Capitolo 8 - Pensieri poco consoni e crepes alla Nutella

43.2K 1.5K 89
                                    

Capitolo 8 - Pensieri poco consoni e crepes alla Nutella

Davanti a me si parò la figura di un ragazzo con i capelli neri corti, occhi come i miei ed indosso una tuta blu elettrico dell'Adidas. Mio fratello. «Ciao Elena!» mi salutò con un sorriso raggiante. Poggiai la torta per terra accanto alla borsa e mi fiondai sul ragazzo. «Ciaooo!» ero felice di rivederlo. Finalmente una gioia. Quell'abbraccio mi fece stare bene, era tutto ciò di cui avevo avuto bisogno sino a quel momento. Per via del suo lavoro non ci potevamo vedere spesso. La vita era diversa: era un adulto, indipendente, con lavoro e casa a cui badare. Doveva crearsi una famiglia. «Mamma mia, sei cresciuta tantissimo. Ormai sei una donna. Chissà quanti ragazzi dovrò prendere a calci eh?!» mi prese in giro. Nessuno, tranquillo. Anzi, uno sì: Lio. Lo autorizzavo nonostante non mi facesse la corte.  «Lo stesso vale anche per te, chissà quante ragazze ti sbavano dietro come se fossi un attore famoso -ridacchiai- però ricordati che prima devo essere io ad analizzarle.» arricciai il naso con una smorfia soddisfatta.  «Sì sì, sarai la prima ad esaminarle.»

Durante questi tre anni ci eravamo visti, tra cene di famiglia, compleanni, feste, sushi insieme ed altro, però mi sembrava non bastasse. Lui era il tipico fratello maggiore perfetto, protettivo, con cui potevi solo andare d'accordo perché era troppo gentile e che avrebbe dato tutto per te. Anche io avrei fatto di tutto per lui. Peccato però che la vita scorresse, le persone crescevano. Quando accadeva il tuo pensiero inevitabilmente cambiava e lui, in questo caso, non ragionava più come un ragazzino di sedici/diciassette anni. Non mi difendeva più perché per un adulto e ciò che pensavo io era sbagliato secondo lui. «Mi sei mancato, tanto.»lo strinsi ancora a me. «Anche tu, anche tu.» 

Posai la borsa in camera, riposi la torta in frigo e mi sedetti sul divano con lui. Basta pesi, fastidi, basta Lio! Insieme scegliemmo di guardare Il Trono di Spade. Lasciammo scorrere una puntata della seconda stagione, dopo averla scelta casualmente, e la giornata trascorse. Dopo la noia scolastica ero riuscita a ristabilire un equilibrio. A metà episodio si aprì il portone di casa ed entrarono i nostri genitori. Sbucò la figura di mia madre in salotto con due borse della spesa in mano. Cinque secondo dopo si fece vivo mio padre con le restanti cose. «Oh, Carlo.»disse vedendolo sul divano con me. Sapeva che sarebbe venuto, però non aveva saputo l'orario fino ad ora. Si sarebbe aspettata un arrivo poco prima di cena, conoscendolo. Posò le borse in tela per terra, accanto all'ingresso, e lo abbracciò. Anzi, lo stritolò. Roteai gli occhi al cielo con una smorfia divertita. «Ciao, ma'.»ricambiò. «Ciao pa'.»

Poco dopo mio padre si chiuse in cucina per la cena. Li aiutammo a riporre la spesa nei diversi scaffali e nel frigo e Carlo accese MTV per un sottofondo musicale. Successivamente apparecchiammo tavola e finalmente, dopo una buona mezz'oretta, riuscimmo a fiondarci sul cibo. La serata trascorse tranquillamente, tra cibo e risate. Mio padre aveva cucinato la sua famosa fettina con il Marsala, di cui io feci il bis. Avevamo chiacchierato scongiurando il noioso silenzio che spesso calava molti anni prima, avevamo mangiato la torta alla frutta e i regali furono aperti con un sorriso. Era stata una semplice serata. Dentro di me nacque una piccola nostalgia per i momenti passati. Ricordai le diverse feste con i parenti nella vecchia casa, le mille fotografie negli album, le risate, la felicità, l'affetto delle persone che si amano.

Giunse l'ora di andare a dormire. Salutato Carlo mi fiondai nel letto con uno stupido sorriso stampato in volto. La giornata era migliorata di netto da quando ero tornata a casa. Con il mio pigiamino caldo, ovvero una tuta a pantera nera, mi ritirai sotto alle coperte. Purtroppo, però, la mia mente smise di essere distratta e si rifocalizzò su qualcosa a cui non avrei voluto pensare. Lio. Mi aveva baciata sulla guancia. Nonostante questo, riuscii ad addormentarmi calma.


***

Mercoledì. Era strano, eppure mi ero preparata in fretta. Quando ero felice e spensierata ero veloce e scongiuravo la possibilità di perdere il bus. In succursale ci dirigemmo direttamente in palestra per due ore di educazione fisica. Tasto dolente per me. Io non ero sportiva, ero il peggior esempio di pigrona sulla faccia della terra. In particolare, non percepivo questa forte necessità di correre attorno ad un campo per cinque minuti consecutivi. Se ci pensavo ero già stanca in partenza. Invece, alcune mie compagne, sfruttavano questa occasione per mettersi in mostra davanti alla presenza maschile, indossando magliette bianche e culotte nere.

Il nostro amore impossibile (INAI's series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora