La strada per l'inferno...

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La porta della baracca si aprì con un cigolio. Una luce aranciata e ballerina accarezzò il legno scheggiato degli stipiti e strisciò sino all'uscio come per dare il benvenuto ai due ospiti inattesi. Un'ombra nera si stiracchiò sul tappeto di luce aranciata. Rimase ferma, come in ascolto. Claude diede di gomito al fratello.

«La vedo», sussurrò Francis.

«Non è che ci lancia un malocchio o ci trasforma in ratti pure a noi?»

«Falla finita», sibilò Francis.

Claude chiuse il becco. Sospettava che dietro l'irritazione del fratello si nascondesse la sua stessa paura. E come biasimarlo? Al villaggio si faceva un gran parlare dei poteri della strega e del ratto con la striscia bianca di peluria sulla schiena. Quel topo era grosso come un micio e s'era stabilito a casa del vecchio Murphy dopo che la strega era passata dal villaggio. Il fatto che Murphy avesse un mazzetto di peli bianchi sulla schiena, che ricordava quella del ratto, era un elemento che avvalorava le chiacchiere da comari.

Claude pensò al ratto che s'accoccolava sulla veranda malandata del vecchio Murphy e ti spiava con i suoi occhietti neri. Pensò agli hen che sputavano nella polvere con astio e facevano gli scongiuri verso il ratto. Pensò ai ragazzini che gli tiravano pietre e al ratto che, per tutta risposta, si sollevava sulle zampe posteriori e si agitava sul posto come faceva il vecchio Murphy quando era incazzato. Pensò a tutte queste cose e un brivido violento gli rizzò i peli su braccia e schiena.

«Forse è meglio se ce ne andiamo», mormorò Claude.

«No», disse Francis.

Claude ingoiò per spingere giù il groppo amaro che gli si stava formando in gola.

«Almeno...»

Non gli riuscì di finire: la porta si aprì ancora un po' verso l'interno della baracca, l'ombra si mosse e una figura bassa e ingobbita apparve sulla soglia. Francis pensò che non era solo vecchia: era decrepita. Le rughe del volto erano profonde come i solchi che l'aratro di Callahan si lasciava dietro e gli occhi brillavano di una luce malata. Francis non aveva mai visto occhi così famelici e carichi di scherno. La strega cenciosa si poggiò al suo bastone nodoso. Le testoline scheletriche legate poco sotto l'impugnatura arrotondata si presero a testate.

«Sia lode al vecchio caprone», gracchiò la strega.

Claude e Francis non risposero. Gli occhi della strega sorrisero. Francis si voltò verso il fratello. Claude aveva la faccia tesa. Sembrava lì lì per pisciarsi addosso. Francis lo vide leccarsi le labbra e dire: «Siamo...»

«... in cerca di un favore», disse la strega e Claude sobbalzò nel sentirle uscire di bocca quel che aveva pensato. «Viene tanta gente, ma pochi se ne vanno sulle proprie gambe. Qualcuno va via strisciando, qualcun altro squittendo e i più fortunati miagolando.»

«Cazzo...» mormorò Francis.

«Voi come volete andar via?»

«Sulle nostre gambe», disse Claude.

La voce non era proprio ferma. La paura faceva capolino per poi ritrarsi come la testa di una talpa curiosa.

«Una volta ho trasformato un tizio in una capra, ma gli ho lasciato la faccia da bacucco», disse la strega. «Era come il frutto di un incesto. Come se il vecchio caprone si fosse scopato una figlia del Buon Padre.»

Sghignazzò come lo trovasse spassoso. Le sue rughe si fecero ancor più marcate e il volto parve in procinto di spaccarsi. Poi si ricompose e la sensazione di vederla sgretolarsi passò.

Avrà come minimo cento inverni, pensò Francis.

«Adulatore», disse la strega. «In verità ne ho quasi il doppio. Sono più vecchia di qualsiasi hen dell'Entro-Terra, e forse anche più di quelli che stanno alla massicciata.»

Acciaio, pallottole & demoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora