabilire ciò che era solo suo e mio.
Abbiamo finito con l'ignorarci e scomparire, piano piano, l'uno dalla vita dell'altro.
Era più facile per me, eliminarlo del tutto.
Da sempre ho dovuto fare i conti con partenze e addii dolorosi.
Luigi fu soltanto un altro nome da aggiungere alla lista.

"Vorrei che il tempo si fermasse e che potessimo parlare all'infinito, senza interruzioni" mi disse a un tratto, in un momento di silenzio tra i mille discorsi che affrontammo quella sera.
"Anche io lo vorrei. Che succederà appena uscirai da quella porta?"

Ormai si erano fatte le quattro del mattino. Il lunedì era la mia giornata di riposo, ma non sapevo quali fossero i suoi programmi e una parte di me temeva che da un momento all'altro avrebbe potuto alzarsi, prendere le sue cose, e andare via. E questa idea non mi piaceva, perche nel momento in cui lui avrebbe varcato quella porta, si prospettavano scenari di incertezza e dubbio, a cui io non volevo pensare.

Ero seduta accanto a lui e aspettavo una risposta. Lui esitò per qualche momento e poi cominciò a ridacchiare tra se e se.
"Che pensi?"
Aspettavo una sua risposta che mai arrivava, poi finalmente:
"Penso che posso sempre tornare domani sera, mentre dormi, accendere l'amplificatore e continuare I BAGNI DI SAN SIRO fino a quando non riceverò una denunicia per disturbo della quiete pubblica. Molto rock come cosa."

A quel punto presi un cuscino e glielo lanciai in faccia, anche con violenza, tanto che tra risolini vari, mi sgridò dicendo: "Ahia, mi fai male."

"Se ti volevo fare bene, ti davo una carezza. Davvero sei un pazzo. Ma poi che ti aspettavi? Che nessuno ti riconoscesse?"
E dicendo in questo modo, aprii Twitter e vidi che eravamo, ovviamente, in tendenza.

"Guarda Lu" gli dissi mostrandogli il telefono.  " Sei un coglione. Ora speriamo solo che non si mettano fuori casa ad aspettarti."

Mi prese il cellulare tra le mani e cominciò a scrollare i vari tweet che inondavano la home page.
"Vabbe dai ma non ti hanno messo in mezzo, non si vede che sei tu, lo ipotizzano, ma non hanno prove. Si vedono soltanto io con degli strumenti che canto una canzone e poi un giubbotto con i piedi che mi strattona fin su casa sua."

"Ma smettila si vede benissimo e, tra l'altro ora, sicuro me li ritroverò qua sotto, si legge persino l'indirizzo e il civico. Ah Luigino, come devo fare con te?"
Sospirai inesorabilmente.

A quel punto mi prese il volto e mi guardò negli occhi. Era un tocco inaspettato, ma dopo quella serata non avevo più le energie di pensare a nulla.
"Carola, non lo so come devi fare con me. Ma ti prego, fa sempre qualcosa."

Mi strinse in un abbraccio così avvolgente da togliermi il respiro. Ricambiai quella stretta con quanta più forza avessi in corpo, per fargli capire che, nonostante tutto, un modo per ritrovarci, ci sarebbe sempre stato.

"Gigi, ti voglio bene. " Gli sussurrai ad un orecchio.
"Anche io te ne voglio" disse, sciogliendosi da quella presa.

Si alzò dal divano mentre io lo osservavo raccogliere tutte le sue cose.
Si infilò gli stivali che aveva lasciato vicino al poggiapiedi, prese le sigarette e le ripose nella loro confezione.
Lo vidi controllarsi il ciuffo davanti lo specchio e, infine, si rivolse verso di me, dando uno sguardo all'orario sul suo cellulare.
"Mi sa che si è fatta una certa, domani devo svegliarmi presto."

Non volevo che andasse via perciò mi affrettai a dirgli:
"Sei sicuro che non vuoi restare qui? Il divano è comodo."
"Si, Michele me lo ha detto."
Fece lui con un piccolo ghigno ironico che non capii subito.

L'argomento Michele non era stato minimamente trattato lungo quella serata. Sapevo che stava ancora da lui ma non conoscevo bene i dettagli della loro sistemazione. Senz'altro, erano grandi amici. Ma non mi preoccupai di nulla. La faccenda Michele si era ormai conclusa, ci eravamo chiariti.
Mi sorprese che Luigi decise di tirarlo in mezzo improvvisamente.

"Eh sì può confermare. Quindi che fai, resti?"
Mi alzai, finalmente dal divano per ritrovarmi davanti a lui.
In quel momento avrei voluto prendergli la mano, avvinghiarmi a lui e non lasciarlo andare più ma, nel mentre che mi avvicinavo, lui si spostò.

Si avvicinò alla finestra e non capivo bene cosa stesse cercando.
"Non c'è nessuno qui sotto, sarà meglio andare ora. Se mi vedessero domani mattina uscire da questa casa, non si sa mai cosa potrebbe succedere."
"Si, vabbè, ora vuoi fare il tipo giudizioso, dopo tutte le pazzie di questa sera? Chi ti capisce Gigino?"

Mi guardò di sottecchi, sempre con un'espressione ironica ma bonaria.
"Oh senti, lo devo fare o no il badman?"
Si avvicinò a piccoli passi verso di me ed io cominciai a muovere la testa con aria di dissenso:
"Caro il Gigino mio, la vuoi smettere con questa farsa? Comunque non mi hai risposto, resti?"

Il suo sguardo si incupì, aveva gli occhi bassi e non voleva guardarmi; disse semplicemente:
"No, Carola. Devo andare. Ci sentiamo però, in questi giorni? Va bene?"

Non mi piacque quella risposta ma non potei farci nulla. Mi limitai a dirgli:
"Certo che ci vediamo. Io sabato parto, mi trasferisco a Milano per qualche mese."
Non disse nulla, prese una sigaretta e si avviò verso la porta di ingresso.
Mi diede un altro abbraccio ed infine, una volta fuori la casa, mi salutò con un semplice: "Ciao Carola."
E poi il rumore dei suoi tacchi che mi lasciavano sola.

Mi tuffai sul divano. Non sapevo quantificare le emozioni contrastanti che in quel momento provavo in ogni singola cellula del mio corpo.
Ci saremmo visti? Quando?
Poco importava. Ci saremmo visti.
E questo mi bastava.

Indossai il pigiama ed ero pronta per dormire. Tra qualche ora mi sarei dovuta svegliare e iniziare alcune delle commissioni per l'imminente trasloco.
Mentre mi lavavo i denti, sentii bussare alla porta.

"Sono venuto a testare la comodità del divano, é ancora libero?"
Lo presi per un braccio e lo tirai dentro casa.
"Certo che é ancora libero, aspettava te."

Spazio autrice

BUONASERA O BUONANOTTE O BUONGIORNO.
IM BACK
In questo venerdì carolingio, ecco a voi un capitolo molto carolingio.
Vi voglio bene

Twitter: @joannawater13


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