- La piuma -

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[idea gentilmente offerta da donthaveanick_ . Grazie per avermi permesso di scriverlo]

(Attenzione: possibili spoiler de "le sfide di Apollo")

••••

Non poteva essere scomparsa.
Semplicemente, non poteva.
E non era lei che lo aveva deciso, ma una serie di leggi vecchie come il mondo avevano stabilito che a tutto esisteva una spiegazione logica: gli oggetti non sparivano dalla faccia della Terra senza una valida motivazione. Non lo facevano nella preistoria e non lo facevano nemmeno nel ventunesimo secolo.
Quindi non poteva essere scomparsa.
L'aveva messa da qualche parte — ricordava di averlo fatto — ma non riusciva a rammentare dove.
E non era certo un dettaglio privo di importanza. Piper sparpagliò i fogli sulla scrivania, ribaltò i cassetti dell'armadio, cercò tra le pieghe del materasso, controllò perfino nello spiraglio segreto sotto alla lastra di legno del pavimento.
Mise la stanza a soqquadro. Eppure niente.
Piper si lasciò cadere, sconfortata, sul letto, al centro del suo personale caos.
Aveva perso l'ultima cosa che le aveva dato prima che se ne andasse.
E dubitava che lo avrebbe rivisto mai più.
Anche se era stata Piper a chiudere con Jason, non per questo non faceva male.
Faceva terribilmente male.
E faceva ancora più male adesso che si era resa conto di aver perso l'ultima cosa che le aveva dato.
Piper affondò la faccia tra le mani, con un gemito angosciato.
Tutto nella sua vita stava andando a rotoli: la sua relazione, la sua stessa identità e perfino la sua casa.
Se avesse avuto almeno Leo...
Ma Leo non c'era più.
Leo, il suo migliore amico, la sua spalla...
Jason e Piper lo avevano cercato in lungo e in largo, ma non erano arrivati a niente.
Quindi avevano mollato le ricerche. Poi i due avevano rotto e... e tutto aveva iniziato ad andare nel verso sbagliato.
Una certezza dopo l'altra era andata a sgretolarsi finché non aveva portato Piper sulla soglia di una crisi isterica.
... e in mezzo alla sua camera in disordine.
Improvvisamente, il campanello risuonò tra le pareti della sua gigantesca villa.
Piper rizzò la testa, confusa.
Suo padre non sarebbe tornato a casa ancora per qualche giorno e non aspettava nessuna visita.
Scese in fretta le scale e si inoltrò nel grande salotto, saltando una o due scatole che sostavano nel mezzo.
Più che una villa, la sua, sembrava un campo profughi. Gli scatoloni non mancavano allo scenario.
Nell'istante in cui Piper aprì la porta, capì che l'universo aveva qualcosa che non andava quel giorno.
Sbatté le palpebre più volte, per accertarsi che Percy Jackson — in normali abiti da diciasettenne — non fosse un'allucinazione. <<Percy?>>
Doveva apparire proprio pazza nel suo abbigliamento trasandato e i capelli sparati in tutte le direzioni.
Percy se ne stava appoggiato allo stipite del portone con le caviglie incrociate e un'irritante sorriso da beota sulla faccia. Era la prima volta in assoluto che non lo vedeva indossare la maglietta arancione del Campo.
Aveva incontrato Poseidone solo una volta — nella battaglia finale contro i giganti ad Atene — ma mai come in quel momento aveva notato le somiglianze del figlio con il dio del mare.
<<Ciao Piper. Posso entrare o vuoi che rimanga fermo sulla porta?>>
Piper chiuse la bocca prima la mascella le cadesse a terra.
Di certo non passava come una buona padrona di casa se lasciava il suo ospite fuori sullo zerbino (e lei neanche lo aveva uno zerbino).
Piper si riscosse dallo sconvolgimento iniziale e si spostò di lato per farlo passare <<Entra pure, ma ti avverto, non ho avuto modo di...>>
Percy inciampò su uno degli scatoloni.
Si rimise subito in piedi, come se quella caduta facesse parte di una performance già programmata. Piper si grattò la nuca, con evidente imbarazzo <<Scusa. Ti direi di sederti, ma come vedi...>> <<Non hai il divano>> concluse Percy al posto suo, dando un'occhiata in giro <<Non vorrei sembrare maleducato ma... perché sembra che dentro casa tua sia appena esplosa una bomba?>>
E per fortuna non aveva fatto commenti del tipo "Woah! Vivi in una mega villa con la piscina! Che figata!"
Quello sì che sarebbe stato imbarazzante.
Piper aggirò un paio di scatoloni per raggiungerlo <<Lunga storia. La versione breve? Io e mio padre siamo costretti a traslocare.>>
Il tono di voce era uno di quelli che si usavano per dire cose del genere "andiamo al cinema domani pomeriggio?" e non per lanciare certe notizie.
Percy si voltò a guardarla, un misto di sconcerto e confusione.
Mosse la mano per aria, come per scacciare una mosca fastidiosa. <<Un certo N.H ci sta mandando in bancarotta, ma niente di cui valga la pena preoccuparsi.>>
"Oh, si, va bene per il cinema, ti va bene se porto anche due amici?"
In realtà quello realmente preoccupato per il trasloco era suo padre, che si vedeva costretto a vivere nella casa dei suoi antenati in un paesino sperduto dell'Oklahoma. E non era nemmeno il peggiore degli scenari.
Voleva assolutamente chiudere lì quel discorso deprimente. <<Anzi, perché invece non mi dici cosa diavolo ci fai tu dall'altra parte del paese?>>
Percy ridacchiò e mise le mani nelle tasche dei jeans. <<Non è ovvio? Sono venuto a trovarti.>>
Piper rimase in silenzio per una manciata di secondi. <<Temo che questa non sia una spiegazione sufficiente.>>
Sbuffò. <<Lo immaginavo. Che ne dici se ci sediamo un'attimo così ti racconto?>> e scrutò la stanza per cercare qualcosa su cui potessero sedersi, ma con scarsi risultati ovviamente. <<.... sempre che tu non voglia sederti sul pavimento. Non ho niente contro i pavimenti. Anzi, li adoro.>>
Piper alzò gli occhi al cielo e gli fece segno di seguirla in cucina, dove afferrò le ultime due sedie che le restavano.
Si prese due secondi per riflettere sull'ambiguità della situazione: lei e Percy non erano mai stati grandissimi amici — sicuramente non avevano il rapporto che lui aveva con Jason. O che lei aveva con Annabeth.
Non riusciva a capire per quale motivo potesse essere lì.
Le uniche cose che avevano in comune erano il Campo, una malsana ossessione per gli scherzi e... beh, Annabeth.
<<Hai una casa molto, uhm, carina.>> disse lui, per smorzare il ghiaccio. <<Sicuramente spaziosa.>> aggiunse.
Piper non rispose, non sicura di quale potesse essere la risposta corretta.
Io invece preferirei un minuscolo appartamento con due stanze e un bagno, ma che vuoi farci? La sfortuna di avere un padre miliardario.
Rimasero un altro po' in silenzio.
<<E' successo qualcosa al Campo?>> domandò Piper, in preda all'agitazione. <<Perché non riesco a capire perché tu possa essere qui. Non che mi dispiaccia, ogni tanto è bello rivedere qualche faccia amica, ma mi aspettavo, che ne so, una telefonata e non una visita vera e propria...>>
Quando alzò lo sguardo, notò che Percy si stava mordendo le labbra per cercare di non ridere.
Molto maturo, Percy, davvero molto maturo.
<<Santo cielo, Piper, non ricordavo che parlassi così tanto. Ma no, al Campo va tutto bene... o almeno spero, è un po' che non torno lì. Comunque sia, sono solo venuto a controllare se stai bene.>>
<<E questo ti sembra un motivo valido per attraversare mezzo paese?>>
<<Ehy!>> sollevò le mani e si appoggiò allo schienale della sedia. <<Mi sono fatto cinque ore di aereo per vederti, un po' di gratitudine sarebbe apprezzata.>>
Zeus non nutriva un particolare amore per Percy, e il fatto che si fosse introdotto nel suo territorio, non doveva averlo fatto scoppiare di gioia. Strano che non avesse fulminato il suo aereo.
Piper continuò a fissarlo, attendendo altre spiegazioni.
Percy cedette. <<Ho saputo di te e Jason>> disse, ponderando bene le proprie parole.
Ah, eccoci qui, pensò, il nocciolo della questione. L'elefante nella stanza.
Piper pietrificò. Strinse così forte il tessuto dei jeans che sperò di non averci lasciato dieci piccoli buchi.
<<Come fai a...?>>
Ma si interruppe perché in realtà conosceva già la risposta. Non a caso una delle poche cose che avevano in comune era Annabeth.
... anche se le aveva espressamente chiesto/ordinato di non farne parola ad anima viva.
<<Te lo ha detto lei, non è vero?>>
Percy annuì lentamente.
<<E non ha fatto che parlarne per ore, non è vero?>>
Percy annuì di nuovo, considerando se fosse il caso di aggiungere qualcos'altro.
<<Non avercela con lei>> disse <<Sarebbe saltato fuori in ogni caso. Ho avuto modo di parlare con Jason.>>
Piper scordò per un momento come respirare.
Il nome di Jason aveva ancora quell'effetto su di lei. <<Ah, davvero?>> domandò, cercando di sembrare disinteressata. La voce le divenne incredibilmente acuta.
<<Sì>>
<<E come... come ti è sembrato?>>
Percy spostò lo sguardo altrove. <<Non sono sicuro di potertelo dire.>>
Ovvio che non poteva.
<<Non fraintendermi, Piper, non ho scelto lui al posto tuo. Non è come in una guerra, non posso semplicemente scegliere da quale parte schierarmi...>> spezzò quel discorso con un gemito lamentoso, come se parlare di quello gli facesse male. <<Ma penso sia un Codice d'Onore tra amici. Sai, della serie "non uscire con la ex di un tuo amico", oppure "tieni le mani alla larga da...">> <<Grazie, Percy, ho appreso il concetto. Capisco quello che stai facendo e sei... sei davvero un buon amico.>>
Anche se lontani, Percy restava lo stesso leale a Jason... e non era un pettegolo, non come Annabeth. <<Se la sta cavando abbastanza bene, però.>> decise di dirle lo stesso. <<Sai, lui e Annabeth si sentono ogni tanto e lei lo aiuta con il suo progetto dei templi. Tra tutti e due non mi dicono molto — forse pensano, giustamente, che io non ci capisca niente — però sembra procedere alla grande.>>
Piper annuì, senza entusiasmo.
Almeno una buona notizia.
Percy parlò di nuovo, in tono grave. <<Mi dispiace, Piper. Per come sono andate le cose tra voi. Jas non mi ha detto molto ma mi è sembrato di capire che volessi i tuoi spazi e...>>
Alla faccia della visita di cortesia.
<<Non volevo spazio.>> scattò lei, senza dargli tempo di finire la frase <<Non mi serviva spazio, non nel modo in cui lo intende lui. Volevo riprendere il controllo della mia vita. Sentivo come se mia madre e Era avessero manipolato la nostra intera relazione. Come se fosse tutto basato su una menzogna. Ho fatto quello che ho fatto perché volevo sentire qualcosa di vero. Jason non lo ammetterà mai ma gli ho fatto un favore mettendo fine a noi due.>> sbuffò, contrariata in ogni cellula del proprio corpo. <<Ma questo ovviamente lo sai già perché ho detto la stessa identica cosa ad Annabeth e lei lo ha detto a te! Mi sorprende che ogni dio dell'Olimpo non ne sia ancora al corrente.>>
Quando finì di parlare, aveva il respiro corto e il collo arrossato.
Non aveva mai sentito il bisogno di giustificare le proprie azioni con nessuno. Che lo avesse appena fatto — con Percy Jackson, per l'appunto — restava un mistero.
Scosse la testa, un po' più calma. <<Conosco quello sguardo. Adesso penserai che sono una persona orribile...>>
<<Non penso che tu sia una persona orribile>> la interruppe Percy. <<Jason è mio amico, certo, ma non ce l'ho con te. Te l'ho detto, non mi schiererò da nessuna delle due parti. Ma penso di sapere come ti senti.>>
Piper fece una smorfia. <<Ma per favore, non dirmi che lo hai mai provato con Annabeth perché, primo, non ti crederei e, secondo, ti ucciderei con le mie stesse mani.>>
Percy rise. La sua risata era un tantino fuori luogo. <<So che lo faresti. Ma... so come cosa si prova nel sentire di essere controllati.>> si rabbuiò nel ricordare, forse, la sua intera vita da quando aveva scoperto di essere un semidio. <<E non è stupido. Almeno sei stata onesta con te stessa invece che illudere Jason di un vostro possibile futuro, e di questo ti ringrazio.>>
Percy ci teneva davvero a Jason.
Di questo fu sollevata. Voleva che Jason avesse qualcuno dalla sua parte, adesso che Leo...
<<Forse questo non dovrei dirtelo.>> fece Percy, titubante. <<Ma ho paura che tu stia per fare a pezzi questa villa, mattone per mattone, quindi te lo dirò. È stata Annabeth a chiedermi di venire qui.>>
Le sorprese non finiscono proprio mai, eh.
Però Piper non si sconvolse più di tanto.
Anzi era stata sorpresa di non averci trovato l'amica davanti alla porta.
<<Lo sospettavo. Perché non è venuta lei?>>
Doveva ammettere che un po' ci aveva sperato.
Avevano parlato di incontrarsi prima del ritorno al Campo ma, con tutto quello che era successo, non ne avevano avuto il tempo.
Percy sospirò. <<E' dovuta restare a New York. Ha un importante esame da sostenere a breve. Ma avrebbe abbandonato tutto per correre qui da te a Los Angeles. Così mi sono proposto io di farlo al posto suo.>>
<<Molto nobile da parte tua.>>
<<Non mi pesa affatto, non se posso risparmiarlo a lei.>>
Ecco i momenti in cui invidiava la relazione perfetta della sua migliore amica.
Non perché nutrisse particolare interesse per Percy. Beh, si, certo, era indubbiamente un bel ragazzo ma... decisamente non il suo tipo.
<<Pensavo ti servisse un amico.>> continuò Percy, con leggerezza. <<Non ci vediamo da quando abbiamo sconfitto Gea. Ho avuto qualche notizia da parte di Hazel e Frank, ma da te silenzio assoluto. Da quando Leo è scomparso e hai rotto con Jason... >>
<<Non voglio parlare di questo.>> replicò, con una stretta al petto che le fece sanguinare il cuore. Sapeva perfettamente di aver perso entrambi, non serviva che qualcuno glielo ricordasse.
Percy si rese conto dello sbaglio che aveva fatto. <<Scusa, non volevo... non volevo dire questo. Pensavo che potesse essere un'occasione — chiamiamola così — per legare ufficialmente. Dal momento che la cosa che più ci accomuna è Annabeth...>>
Voglio davvero diventare tuo amico, ecco come finiva la frase.
<<Grazie, Percy. Davvero, lo apprezzo molto. Iniziavo a sentirmi un pò sola, in verità. E apprezzo anche quello che ha fatto Annabeth e non la biasimo per avertelo detto. Lo saresti venuto a sapere da Jason, in ogni caso.>>
Tolta l'irritazione iniziale, non era arrabbiata.
Era vero che si era confidata con la sua amica e che lei non aveva mantenuto il segreto, ma lo aveva detto a Percy.
Percy, diamine!
Non conosceva nessuno che fosse più leale di lui.
Era più che evidente che stessero cercando di aiutarla a superare quel brutto momento, per cui arrabbiarsi sarebbe stato da ingrati.
Percy inclinò la testa, osservandola di sottecchi <<Non abbiamo iniziato nel migliore dei modi, io e te.>> considerò.
Piper si riscosse dalle sue riflessioni profonde e impiegò qualche secondo a elaborare quella frase. <<Cosa intendi?>>
<<Beh, so che all'inizio mi odiavi.>>
Grilli.
<<Cosa... chi...?>> breve silenzio di riflessione <<Annabeth, quella piccola chiacchierona!>> borbottò, battendo il pugno chiuso sulla superfice del tavolo.
D'ora in avanti avrebbe riflettuto attentamente sulle informazioni che avrebbe passato alla sua migliore amica.
<<Non penso che tu voglia sapere perché ti odiavo, mi farebbe passare come la persona orribile che — cito testualmente — hai detto che non sono. Ma comunque è acqua passata, Percy... scusa per il gioco di parole.>>
Il Figlio di Poseidone scrollò le spalle, per nulla impressionato dalla pessima battuta. <<Dimmelo, forse così potrò anche darti ragione. Sai, sono tanto affascinante quanto detestabile. Chiedilo ad Annabeth.>>
Piper alzò gli occhi al cielo, cercando invano di mascherare il proprio nervosismo. Aveva paura che, rivelando i suoi pensieri, potesse compromettere quel poco di amicizia che condividevano.
Ma, ripensandoci, era esattamente quello che aveva rovinato il suo rapporto con Jason: la mancata onestà.
E poi già che ne stavano parlando...
Decise di fare un tentativo. Tanto, peggio di così, non poteva andare.
<<Ti odiavo perché l'avevi abbandonata. Annabeth, intendo, ma questo già lo sai.>> disse, abbassando di colpo il tono della voce, e dovette schiarirsi la voce per farsi sentire. <<Anche dopo aver ascoltato i racconti che parlavano della tua profonda lealtà verso i tuoi amici, la tua forza e tutto il resto... ti odiavo. Tanto. Non mi importava che fossi l'eroe che aveva appena salvato il mondo dai Titani.>> abbassò di colpo lo sguardo sul tavolo, per evitare di vedere la sua reazione.
<<Lei stava soffrendo e per me la colpa era solo tua. Non mi importava di Gea o di Era, ormai ti avevo inquadrato male e Annabeth lo sapeva, ma non ha mai cercato di costringermi a cambiare idea. Voleva che lo facessi di mia spontanea.>>
Solo dopo averlo pronunciato ad alta voce, si rese conto di quanto fossero cattive quelle parole.
Lei si definiva "diversa" da Drew ma quei pensieri sembravano proprio quelli della sorellastra che detestava.
Quando alzò lo sguardo vide che Percy si era fatto serio. Sulla sua espressione non c'era rabbia o scherno ma... consapevolezza?
Non poteva davvero credere a quelle cose... vero? <<Ho cambiato idea quando ti ho visto quella prima volta a Nuova Roma.>> si affrettò ad aggiungere, con una certa urgenza nella voce. <<Quando ti sei lanciato verso Annabeth, ignorando il Codice Del Buon Pretore... sempre che esista un manuale per pretori. E' stato quello il momento in cui ho capito di aver avuto torto sul tuo conto. E, beh, il resto lo sappiamo. È storia vecchia, ormai. Non penso più quelle cose.>>
Percy annuì, piano, perso in qualcosa di profondo.
Lo vedeva dalla sua mascella contratta e gli occhi iniettati di verde.
<<Tu... tu lo sai che andarmene non è stata una mia scelta, vero?>> mormorò, piano <<Se avessi potuto restare, lo avrei fatto. Non ho mai voluto andarmene. Non è mai stata mia intenzione farla soffrire.>>
Piper si schiarì la gola, cercando di ignorare quel senso di oppressione molto simile al senso di colpa che le si piazzò nelle viscere. Forse non avrebbe mai dovuto tirare fuori quell'argomento.
Gli diede un colpetto sul braccio, tentando di sdrammatizzare un po'.
<<Lo so, idiota, certo che lo so. Non avrei mai dovuto pensare quelle cose su di te. Ora che ti conosco so che erano cattive.>>
Non voleva che pensasse di essere stato cattivo.
Aveva capito, ormai, che Percy era profondamente leale alle persone che amava ma bastava poco per... beh, per farlo precipitare giù.
Piper gli schioccò le dita davanti alla faccia, per farlo rinsavire. <<Percy. Basta. Tu non sei così. Niente di quello che hai passato è stata una tua scelta. Non parliamone più.>>
<<Va bene. Hai ragione, non parliamone più.>> Quel carico emotivo era troppo perfino per una come lei...
<<Posso aggiungere solo un'ultima cosa, prima di chiudere definitivamente il discorso?>>
E ti pareva.
Piper sospirò.
<<Hai trenta secondi e poi passiamo a cose più allegre, altrimenti finirò per piangere.>>
Lui parlò, con una serietà mai vista prima.
<<Volevo ringraziarti, Piper. Per esserti presa cura di Annabeth quando io non potevo. Appena vi ho viste ho capito, dal modo in cui le stavi vicina, che eravate unite. Le ultime due persone che sono state così con lei erano Luke e Talia. Le cose, per loro tre, non sono andate nel migliore dei modi e da allora ha sempre avuto solo me e Grover. Ma con te è diverso. So che ci tieni davvero a lei.>>
Piper trattenne a stento le lacrime.
Strizzò un pò troppo la mano di Percy e tirò su con il naso. Ricordare quei sei mesi indietro non era piacevole, ma di una cosa era grata al disastro combinato da Era: aveva trovato una casa, una famiglia.
Molto simile a quello che le aveva detto Annabeth, una volta. Erano sedute sul prato, lei stava rispondendo a una delle domande di Piper sulla sua vita prima di venire al Campo, e nel frattempo stava giocherellando con il ciondolo a forma di corallo infilato in mezzo alle perline della collana del Campo, un ricordo di...
Piper aprì di scatto gli occhi.
Una fitta allo stomaco la fece piegare in due.
Un.
Ricordo.
Piper si alzò in piedi velocemente, le gambe di metallo stridettero e lo schienale della sedia andò a sbattere per terra.
Percy sobbalzò. <<Cosa...? Piper, che succede?>>
Un ricordo.
Doveva trovarla.
In camera sua non c'era per cui doveva trovarsi per forza da qualche altra parte. Si precipitò in soggiorno.
Sentì Percy alzarsi e seguirla, imprecando nel frattempo.
<<Piper, va tutto bene? Qualcosa non va?>> aveva portato la mano alla penna a sfera. Piper non gli prestò ascolto e si inginocchiò accanto a uno degli scatoloni nel salotto, aprendolo e cercando  freneticamente al suo interno. Aveva la mente annebbiata.
<<Piper?>>
Scosse la testa. <<Devo trovarla.>>
<<Trovare cosa?>>
Piper scosse la testa un'altra volta, passando a un altro scatolone. <<Una cosa... l'ultima cosa che mi ha dato Jason prima che... prima che se ne andasse.>> Sentì un tic metallico e Percy mettere via la penna a sfera.
Sospirò. <<Piper...>>
<<No, Percy, non capisci. E' una cosa importante, devo trovarla!>>
Scatolone numero 2 vuoto. Passò al terzo.
<<Quando è venuto a vivere qui, io e Jason siamo stati sorpresi da un'arpia. Non sapevamo come avesse fatto ad arrivare così vicina.
L'abbiamo uccisa e si è polverizzata. Nello scontro le era caduta una piuma e Jason... Jason l'ha data a me. Me l'ha messa nel palmo e... ha detto che... che il blu mi donava.>> il quarto e il quinto furono deludenti. Non poteva averla persa sul serio.
<<E' l'ultima cosa che mi è rimasta di lui. Tutti pensano che sia una pessima Figlia di Afrodite dal cuore di pietra.>> le scappò un singhiozzò. <<Ma un cuore ce l'ho anche io e un pezzetto se n'è andato con la partenza di Jason. Lasciarlo è stata la cosa più dolorosa che io abbia mai dovuto fare, ma l'ho fatto per il suo bene e il mio. Io lo amavo, lo amavo davvero...>>
<<Piper>>
<<...E adesso ho perso l'ultima cosa che avevo di lui e... e...>>
<<Piper!>>
Sollevò lo sguardo. <<Cosa?!>>
Percy se ne stava immobile nel mezzo del disastro del suo salotto.
Aveva qualcosa in mano, e non era la sua penna a sfera. <<E' questa la piuma che stai cercando?>> le domandò, addolcendo il tono di voce.
Piper smise di respirare.
Si alzò in trance e prese l'oggetto che le stava porgendo, tenendo delicatamente nelle mani a coppa.
Il sollievo spazzò via istantaneamente il panico. Trattenne a stento un altro singhiozzo.
Percy le rivolse un sorriso triste. <<Era sotto l'uscio della porta. Deve esserti caduta in mezzo a tutto questo caos.>>
Piper tenne lo sguardo basso sulle proprie mani, incapace di realizzare quello che era appena successo. Aveva creduto di averla persa invece... invece era sempre stata lì.
Aveva sempre tenuto la piuma blu d'arpia nella treccia.
Le ricordava Jason, il suo sorriso, il suo modo da fare da Romano, le parole che aveva rivolto soltanto a lei.
Tutte quelle cose... non c'erano più.
Jason se n'era andato. E non lo avrebbe riavuto indietro mai più.
In meno di un secondo, Piper scoppiò a piangere. Pianse per quello che sarebbero potuti essere insieme; pianse per Leo, perché dalla sua morte non aveva versato neanche una lacrima; pianse perché loro tre non avevano avuto il finale che meritavano. Dopo un primo secondo di esitazione, Percy allargò le braccia e si fece avanti. <<Vieni qui.>> Abbracciare Percy non era come abbracciare Jason, ovvero una montagna di acciaio inossidabile.
In un certo senso le fece strano perché, abbracciare Percy Jackson, era come... come abbracciare Annabeth. Avevano lo stesso fare rassicurante, la stessa stretta delicata. Erano così simili che per un attimo si chiese se non stesse davvero abbracciando la sua amica.
<<Andrà tutto bene, Piper.>> disse Percy <<Vedrai che si sistemerà tutto.>>
<<Non volevo farlo soffrire.>>
<<Lo so. Hai fatto la cosa giusta.>>
<<Ma ho rovinato tutto, tutto quello che avevamo... se n'è andato.>>
Scosse la testa. <<Non lo hai perso, Pip. Certo, niente sarà più come prima tra voi, ma ci sarà sempre per te. E poi vi vedrete ogni estate, al Campo. Jason non è tipo da tenere il broncio, sa essere più ragionevole di così. Ha sangue Romano, dopotutto. Adesso ha il cuore spezzato ma si rimetterà. Anche te ti rimetterai.>> si districò dall'abbraccio e le porse un fazzoletto, preso da una taschina interna del giacchetto. <<Tranquilla, non è usato.>>
<<Grazie.>> Piper lo prese senza troppe cerimonie e si soffiò il naso, che starnazzò come una trombetta. <<Come fai ad avere l'odore di Annabeth addosso?>> piagnucolò, lamentosa.
Lui ridacchiò. <<Ho usato il suo shampoo al limone. Non è esattamente la mia fragranza, però è la sua.>> Piper sospirò teatralmente e tornò a soffiarsi il naso. <<Potresti smetterla di rinfacciarmi quanto sia stupenda e perfetta la tua storia d'amore?>>
<<Scusa. La forza dell'abitudine.>>

Passata la bufera di emozioni, lei e Percy videochiamarono Annabeth con un Messaggio Iride, per farle sapere che il ragazzo era arrivato sano e salvo a destinazione.
La Figlia di Atena usò una decina di espressioni diverse per scusarsi con Piper di non essere venuta lei stessa e di aver, invece, mandato un sicario al posto suo.
"Annabeth, davvero, non c'è nessun problema. Anzi, il tuo ragazzo sa essere molto utile quando vuole"
"È esattamente quello che ho pensato io durante la nostra prima missione insieme"
"Ehy, guardate che io sono qui!"
Percy passò la notte nella villa dei McLean e ripartì il mattino seguente con il primo aereo disponibile per New York.
<<Sei sicura che starai bene, qui da sola? Annabeth non mi perdonerebbe mai se ti lasciassi ferita e sconsolata in una mega villa decrepita.>>
Piper rise. Ottimo aggettivo per descrivere quella casa. <<Si, starò bene. Però mi ha fatto piacere vederti, davvero. E grazie per... sai, quella scenata di ieri.>>
<<Non ringraziarmi, è a questo che servono gli amici.>> le rispose. <<Per qualsiasi cosa non esitare a chiedere.>>
<<Tanto ci vedremo quest'estate al Campo>>
<<Certo. E se tutto va come previsto, dovrei essere anche in grado di convincere Frank ed Hazel a raggiungerci per qualche giorno. Sai come sono fatti, questi Romani.>>
La prospettiva di essere di nuovo tutti insieme le procurò un sorriso. Leo sarebbe stato fiero di lei.
<<Sicuro che non vuoi che ti presti il mio jet privato? Faresti molto più in fretta.>>
Percy sollevò una mano per aria. <<No, va bene così. Almeno Zeus avrà un pretesto per non far precipitare un'aereo pieno di mortali innocenti.>> Piper alzò gli occhi al cielo. <<Porta i miei saluti ad Annabeth, Jackson.>>
<<Sarà fatto, McLean. Abbi cura di te. Alla prossima.>>

Piper rientrò in casa, salì al piano di sopra e si sistemò davanti allo specchio mentre si faceva una treccia di lato e infilava la penna d'arpia blu tra i capelli.
A risultato terminato restò a osservarla per un pò. Niente sarà più come prima tra voi, ma ci sarà sempre per te. Adesso ha il cuore spezzato ma si rimetterà. Anche te ti rimetterai.
Per qualche strana ragione, Piper aveva voglia di crederci.

𝐄𝐫𝐨𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥'𝐎𝐥𝐢𝐦𝐩𝐨 ᵒⁿᵉ ˢʰᵒᵗDove le storie prendono vita. Scoprilo ora