Capitolo 17 - Diciassettesimo compleanno

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Capitolo 17 - Diciassettesimo compleanno

Passò una settimana precisa e giunse il giorno del mio compleanno. Ebbene sì, io ero nata nella calda mattina dell'8 novembre, calda perché si trattava della famosa 'Estate di San Martino'. Era giunto il mio diciassettesimo compleanno. Nella mia mente però riuscivo soltanto a pensare al compleanno successivo, nel quale avrei raggiunto la maggiore età tanto ambita. Crescevo troppo in fretta, però mi pareva comunque solo un numero perchè mi vedevo ancora piccola rispetto all'età sulla carta. Mi sembrava ancora di essere una quattordicenne. 

La mattina la sveglia martellante suonò interrompendo i miei sogni.Nonostante questo mi alzai allegra, cosa alquanto strana quando si trattava di me. Aprii gli occhi lentamente, per quanto ci riuscissi, e subito pensai a quanto fosse strano che Emma non mi avesse ancora tormentata con mille messaggi. Ogni anno, in occasione del mio compleanno, lei mi mandava svariati messaggi di auguri e a scuola ancora peggio, dava il meglio di lei. Durante la serata, invece, organizzava una semplice festa in casa, totalmente al femminile, con gelato, film e gossip. Stranamente arzilla mi alzai dal letto e mi strofinai gli occhi. Mi fermai ad osservare la luce filtrare dal velux e sorrisi istintivamente. Una giornata che mi stava attendendo impazientemente. Indossato un jeans, una maglietta monospalla e delle scarpe comode, mi fiondai in bagno per darmi una sistemata. Scelsi di piastrarmi i capelli. In cucina scesi a passo lento e incontrai i miei genitori, cosa alquanto ambigua. Spesso, anzi sempre, erano già via. Entrambi impeccabili e pronti per affrontare la giornata. Mio padre era seduto a tavola con la televisione accesa sul suo tg preferito e davanti una tazza bollente di caffè e latte. Lo vidi avvicinare il cucchiaione alla bocca aspirando il liquido, azione che spesso aveva fatto ridere me e Carlo. Secondo il bon ton non si doveva fare il verso dell'aspirare liquidi, ma sin da piccolo mio padre si era divertito a far arrabbiare mia nonna. Mia madre invece era in piedi accanto alla finestra, come ogni singola mattina, con la tazza di caffè in mano. Silenziosamente mi fiondai nella stanza, non ero di molte parole la mattina. Attesi qualche secondo e loro si resero conto della mia presenza. «Buongiorno.» mio padre fu il primo. «Ciao.» mi limitai a dire ma aggiungendo un sorriso sincero. Erano abituati al mio silenzio, però ci tenevo particolarmente almeno il giorno del mio compleanno ad essere 'socievole'. «Auguri!!» esclamarono entrambi con un sorriso. Stavo davvero diventando vecchia, dentro mi sentivo vecchia: sempre attaccata alla tv, in pigiama, affamata e assonnata tutto il tempo. «Grazie.» risposi con un lieve sorriso. Mi sedetti a tavola di fronte a mio padre e mia madre mi posò davanti un piatto pronto. Per una volta, dopo tanto tempo, mi aveva cucinato i pancakes. Mi godetti per una volta il pasto più importante della giornata guardando curiosa alcuni messaggi sul telefono. Nel mentre i miei erano usciti ed io avevo spazzato tutto quello che era stato posato sul piatto ormai vuoto. 

Sistemai le ultime cose e con un sorriso stampato sul volto uscii di casa. Mi diressi verso la fermata del bus, nella quale mi stava attendendo il mio migliore amico. Era seduto sulla panchina con un sacchetto viola in mano. Feci finta di nulla e avanzai verso di lui, non appena mi vide si alzò e si slanciò in un abbraccio. «Auguri principessa.» disse sorridendo. «Grazie ranocchio.» ringraziai il mio migliore amico ricambiando il suo abbraccio caldo. Ci accomodammo sulla panchina in legno in attesa del mezzo di trasporto e lui mi consegnò il pacchetto. Con sguardo curioso lo presi in mano e lo aprii: all'interno di una scatolina altrettanto lilla trovai un braccialetto nero con un particolare ciondolo. Esso raffigurava una rosa rossa, la quale stava per perdere un petalo. Sospirai felice. «Oddio, Jeamy! Grazie mille, non dovevi!» esclamai a bocca aperta. Era un regalo bellissimo. Me lo feci mettere subito perchè io ero poco pratica e con un polso microscopico come il mio non riuscivo a legarlo. Sorrise soddisfatto. Qualche secondo dopo il bus arrivò facendomi tornare alla realtà e ricordandomi che dovevo andare a scuola, era un giovedì comunissimo. Inquadrai Lio in uno dei sedili in fondo, non vi era nessuno accanto a lui e i nostri sguardi si incrociarono. Entrambi capimmo subito e lui alzò comunque la mano per farsi notare. In quello stesso momento passai davanti a Marco il quale non aveva smesso un attimo di fissarmi. Mi dispiaceva per lui, per ciò che stavo facendo, ma Lio era Lio. Volevo stare seduta vicino a lui, soprattutto dopo ciò che era successo qualche giorno prima. Il nostro rapporto si era consolidato. Feci a Marco il segno del 'parliamo dopo' e lui annuì rispettando la mia scelta. «Auguri piccola.» disse Lio non appena mi sedetti accanto a lui. Il suo sorriso fu immenso. Poggiai la borsa tra le mie caviglie e il tornado chiamatosi 'migliori amiche' si abbatté su di me. «Auguri Ele.» Azzu, Emma e Alex mi abbracciarono. Sorrisi per gli auguri che mi avevano fatto e li ringraziai stritolandoli uno ad uno nella mia morsa. Che amici stupendi avevo?

Il nostro amore impossibile (INAI's series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora