Capitolo 33 - Ti porto in un posto...

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Capitolo 33 - Ti porto in un posto...

Martina se n'era andata chiudendo quel momento alquanto imbarazzante e tutti potemmo sospirare di sollievo. Ero felice per come era andata perché questo dimostrava l'amore che Lio provava per me, però avevo un presentimento strano. Mandai un'occhiata ad Alex e a Jeamy, i quali mi fecero un semplice pollice alzato come per dire che era andata bene. Lio fece segno di alzarmi e questo mi confuse, infatti lo guardai dubbiosa non sapendo che cosa volesse fare. «Andiamo alle macchinette?» domandò. La mia confusione svanì dopo quella domanda e annuii prendendo il portafoglio dalla borsa, ma lui mi fermò subito «Tranquilla, offro io dopo il momento imbarazzante che abbiamo appena vissuto» «Scusa ancora per Martina, non capisco come facciano a non capire un rifiuto, e soprattutto a non vederti». Mi tranquillizzò ulteriormente ciò che aveva detto e lasciai che mi offrisse la merenda dell'intervallo. Usciti dall'aula ci dirigemmo verso il fondo del corridoio dove, accanto alla porta del bagno femminile, erano posizionate le macchinette. L'ambiente era molto affollato: grupp8 di studenti in fila per prendere qualcosa, chi mangiava la merenda acquistata dal paninaro o chi semplicemente si incontrava con ragazzi di altre classi per chiacchierare. Ci fermammo dietro ad un ragazzo molto alto e qualcuno si voltò ancora verso di noi curioso, ma il vociare era diminuito rispetto alla mattina. Mi ricordai, purtroppo, di ciò che era successo a quelle macchinette insieme ad Alice e mi tremò la mano libera. Non avrei più preso del thè caldo con Alice nelle vicinanze. Fu finalmente il nostro turno e guardai attentamente il cibo esposto prima di prendere una vera decisione. «Oreo!Oreo!» esclamai come una bambina. Lui ridacchiò e selezionò i biscotti, i quali in pochissimi secondi caddero e furono pronti per essere presi. Sperai non si fossero rotti perché tendevano sempre a posizionare il cibo più delicato in alto nelle macchinette ed il tempo di averli che si erano già frantumati. Non riuscii a trattenermi dopo che me li porse e davanti a tutti gli stampai un bacio sulle labbra stringendogli la mano dolcemente. Questo attirò l'attenzione di qualche ragazza lì vicino che ci guardava inviperita, ma io feci finta di nulla. Durante il tragitto per tornare in classe un'altra ragazza comparì davanti a noi, bloccandoci il passaggio, e mi preparai mentalmente per uccidere chiunque ci fosse stato. Inizialmente pensai fosse Miriam, ma la ragazza davanti a noi era bionda. Era Margherita Amatucci. «Ciao ragazzi» ci salutò sorridente. Rimasi stupita e infastidita allo stesso tempo. Che cosa voleva? Non ci eravamo parlate spesso e ora sembrava volesse diventare mia amica. L'unica volta in cui ci eravamo scambiate più di dieci parole era stato in montagna in quel locale «Ciao» ricambiai confusa. Ero stordita da tutti gli sguardi, le voce e dalle ragazze che si avvicinavano costantemente a me e a Lio. Velocemente chiacchierammo delle vacanze, della sua relazione con Marco, nonostante questo mi importasse meno, e della mia con Lio. Poco dopo suonò la campanella e riuscimmo a scappare dalle sue grinfie.
Prima di entrare in classe scorsi Miriam in un angolo, più cupa del solito, e la cosa mi preoccupava. Era silenziosa e sapevo che stava tramando qualcosa.

La giornata era proseguita tormentandomi costantemente, infatti diverse ragazze avevano tentato di avvicinarsi a Lio e avevano cercato di provocarlo nonostante la mia presenza. Per fortuna Lio si accorgeva di questo e le allontanava tranquillizzandomi. Suonata la campanella di fine scuola mi fiondai fuori dall'edificio per allontanarmi il più in fretta possibile e non sostare più nelle aule infernali. Non era trascorsa male, però la mia pazienza era stata messa a dura prova. Sapevo che Lio avrebbe continuato ad attirare l'attenzione delle ragazze senza farlo apposta, ma non pensavo fino a questo punto. Senza rendermene conto mi allontanai dal gruppo per raggiungere la fermata del bus e non appena imboccai una stradina laterale alla scuola mi spaventai per la presa di un braccio che mi trascinò dietro ad un albero. Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata mentre un corpo mi spingeva contro la corteccia dura dell'albero. Sospirai quando mi resi conto che era Lio. «Dove scappi piccola?» rise. I battiti del mio cuore rallentarono permettendomi di riprendere fiato. Avevo avuto così tanta voglia di scappare da scuola che non mi ero resa conto di essermi allontanata dagli altri e li avevo seminati per arrivare alla ex stazione. «Mi hai fatto prendere un colpo...sei pazzo?» gli tirai un pugno sul mento. Indietreggiò massaggiandosi il punto colpito e poi scoppiò a ridere «Non ti ho fatto nulla, vero?» domandai sbuffando, ma allo stesso tempo un piccolo sorriso si increspò sul mio volto. Come se avessi potuto fargli male sul serio. Lui annuì ed io respirai profondamente. Prese tra le mani il mio volto avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra, affinché io potessi sentire il suo respiro caldo. Mi guardò soffiando sulle mie labbra, indeciso se baciarle o no «Sei scappata per oggi? Per colpa di tutte quelle ragazze?» domandò con uno sguardo afflitto. Non risposi, lasciando spazio al silenzio per alcuni secondi «...voglio solo te...» sussurrò. Abbassai la testa imbarazzata perché lui aveva già capito che cosa mi stesse tormentando.
Lasciò un'infinità di baci delicati sul collo per salire fino alla mascella e al mento, e non appena si trovò vicino alle labbra le unì in un bacio atteso e passionale. Schiusi la bocca e lui lasciò passare la lingua muovendola lentamente, facendomi impazzire. La mia lingua si mosse insieme alla sua in sincronia, creando una danza folle e movimentata. Mi staccai di poco per mordergli il labbro, tirandolo leggermente e facendolo mugolare. Ci staccammo, occhi negli occhi, con il respiro affannoso. Quel bacio mi aveva già fatto dimenticare tutto quello che era successo durante il corso della giornata e mi aveva tranquillizzata. Avevo sentito Lio vicinissimo a me. Mi prese per mano e ci incamminammo lungo il marciapiede per andare alla fermata, dovevamo prendere il bus per tornare a casa. «Ormai abbiamo perso il bus.»sospirai guardando alla fermata vuota. Lui sorrise «Meglio, più tempo per stare da soli». Alzai le spalle indifferente e lo seguii curiosa. Dove mi voleva portare? Mano per mano passeggiammo per la nostra cittadina, passando per una serie di stradine che non conoscevo e mi stupivo di questo perché dovevo conoscerla ormai a memoria. Rallentò il passo non appena giungemmo in un piccolo parco giochi per bambini, il quale presentava molto verde e qualche piccola attrazione per il gioco. Ci sedemmo su una panchina per osservare il bellissimo spettacolo offertoci dal cielo. Esso era di un azzurro molto intenso e sereno, non vi era ombra di nuvole e il vento della mattina era ormai scomparso. Trascorremmo la restante parte del pomeriggio insieme, seduti sulla panchina a scherzare e baciarci come una coppia innamorata, infatti avevo perso la cognizione del tempo. Giunse, poi, il tramonto e rimasi affascinata dall'ulteriore bellezza del cielo, il quale presentava sfumature rosse e rosa.

Purtroppo il tramonto ci aveva 'avvisati' che era tempo di tornare a casa. Lio mi accompagnò a casa ed io mi preparai mentalmente alle prediche di mia madre perché era tardi e mi ero totalmente scordata di avvisarla. A casa era stata istituita questa regola: se arrivavo a casa sera tardi senza una giustificazione plausibile avrei ricevuto una bella predica. Non ero contraria a questo perché era giusto che i miei genitori mi guardassero, ero minorenne ancora per un anno ed ero sotto la loro responsabilità. Mia madre aveva scelto di istituire questa regola principalmente perché nella via di casa mia vi era una illuminazione alquanto scarsa, la quale permetteva la presenza di persone poco fidate. «Preparati stasera, alle otto e mezza ti vengo a prendere» disse Lio. Rimasi interdetta dalle sue parole perché non avevamo organizzato nessuna uscita «Perché?»chiesi. «Ti porto in un posto...sorpresa...» «e magari..potresti stare da me stanotte» sorrise malizioso.
Ridacchiai e lo baciai. Avevamo intrapreso un percorso più lungo per ritardare il mio arrivo a casa, sebbene fossi consapevole della predica di mia madre, ma il tempo era volato e ci trovammo davanti al vialetto. Guardai le luci accese all'interno della casa è scorsi un movimento alla tenda. Salutai Lio con un gesto della mano perché sapevo che mia madre mi stava spiando e con passo lento mi diressi al portone di ingresso. Lio attese che entrassi e dopo essersene assicurato sparì dietro la siepe. Presi un respiro profondo e mi preparai per mia madre, la quale mi attendeva sull'uscio della cucina con un frustino in mano. Un 'buona fortuna ' ci sarebbe stato bene.

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