1. Tutte le strade portano a Londra

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"Oh, ma che schifo", borbottò Harry, schivando una pozzanghera con le ruote delle valigie, "sembra il lago George", si lamentò tra sé

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"Oh, ma che schifo", borbottò Harry, schivando una pozzanghera con le ruote delle valigie, "sembra il lago George", si lamentò tra sé. Storse il naso, puntando gli occhi sui nuvoloni grigi che decoravano il cielo di Londra, ricordandosi con un sospiro uno dei motivi per cui fosse stato facile scappare da quel posto tanti anni prima.

Gli mancava il sole. Non che a New York facesse sempre caldo, anzi, però laggiù persino il grigio non era così scuro e portatore di neri presagi. Ormai aveva preso la sua decisione ed era salito sul primo volo disponibile prima di poter cambiare idea.

Aveva sensazioni contrastanti a riguardo al viaggio. Era titubante. Era guardingo. Ed era anche un pochino emozionato, quello se lo voleva concedere.

Dopotutto, in Inghilterra ci era cresciuto e aveva passato gran parte della sua vita. Tutti i suoi parenti vivevano ancora lì, i suoi amici, i compagni di scuola o della facoltà di medicina. Le prime esperienze degne di nota avevano avuto quella nazione come sfondo e, sebbene fosse tornato in zona negli ultimi anni, non era mai rimasto a lungo.

Si prese il tempo per guardarsi intorno dopo aver pagato il tassista. In lui sbocciò un sentimento di nostalgia nel guardare i muri del Saint Barths Hospital, bagnati dalla lieve pioggia e resi più scuri. Lì aveva usato il primo bisturi e aveva scelto la specializzazione che era diventata la sua vita.

Avrebbe potuto farsi scaricare in hotel per farsi una doccia e lasciare le valigie, prima però aveva ceduto e deciso di fare una piccola deviazione. Sua madre gli aveva offerto di ospitarlo per la durata della sua visita, ma lui vedeva quella occasione come un modo per coccolarsi e non pensare a nulla, come se fosse stato in vacanza.

Un hotel con colazione inclusa, ristorante, jacuzzi in camera, spa e palestra invece dei commenti sagaci di sua madre? Sì, grazie, subito.

I colleghi lo prendevano spesso in giro per le sue decisioni a loro dire esagerate, cosa che lui negava con forza, per cui era grato non potessero vedere le due valigie da 20kg ciascuna che stava trascinando. Era sicuro di aver scordato qualcosa nel suo loft a Manhattan, sperava niente di troppo importante.

Si incastrò nella porta girevole d'entrata dopo neanche due passi fatti in avanti. Le ruote della valigia rossa si bloccarono tra i due vetri, lasciandolo a girare in tondo come un cretino finché non riuscì infine a liberarle con uno strattone. Una volta entrato, tutti gli occhi erano quindi già puntati su di lui, alcuni spalancati, altri divertiti.

Cercò di stemperare la tensione con una risatina. Sapeva di avere un viso conosciuto, ma c'erano altre cose che attiravano la sua attenzione al momento. Prima di tutto, l'ospedale era stato rimodernato e i muri diventati vetrate risplendevano in modo quasi fastidioso, come riflettori sul red carpet.

Secondo, gli sembrava di stare in un posto totalmente diverso da quello che ricordava. Una parte di lui ci rimase male. Erano gli stessi corridoi che aveva percorso con i suoi compagni, le stesse sedie in sala d'attesa, lo stesso bancone principale degli infermieri, eppure era diverso. Estraneo.

The Broken Hearts Club || [larry stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora