Capitolo 7

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Pov Christian

Flashback

Inutile dirlo, Mattia non ci aveva messo molto ad ambientarsi nella sua classe.

Perché infondo lui era un tipo sociale, amichevole, aperto, non gli risultava difficile presentarsi e trattare persone che, fondamentalmente, erano sconosciute, come se le conoscesse da una vita.

Ovviamente questo era un pregio, perché riusciva a farti sentire a casa, non ti sentivi mai a disagio o altro.

Il mio primo giorno di scuola era stato una catastrofe, non avevo sentito la sveglia e, quando mi ero accorto di essere in ritardo, mi ero sbrigato a prepararmi, saltando anche la colazione, per uscire di casa e raggiungere Mattia che sicuramente già mi stava aspettando.

Eravamo la luna e il sole, io ritardatario, lui sempre in anticipo.

Era fermo sulla porta a maneggiare il telefono, con lo sguardo occupato, mentre, probabilmente, rispondeva a qualche messaggio o scorreva qualche storia su Instagram.

Era il ritratto della tranquillità praticamente.

Non era come me, in uno stato pietoso, con le occhiaie sotto gli occhi, vestito in modo strano, solo perché non mi ero preparato i vestiti il giorno prima, quindi all'ultimo mi ero ritrovato ad improvvisare.

No, lui era perfetto e soprattutto bellissimo.

Non mi stancavo mai di guardarlo in tutta la sua bellezza e devo dire, che un po' lo invidiavo.

Appena lui ascoltò il suono della porta chiudersi, sollevò lo sguardo, girandosi verso di me e sorridendomi.

"Buongiorno, dormito bene? Mi sembri la rappresentazione di uno zombie." -Mi disse scoppiando a ridere-

Poi fece una pausa, continuò a guardarmi e pronunciò: "Ma come sei vestito Chri? L'hai fatto al buio? No, perché sei inguardabile ed okay, hai un bel faccino, ma non salverà il tuo outfit terribile."

Lui non era reale, davvero, e volevo proprio sapere come facesse ad avere così tanta voglia di scherzare di prima mattina.

La risposta era chiara, lui aveva fatto colazione, si era vestito bene, era entusiasta e non aveva alcun timore.

Ci credo che somigliavo ad uno zombie, la notte precedente ero stato come un cretino a rigirarmi nel letto, finché, dopo quella che mi era sembrata un' ora, finalmente avevo preso sonno.

Mi misi a controbattere: "Mi dispiace principino, ma non tutti sono come te, così organizzati in ogni secondo della vita, che sanno cosa fare e quando, io già è tanto se non mi butto sotto un treno, secondo te posso perdere tempo a cercare di essere presentabile? Come se le persone già non mi conoscessero e non sapessero come sono, quello che deve fare bella figura e presentarsi davanti ai suoi compagni, non sono io, ma te. Anzi, dovresti iniziare a prepararti i discorsi, lo sai che ogni professore ti farà 50 domande sulla tua vita e dovrai parlare di te, mentre gli altri o ti ascoltano, o fanno finta di stare attenti?"

Lui mi lanciò un' occhiataccia prima di rispondere: "Tu stai solo cercando di giustificarti perché non hai un minimo di stile, eppure io pensavo che dopo avermi conosciuto, magari saresti migliorato, dato che ti do sempre consigli, eppure no. Mi sento deluso, Christian."

Ma quanto era polemico?

Lui prendeva sul serio quella questione?

Come se fosse importante poi.

Certamente avrei potuto impegnarmi, ma non avevo nessuno su cui fare colpo, le ragazze della mia classe non mi piacevano, non corrispondevano al mio prototipo, non era il mio primo anno di scuola, quindi non dovevo fare nessuna prima impressione, probabilmente, sotto sotto, lui era agitato e cercava di distrarsi parlando e, per quanto gli volessi bene, già era tanto se quella mattina mi ero alzato, senza inciampare o altro, non poteva pretendere che sforzassi il cervello solo per potergli rispondere, ero stanco e non avevo voglia.

Allora cercai di cambiare discorso: "Bhe, come stai? Sei preoccupato?"

"In realtà no, sono abbastanza tranquillo, alla fine ho solo cambiato paese, dovrò ambientarmi e farmi conoscere, ma non sarà un' impresa impossibile."

"Beato te, sono ormai tre anni che vado alla stessa scuola e mi sembra una tortura ogni volta. Ancora mi chiedo perché non l'ho mollata, ma poi mi ricordo che ho per forza bisogno di un diploma e che i miei mi ammazzerebbero."

"Vabbè, Christian, te però sei un po' esagerato, giusto leggermente."

Nel frattempo avevamo incominciato a camminare e, dopo aver sentito quella frase, mi ero girato verso di lui per guardarlo in faccia.

"Scusa che significa che sono esagerato? Parliamo dello stesso argomento?"

Anche lui si girò: "Significa che tu ti comporti come una drama queen ed, in ogni occasione, trovi una scusa per lamentarti. Parli della scuola come se fosse la cosa peggiore del mondo."

"Ma infatti è così, la scuola è terribile e poi,  -allungai una mano al collo per tirargli una cinquina- non osare dirmi che sono una drama queen, stueteco."

"È la verità."

"Io non lo sono, e basta. Dillo un' altra volta e a scuola ci arrivi da solo, magari ti perdi."

Improvvisamente la sua espressione cambiò, come se proprio non riuscisse a credere alla mia affermazione e, successivamente, scoppiò a ridermi in faccia.

"Cos'hai da ridere biondino?"

"Rido perché sei un bugiardo, Christian."

"Non è vero che sono un bugiardo, sono umile ed onesto, in base a cosa sono un bugiardo? Sentiamo."

"Perché neanche tu credi a quello che dici. Per te sarebbe impossibile lasciarmi da solo, non penso neanche che ne saresti capace, se devo essere sincero."

Allora, io riconoscevo di essere un sottone, ma di averlo dimostrato fino a quel punto non ne ero consapevole.

Mattia sapeva il potere che aveva su di me ed era una cosa negativa.

Anzi una catastrofe.

Pian piano sentì le mie guance andare a fuoco, era uno dei momenti più imbarazzanti in cui mi fossi trovato, ma cercai comunque di mantenere la mia posizione.

"Sei troppo sicuro di te, vedi cose che non esistono."

"Vedo cose che non esistono? Sei letteralmente diventato un peperone. Proprio antisgamo, fratè."

Ma da quando la strada era diventata così lunga, perché Mattia non si tappava la bocca?

Inutilmente, provai a dirgli una fesseria, sperando ci cascasse e non facesse domande.

"Già, e sai perché sono rosso? Perché ho pensato che tra poco rivedrò Laura."

Laura era una mia compagnia di classe che non conosceva, i primi nomi che mi erano venuti in mente erano quelli delle mie amiche, ma non potevo utilizzare i loro, per questo dissi uno completamente a caso, di una ragazza timida che se ne stava sempre per conto suo.

Lui aggrottò la fronte e, nuovamente, cambiò espressione.

"Chi è sta Laura?"

"Una ragazza che mi interessa."

"Ma non me ne hai mai parlato."

Feci finta di controllare l'orario e mi accorsi anche che eravamo arrivati, dovevo scappare assolutamente dalla conversazione.

"Ops, si è fatto tardi, devo andare."

Gli lasciai un bacio sulla guancia e mi allontanai, quasi correndo, ma ero troppo a disagio per restargli accanto.

Un po' mi sentivo in colpa, non avrei voluto abbandonarlo il suo primo giorno di scuola, però come facevo a giustificare il mio improvviso interesse verso Laura?

Mentre camminavo, lo sentì gridare: "Guarda che la conversazione non finisce qui, ne riparleremo."

Si, certo, aspetta e spera.

Neanche mi girai, facendo finta di non aver sentito, la mia speranza era che quelle ore durassero il più possibile.

The boy next door||ZenzonelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora