𝘤𝘢𝘱𝘪𝘵𝘰𝘭𝘰 𝘴𝘦𝘥𝘪𝘤𝘪

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Sono le 06:20 P.M.
La aspetto da un po'... all'incirca un'oretta. È che sono in preda all'ansia, nell'attesa di rivederla. Dovrebbe uscire dal cafè tra dieci minuti; ho già fatto intendere che l'ansia è a mille?

Ho cercato di vestirmi anche bene per l'occasione. Diamine, vorrei davvero fare colpo su di lei!

So che potrei sembrare un bad boy, però quando ho mandato una foto a Yurica, lei ha approvato tantissimo e mi ha anche detto che Catherina gradirà il mio outfit

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So che potrei sembrare un bad boy, però quando ho mandato una foto a Yurica, lei ha approvato tantissimo e mi ha anche detto che Catherina gradirà il mio outfit. Speriamo sia davvero così, allora.

Mi sistemai i capelli blu che continuavano a cadere sul mio volto, coprendomi la vista. Appoggiai la schiena al muretto e sollevai leggermente la testa, sospirando.
E se a lei non piacesse la mia presenza? Teoricamente potrebbe anche denunciarmi per stalker, se volesse che io mi togliessi dalle scatole. Pensando a ciò mi ritornarono in mente le parole di uno dei ragazzi, a casa di Chris.

《Ow, guardatelo. Dopotutto quello che le hai fatto dici che non volevi recare tutto questo disturbo? Ma a che gioco stai giocando?》

Quel ragazzo mi aveva lasciato basito, scioccato e spaventanto. Mi aveva parlato con quel tono di disprezzo che avrebbe potuto avvelenarmi soltanto respirando la sua stessa aria. E poi quando l'ha abbracciata e tenuta tra le sue braccia, quando... ARGH!
Senza volerlo, mi ritrovai a stringere i denti e la mascella. L'idea che quei due fossero più che amici non solo mi sfiorò la mente, ma si propagò in tutto il mio sistema nervoso fino a sfogarsi con un tic all'occhio.
E se lei non abbia gradito il mio ritorno proprio perché ha trovato qualcun altro? Io desidero la sua felicità, certamente; ma se la sua felicità dipendesse da qualcuno? Oddio...

A questo non ci avevo pensato.

Cominciai a diventare tutto rosso e dal nervoso presi a mordermi le unghia.

Maledizione. Io non voglio che qualcuno prenda il posto che è destinato a me. Ok sono egoista, chiedo scusa, ma veramente: non voglio ci sia un ragazzo che la sfiori.

Cazzo, che rabbia solo a pensarci. Quel tipetto sembrava così furbo; sembrava aver capito ciò che io provo per lei. HHHHH, COME VORREI AVERLO PRESO A PUGNI SOLO PER IL MODO IN CUI MI SI È RIVOLTO DAL PRIMO MOMENTO NEL SUO NEGOZIETTO DI MERDA.

D'un tratto la sveglia che avevo impostato sul cellulare suonò: 06:30 P.M.. Ci siamo!
Controllai sul telefono il mio volto dalla fotocamera. Le mie guance erano diventate ancora più rosse. Mi feci aria con la mano cercando di "raffreddarmi". Sarebbe passata di lì a momenti.
Mi guardavo intorno, come si fa quando vuoi che non ti sfugga il dettaglio importante di un quadro prestigioso. Potevo sembrare veramente un maniaco, ma alla fine un pezzo della mia dignità era già andato perso. Cosa mi importava se non vederla e provare a parlarci.

Quando però dopo alcuni minuti non vidi passare alcuna figura che potesse assomigliarle, sbuffai e mi spostai dal muretto. Girai l'angolo ma sbattei contro una persona.

《Ahi!》Mi tenni la fronte. 《Mi scusi.》 Mi affrettai a dire, mentre alzavo lo sguardo.
Davanti a me si ergeva la figura che stavo proprio cercando. Era rossa in viso, con i capelli attaccati in uno chignon e una maglia blu con larghe maniche corte che le accendeva i suoi occhi color caramello. Mi stava guardando, mi stava guardando! Quei pantaloni neri le stringevano i fianchi così bene. Per tutte le sante ragioni...

Sono bastati pochi secondi a catturare la sua immagine, perché poi scomparve dalla mia visuale.

Cosa?

Mi girai e mi accorsi che la ragazza stava scappando. Così la perderò!

《A-Aspetta!》 Cominciai a rincorrerla.

Non pensavo che lei fosse così veloce. Fortuna che quando eravamo piccoli vincevo sempre io alle gare di acchiapparella.
Riuscii a prenderla per un braccio, ma pur di fermarla dovetti tirarla. Lei urlò, ma io cercai di portarla dietro una via per poterle parlare con calma. Però di questo passo potrei passare per malintenzionato... Imprecai in australiano e le misi una mano davanti le labbra.

《Catherina, smettila. Lo sai che non voglio farti del male.》 Cercai di dirle con calma. Ma non credo che lei abbia ben capito, difatti mi morse il palmo.

《AH!》Tolsi la mano. Il segno dei suoi denti era ben inciso sul palmo della mia mano. Lei mi spinse, ma avendo più forza la presi dalle spalle e la bloccai.

《Catherina, ferma per Dio! Tu lo sai che non ti farei mai del male!》

《Io con te non voglio parlarci. Non ti conosco!》 Si dimenò tra le mie braccia. Il mio cuore stava riprendendo a frantumarsi, quando scossi la testa.

La mia presa sulle sue spalle si indebolì, e cominciai ad accarezzargliene una.

《Vorrei parlare con te... 》

Il suo sguardo, che fino ad allora era stato basso, si alzò e puntò gli occhi dritti nei miei. Sto per perdere l'obiettivo di oggi. Sto realizzando solo ora che ho Catherina davanti a me. Ma sentivo comunque quanto fosse fredda.

《Non ti conosco, ho detto.》

Sospirai, cercando di trattenere le lacrime.

《Sono Felix. Sono... sono il tuo compagno giochi. Sono quello che piangeva quando eri fuori a fare shopping con mamma e non potevi stare con me. Sono quello che quando ti ammalavi veniva a casa tua per fare finta di preparti il brodo, che in realtà era quello di tua mamma, ma ci tenevo comunque a dire che era dello Chef Felix, solo per portartelo in cameretta. La cameretta tua non era rosa come quella delle altre bambine, ma andava sui colori del blu perché preferivi l'inverno alla primavera. Sono quello che voleva sempre i bacini e tu quella che li rifiutava appositamente, perché dovevi essere tu a darmeli senza alcuna richiesta. Tu sei quella bambina congelata nel tempo e nella memoria della mia mente. Tu sei-》

《Stai sbagliando.》 Mi interruppe. Ma come...-

《Il tempo verbale corretto da usare è "ero" ed "eri". Dico, non sei più un bambino, mi sembra. E nemmeno io, ormai.》

Questa risposta mi immobilizzò. Riconobbi quelli che erano i suoi atteggiamenti di sfida da bambina. Ma ha ragione... non siamo più bambini. Mi lasciò a bocca aperta.

《Bene, adesso che hai parlato, io ora andrei.》 Mi superò atona, dandomi una spallata.

Il mio cervello connesse i neuroni che erano rimasti in black-out in quegli istanti. Non so come, ma realizzai che fosse il momento di smuoversi. Non potevo lasciare che sfuggisse, non ora che l'avevo davvero qui.

《Non così facilmente.》 La ripresi dal braccio e la bloccai al muro. La guardai seriamente. Sono stanco di aspettare.

𝑸𝒖𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒔𝒕𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒔𝒖𝒍 𝒕𝒖𝒐 𝒗𝒊𝒔𝒐;; 𝐋𝐄𝐄 𝐅𝐄𝐋𝐈𝐗Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora