Mr. Young

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La zampa di gallina oscillava pigra. Il tizio basso e magro come una scopa l'aveva legata intorno alla paletta della chitarra. Ogni volta che suonava un accordo, la zampa si muoveva come se volesse scappar via. Eppure il tizio non se la cavava male, anzi. Avresti detto che lo faceva da tutta la vita. E un po' era vero. La prima volta che aveva preso in mano una sei corde era stata... cazzo, una vita fa. Un'eternità fa. Le tempeste di sabbia non avevano ancora seppellito il mondo e gli asesinos non esistevano. Non esisteva manco quella fottuta chiesa nel deserto. Che poi chiamarla chiesa era tanto per dire. Un mausoleo, ecco cos'era. Dentro ci potevi trovare pezzi di quelli con cui il tizio basso aveva condiviso il palco. C'era lo scalpo di Steven Tyler con tutta la chioma di capelli neri, le dita mozzate di Keith Richards (con ancora tutti gli anelli) e pure il cilindro di Slash. Sulla fibbia che girava intorno a quel dannato cappello c'erano appese le palle del rocker, come un cazzo di portachiavi.

Il tizio magro cercò di non pensarci e riprese a suonare. Tentava di ricordare quella canzone che aveva scritto insieme a suo fratello, buonanima, ma la memoria gli faceva cilecca da un po' di tempo a quella parte. Gli anni passavano per tutti, a quanto pareva, anche per le immortali rockstar.

Suonò un accordo di La maggiore sul secondo capotasto, poi uno di Sol e uno di Re. Ci infilò a un certo punto anche un Mi, ma non riusciva a trovare la giusta progressione. Come cazzo faceva quella canzone? Assurdo. Eppure l'aveva suonata per anni. Quattro accordi di merda, gli stessi che infilava in ogni dannata canzone.

Forse è quello il problema, si disse.

Magari cantandola...

Suonò un La e mormorò con una voce sottile e roca: «I'm on the hiiiighway to hell...» Su 'hell' cambiò accordo, infilandoci un bel Re maggiore. Gli pareva giusta. Al diavolo. Alla fine non era importante. Nessuno se le cacava più quelle canzoni. Da quando i Quattro Despoti avevano messo al bando il rock, il mondo aveva perso la memoria ed era andato tutto a puttane.

Ancora più a puttane, precisò mentre continuava a cercare la corretta progressione di accordi.

A un certo punto smise, stanco e scazzato. Lanciò un'occhiata al tetto, che poi era il pavimento della bicocca dove stava rintanato. Una luce sanguigna filtrava dalle fessure tra le assi. Il tramonto era imminente. Ancora un po' e sarebbe potuto uscire a sgranchirsi le gambette ossute. Avrebbe sentito i passi di Roy che veniva a dirgli di uscire («Via libera, Mr. Young») e magari sarebbero andati a farsi una bevutina in qualche vicolo buio. Era tutto il giorno che beveva, ma c'era ancora spazio nel suo stomaco per una dose supplementare di veleno. E comunque, bere con Roy era uno spasso. Tra quelli che aveva conosciuto era l'unico che gli mostrasse un pizzico di rispetto. Lo chiamava 'signore' e ascoltava in adorazione gli aneddoti da vecchio rocker bollito che gli propinava: le pollastre che si era fatto, i concerti davanti a migliaia di tizi in delirio, le robe che la band combinava quando era in tour...

Il tizio magro pigliò la bottiglia di torcibudella che aveva messo accanto alla cassa di legno sulla quale sedeva. Pigliò il turacciolo tra i denti, lo tirò via e lo sputò in là. Bevve a canna l'ultimo sorso. Gli scese caldo nello stomaco. E con quella aveva finito la seconda bottiglia nel giro di un paio di giorni. Senza contare le birre che s'era scolato con Roy. Se non si dava una calmata, finiva che ci moriva in quella specie di cantina.

Sempre meglio che finire appeso per le palle nella chiesa degli orrori, si disse.

Ma poteva dirsi vita, quella? Un tempo erano venerati come semidei. Lui, Brian, Malcolm (buonanima), Cliff e via dicendo. Migliaia di mani al cielo e migliaia di voci in coro che cantavano le loro canzoni. L'unica cosa che gli restava di quel periodo d'oro era la sua vecchia acustica (che neanche suonava più tanto bene) e un mucchio di ricordi sbiaditi.

Acciaio, pallottole & demoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora