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♪♯♪ Capitolo 17 ♪♯♪

Da quando ho visto il cellulare, sembra che Solo abbia iniziato a capire lentamente che la chiamata di un attimo fa non è quello che pensava. Non so per quanto tempo siamo stati seduti insieme così. Né io né Solo abbiamo detto niente, ci siamo solo guardati in silenzio, aspettando che uno dei due dicesse qualcosa.

"Hai fame?" Alla fine sono io quello che rompe il silenzio e il disagio per primo.

"Guitar..." Solo mi guarda negli occhi con una supplica, con quegli occhi che tendono ad essere indifferenti con chiunque non sia io.

"La persona che ha chiamato...", inizio a dire mentre il suo sguardo diventa ostile quasi subito. "Ha detto che se ancora pensi al tuo amico, non devi disubbidire agli ordini di Khun Thaan di nuovo. Cosa sa che non dovrebbe al fine di smettere...?"

Trattengo la sua mano che sembra stia per abbattersi sul tavolo. Sapevo che avrebbe reagito così.

"Ha detto che Khun Thaan verrà a trovarti lui stesso se non accetti di andare tu."

"Jay..." Solo digrigna i denti e mi stringe la mano fino a farmi male.

"So...", gli sorrido e cambio la mano che stringe la sua. "Hai detto che se sarai pronto mi racconterai la tua storia... E io rispetto la tua decisione."

Se lui non vuole che io sappia, allora io farò finta di non sapere e anche se sono curioso non farò domande.

"Ma devi sapere una cosa... Se non vuoi finire in un vicolo cieco, dobbiamo parlarne. Dobbiamo risolvere i problemi insieme. Se vuoi che io viva qui, mi devi parlare. Possiamo aiutarci." Accarezzo la mano chiusa in un pugno stretto fino a che non si rilassa. Solo mi fissa e io ricambio lo sguardo... E in quegli occhi capisco.

Capisco tutto quello che non dice.... Capisco che ha le sue ragioni.

"Se sei felice anche soltanto così in questo punto in cui noi siamo, possiamo rimanere così. Anch'io sono felice per oggi... Ma il giorno in cui incontreremo dei problemi improvvisi, non so cosa faremo. Lo sai vero che tutto diventerà una strada senza uscita da cui non potremo uscire a meno che non ci lasceremo la mano." Non dico altro e gli sorrido mentre lui abbassa gli occhi.

Deve prendere una decisione...

Solo non è altro che un bambino di diciotto o diciannove anni, ma pur sempre un bambino. E se paragonato ad una persona che si prende cura di sé da quando può ricordare come me, è solo un bambino cresciuto... Nonostante ciò non posso fare altro che aiutarlo a pensare, ma non posso prendere le decisioni per lui.

Non so quanto gravi siano i problemi che deve sopportare. Non so come aiutarlo per alleviare i suoi problemi, perché lui non me ne parla.

Ma se lui lo facesse... Se lo facesse io sarei quello che gli sta vicino per risolverli.

"Non so come dovrei fare...", dice piano. Abbassa la testa e io non riesco più a vedere i suoi occhi.

"Parlamene."

"Ho paura che mi lascerai... Ho provato a fare come se non fosse successo niente, ad affrontare i problemi da solo". La mano che tiene la mia stringe la presa come se avesse paura che possa scappare.

"..."

"Ho detto che se ancora non usciamo insieme, e tu vuoi andartene, io accetterò di lasciarti andare. Ma in realtà ho paura... Ho paura che tu te ne vada."

"So..."

"Ci sono due motivi per i quali non voglio uscire con te." Solo alza la testa. I suoi occhi brillano di una luce che fa star male anche me. "Io voglio darti una scelta... So che questo succederà, so co com'è mio padre. Il giorno in cui si metterà, tu rimarrai ferito. Non vogliotrattenerti se tu te ne vuoi andare, ma se ci frequentiamo... Anche se in quel momento mi gridassi contro, io non potrei lasciarti andare."

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