𝘤𝘢𝘱𝘪𝘵𝘰𝘭𝘰 𝘴𝘦𝘪

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Non so perché, ma quel nickname mi parve così tanto familiare che ad un certo punto provai un senso di nostalgia assurda. Diciamo che giocavo un po' tutti i giorni, stando attaccato allo schermo; dovrei passare più tempo alle ricerche...

E se giocare mi creasse dipendenza e mi scordassi di Catherina? E se mamma notasse che io non sto concludendo un bel niente a stare qui e mi rispedisse indietro, a casa? E se qualcuno si intrufolasse dentro casa e io non sentirei nulla per potermi salvare?
E se... o mamma! Che paranoie!
Guardai un'ultima volta lo schermo digitale, confuso e pieno di ansie. Dovevo assolutamente staccare la spina, letteralmente. Tolsi le cuffie e le lanciai nel letto. Mi sentii quasi esasperato, perché avevo accumulato tutta la rabbia e la frustrazione per via di quel gioco. Quel player stravinceva sempre e io ne ero diventato quasi dipendente.

《Mi sento stanco, basta. Vorrei finirla qui!》Urlai, istericamente. Non avevo nessuno che mi facesse compagnia: come potevo trascorrere anche serenamente questo soggiorno?
《Forse dovrei frequentare qualche tipo di attività per fare amicizia... 》 Mi guardai intorno triste. Da bambino facevo arti marziali, uno sport che mi piaceva così tanto perché era basato sul rispetto reciproco dell'avversario e poi, essendo così tanto vivace, mia madre diceva che io avevo bisogno di un modo con cui sfogarmi. Avevo fatto pure nuoto da piccolino, ma poi la mia passione si spostò al ballo. Adoravo e adoro tuttora ballare: penso sia ancora più liberatorio di qualsiasi altro sport o arte. Il fatto di poter esprimere le mie emozioni tramite corpo e musica mi fa tremare e provare tutte le sensazioni che riesco a percepire negli attimi in cui le mie gambe e braccia si muovono in autonomia, come ad istinto.
Ma se mai dovessi riprendere il ballo, dovrei riprendere pure ad allenare il mio corpo.

Qualche giorno fa intravidi nel negozio di videogiochi un volantino sulla vetrina, che faceva pubblicità a vari enti: c'era il volantino del negozio di animali di Chris- il ragazzo che mi aiutò quando stavo praticamente svenendo sul marciapiede- il ristorante dalla quale ordino sempre la cena, un locale e il volantino di una palestra a mezz'ora di camminata.

《Ma chi se lo ricorda più il nome di quella palestra?》 Gesticolai e presi il telefono. Le palestre erano tante e tutte erano ben raccomandate. Posso provare ad andarci anche solo per chiedere informazioni, alla fine.

Mi feci una doccia veloce per sollevarmi da tutta quella tensione che si era andata a creare. Il problema di questo viaggio non era la meta, ma il passaggio fino alla meta. Sapevo che avrei dovuto fare tutto da solo, ma non credevo che avrei fatto veramente tutto solo. Tra essere da solo, e solo c'è una sottilissima differenza: il primo è momentaneo, nel senso che puoi eseguire da solo un certo compito oppure in compagnia, il secondo è uno stato d'animo che si va a creare quando dubiti anche del tuo stesso ruolo all'interno nei gruppi. Essere soli non è una scelta, ma uno stato; ci si finisce per caso, parte delle volte, e poi si hanno difficoltà a prendere quella che potrebbe essere una vita. Non credo di essere mai stato solo per scelta, nella mia vita. Mai. E il solo pensiero che, oltre aver subito, abbia fatto subire lo stesso concetto alla mia Catherina...

Mi fa stare male.
Molto, ma molto male.

E probabilmente lei sarà andata avanti da questa faccenda da bambini, sarà in giro per il mondo con il suo ragazzo, sarà a studiare, sarà a divertirsi o a lavorare. E io invece sono qui, a mordermi le mani perché ero troppo piccolo per capire cosa provassi veramente.

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Quando raggiunsi la palestra, avevo il telefono in mano per seguire il GPS fino a destinazione e sembravo un povero bambino che cercava aiuto nel chiedere informazioni. Le porte dell'edificio erano grandi e trasparenti come acqua pura. Riuscivo a vedere all'interno un bancone per info e donne e uomini che camminavano avanti e indietro con dei borsoni e scarpe in mano. Con fatica riuscii a spingere le porte in vetro ed entrai. L'aria all'interno odorava di sapone e asciugamani. Sì, associo un'odore anche agli asciugami e per fortuna è un odore anche abbastanza gradevole. Mi girai verso il bancone e notai una donna che stava parlando al telefono fisso. Mi avvicinai e aspettai che chiudesse la chiamata con un "grazie, arrivederci", per poi rivolgermi un caldo sorriso:

𝑸𝒖𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒔𝒕𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍 𝒕𝒖𝒐 𝒗𝒊𝒔𝒐;; 𝐋𝐄𝐄 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora