TWO TRUTHS, ONE LIE_pammy

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Universo: mondo reale

Ship: Pammy


<Giochiamo a due verità e una bugia>

Avevamo tredici anni ed era uno degli ultimi giorni prima della fine delle vacanze estive.
Forse era a causa della giornata stranamente umida e nuvolosa, o magari della consapevolezza che a breve sarebbe ricomincia la scuola, ma nell'aria si percepiva già l'odore dell'autunno.
Ci trovavamo al parco giochi del nostro quartiere, una piccola area cintata con uno scivolo, due altalene e una giostra girevole. Nessuno ci andava mai, non c'erano bambini nella zona, e uno strato di degrado ricopriva l'area come una specie di nebbia.
Mi piaceva quel posto, era particolarmente calmo e tranquillo. Sembrava un'isola galleggiante, sospesa lontano dalla realtà, un posto dove soltanto noi potevamo arrivare.
Tommy era sdraiato sull'altalena, a pancia in giù. Io ero seduto a gambe conserte sul prato.
Era sera, ma non faceva freddo. Eravamo entrambi in maniche corte e pantaloncini.
L'erba secca mi pungeva le gambe.

Avevo incontrato Tommy all'inizio dell'estate. Si era appena trasferito, dal centro alla periferia, nel quartiere in cui vivevo io.
Notai il camion dei traslochi davanti alla sua nuova casa. Lo vidi scendere dall'auto e guardarsi intorno.
Abitavamo nella stessa città, ma giuro che prima di allora non lo avevo mai visto.
Quando gli parlai la prima volta fu perché mi colpì con una pallonata in testa, dietro la nuca. Per sbaglio, ovviamente.
Io mi girai di scatto imprecando, la mano del punto in cui mi aveva colpito. Lo guardai male e feci per dirgli qualcosa, ma il suo sguardo mi bloccò. Se ne stava lì, immobile, col pallone tra le mani e grandi ciuffi di capelli castani sugli occhi.
Dopo qualche secondo sembrò tornare in sé e corse da me a scusarsi.
Gli dissi di non preoccuparsi. Lui si scusò ancora. Ci presentammo. E passammo la giornata insieme.
Era da tanto tempo che non stavo così bene con una persona. Con un mio coetaneo.
Prima di andarsene si scusò di nuovo.
Legammo in fretta e ci vedemmo per il resto dell'estate. Non che fosse così difficile, eravamo praticamente vicini di casa.
Giravamo per il quartiere, andavamo in piscina e giocavamo a pallone. Se faceva brutto o eravamo stanchi stavamo in casa.
Qualche volta prendevamo l'autobus per andare in centro e stavamo lì finché non ci stufavamo. Quindi tornavamo a casa e ci chiudevamo in camera dell'uno o dell'altro a guardare un film o a giocare ai videogiochi.
Divenne il mio migliore amico.
Parlavamo così tanto e di così tante cose che mi sembrò di conoscerlo da sempre. Non sarei riuscito a fare a meno della sua compagnia.

Quella era una sera come tante, anche se a causa della scuola temevamo che sarebbe stata una delle ultime, almeno fino alle prossime vacanze.
Eravamo al parco giochi. Non ricordo di preciso cosa avessimo fatto prima, ma tanto ogni nostra giornata finiva lì. Era fresco e tranquillo. Un posto solo per noi.
Tommy se ne stava sull'altalena, con la pancia in giù e i piedi piantati a terra. Piegava e allungava le gambe per muoversi in avanti e in dietro. Teneva le braccia a penzoloni, sfiorando il terreno secco con i polpastrelli.
Io ero seduto sull'erba, rigirando i fili più lunghi tra le dita finché non si spezzavano.
Nessuno dei due parlava. C'era una strana atmosfera, tranquilla e rilassante. Sentivo un grillo in lontananza. Era come se tutte le cose del mondo fossero al loro posto.
Ad un tratto Tommy si rigirò sull'altalena, finendo con la pancia in su. Tirò la testa all'indietro per guardarmi. Io stavo fissando i fili d'erba. Sentì un lieve lamentato uscire dalle sue labbra, come quando ti muovi dopo essere stato fermo per troppo tempo. Alzai la testa.
Lo guardai confuso. Lui fece un sorriso.
<Giochiamo a due verità e una bugia>
Non fu né una domanda né un ordine. Solo un'affermazione.
<Okay> risposi. Non era la prima volta che facevamo giochi simili. Non era la prima volta che facevamo quel gioco.
<Inizio io> disse.
<Allora... Vediamo... Ho una macchina rossa. Il mio animale preferito è la volpe. Il mio libro di Harry Potter preferito è il quarto.>
Ci riflettei un attimo, ripetendo tra me e me le tre affermazioni.
<La bugia è l'ultima.> dissi convinto <Il tuo libro preferito è il terzo, il quarto è il secondo seguito dal quinto e dal settimo.> Lui mi guardò in silenzio, negli occhi una specie di distinta ammirazione.
<E, per la cronaca, quell'auto sarà davvero tua solo quando avrai diciotto anni.> aggiunsi.
<Sì> ribatté lui <ma nel frattempo non è di nessun altro. Quindi è come se fosse già mia.>
Scossi la testa. Suo nonno gli aveva promesso che gli avrebbe regalo quell'auto diversi anni prima e per quanto ne sapevo era da allora che andava in giro dicendo che era sua.
<Comunque tocca a te>
<Sì> risposi, iniziando a pensare a cosa dire.
<Dunque... Non bevo l'aranciata, il mio colore preferito è il viola, lo sport che mi piace di più è il calcio.>
Non ci pensò un attimo.
<Il tuo colore preferito è il giallo.>
Sgranai gli occhi.
Non mi aspettavo che non l'avrebbe saputo. Sapevo che l'avrebbe saputo. Ma mi aveva colpito la rapidità con cui lo aveva detto.
<Non bevi quasi nulla di frizzante a parte l'acqua e vai matto per il calcio>
Continuò, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Lo fissai, senza riuscire a dire niente. Dovevo avere un'esperienza buffa perché lui mi guardò in faccia e scoppiò a ridere.
Aveva una risata stupenda. La migliore che avessi mai sentito.
Mi coprì il viso con le mani e risi anch'io. Per un attimo, sentì uno strano calore alle guance.
<Okay è di nuovo il mio turno> disse spingendosi in avanti sull'altalena.
Poi si alzò e si sedette accanto a me.
Si prese un attimo per riflettere.
<Quando ero piccolo mi ruppi il polso cadendo dallo skate. Una volta ho mangiato un'intera vaschetta di gelato da solo. E dormo ancora con la lucina accesa.>
Spalancai la bocca: <Ma... Ma... È difficilissimo!>
Lui rise.
<Io ti chiedo il mio colore preferito e tu pretendi che sappia la storia della tua vita!?>
<Eeeeee...> sospirò alzando le spalle <È colpa tua se hai scelto cose semplici. Non te l'ho mica imposto io>
<Ma non è giusto!> protestai.
<Invece sì. Oh e, ricorda: chi perde deve fare una penitenza> disse terminando con un ghigno.
Lo guardai male per qualche secondo.
<Che penitenza?>
<La saprai appena la dovrai fare>
Restai in silenzio per quasi un minuto. Poi lui mi spronò a rispondere: <Allora? Lo skate, il gelato o la lucina della buona notte?>
Non risposi e continuai a riflettere. Lo avevo visto mangiare e nonostante il suo fisico sapevo che mangiava davvero, ma davvero tanto. Un'intera vaschetta di gelato era assolutamente possibile.
Sapevo che si era rotto qualcosa, ma non riuscivo a ricordare né cosa né come.
Pensai alla lucina.
Che un ragazzo di tredici anni non riuscisse a dormire al buio era strano. Però, quando ero andato da lui, avevo notato un sacco di lucine in camera sua. La maggior parte intorno al letto. Credevo fossero solo per estetica, però....
<Il polso sullo skate?> domandai dubbioso.
Lui mi osservò per qualche istante, poi sorrise.
<Cavolo, hai indovinato!>
Tirai un sospiro di sollievo. Lui fece un finto broncio: <Speravo davvero che la sbagliassi> disse. <Sarebbe stato più divertente> aggiunse, spingendosi verso di me, con un sorriso strano.
Risi, girai la testa di lato e lo spinsi via. Rise anche lui.
Dopo un attimo tornai a guardarlo.
<Ti sei davvero rotto qualcosa sullo skateboard?>
<Sì, ma non era il polso.>
<E che cos'era?>
<Indovina>
<Mmm... La gamba?>
<Quasi>
<La caviglia?>
<Bingo!>
<Quindi ti sei rotto la caviglia facendo skate?>
<Non proprio....>
<Come non proprio?>
<Beh, vedi, mio fratello aveva lanciato la palla sulla tettoia del garage. Essendo il più grande toccava riprenderla a me.... Ma non avevamo una scala. Così abbiamo impilato qualche sedia... E le abbiamo messe su un tavolo... Ma era ancora troppo basso... E così....>
<Non ci credo...>
<.... Mancavano pochi centimetri e abbiamo messo lo skateboard sull'ultima sedia..... Inutile dire che è scivolato e sono caduto.>
Abbassò lo sguardo e girò leggermente il viso per nascondere le guance completamente rosse per l'imbarazzo.
Non riuscì a non ridere: <È in assoluto l'incidente più stupido della storia!>
Mi coprì la bocca con le mani, cercando di soffocare la risata.
Lui alzò di scatto la testa e mi guardò storto. Poi scoppiò anche lui a ridere.
<Già, in assoluto il più stupido!> disse ridendo.
Soffocammo dalle risate. Alla fine avevo male ovunque. Lo so che non era una cosa così divertente, ma giuro che quel momento è stato esilarante.
E poi noi ridevamo per tutto. Ridevamo sempre insieme per tutto.
<È il tuo turno ora> mi disse Tommy ad un tratto, con le lacrime agli occhi dalle risate.
<Oh, sì, giusto> dissi, cercando di ricompormi.
Presi fiato. E non so cosa mi passò per la testa in quel momento.
Forse fu l'atmosfera buia. Forse fu il cielo pieno di stelle. Forse fu la sagoma di Tommy illuminata solo dalla luce giallognola dei lampioni.
Forse le risate mi avevano dato alla testa.
<Sono gay. Ho una cotta per te da quando ci siamo incontrati. E i miei occhi sono gialli.>
Lui aprì la bocca e spalancò gli occhi.
Boccheggiò per qualche secondo, senza riuscire a dire niente.
<Paga...> sussurrò <i- i tuoi occhi sono verdi...>
Abbassai il viso, incapace di guardarlo in faccia.
Il silenzio calò in mezzo a noi, ma non era come quello di prima. Questo era denso, e pesante, e opprimente. Mi venne il voltastomaco.
E poi...
<Odio giocare a Minecraft, il mio vero nome è Tommaso e mi sono innamorato di te nel momento il cui ti ho visto.>
Alzai la testa di scatta.
Sgranai gli occhi.
Non riuscivo a capire se fosse tutto vero o solo un sogno. Se avesse detto davvero quelle parole o se mi stessi immaginando tutto.
Appoggiò una mano a terra e si spinse versi di me.
Appoggiò l'altra mano sul mio viso, tenendomi il mento e accarezzandomi la guancia.
Si avvicinò al mio volto. Alle mie labbra.
Chiusi gli occhi.
Sentì le sue labbra sulle mie.
Mi stava baciando. Mi stava baciando davvero.
Mi spinsi verso di lui e presi il suo viso tra le mie mani.
I nostri respiri riempivano l'aria intorno a noi. Il silenzio era tornato piacevole.
Gettai le braccia intorno al suo collo e continuai a baciarlo.
Un lieve schiocco spezzò il silenzio per qualche istante.
Mi staccai di pochi centimetri da lui e appoggiai la mia fronte sulla sua.
<Tu adori giocare a Minecraft>
Risi. Rise anche lui.
Ci baciammo di nuovo.
E mentre l'estate finiva, continuammo a baciarci e a ridere. A ridere e baciarci.


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